Privilegio generale e credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato

Antonio Albanese, Privilegio generale e credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato, in Famiglia, Persone e Successioni, 2009, p. 719.

Privilegio generale e credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato

Antonio Albanese

a) L’art. 2751 c.c. prevede che hanno privilegio generale sui mobili i crediti di alimenti a favore dei soggetti di cui all’art. 433 c.c.

Con la configurazione di tale privilegio, la cui operatività è limitata agli ultimi tre mesi, la legge tutela soggetti bisognosi, in quanto privi di adeguati mezzi patrimoniali, in ossequio alla solidarietà sociale che generalmente ispira chi eroga queste spese.

b) Il codice civile si limita a menzionare, a proposito del privilegio generale sui beni mobili del debitore, i crediti per alimenti

Il silenzio normativo in ordine al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato pone il problema se il privilegio possa essere esteso anche a tale ipotesi, e apre una dibattuta questione, che ha sullo sfondo le diverse concezioni esistenti, sull’omogeneità, o meno, del credito alimentare e del credito da mantenimento.

>> SOMMARIO

>> 1. Il caso

>> 2. Il privilegio generale sui beni mobili

>> 3. I crediti di alimenti

>> 4. Soluzione

1. Il caso

Tizio, divorziato da Caia, le corrisponde un assegno periodico a titolo di mantenimento. A seguito di improvvisa difficoltà finanziaria, Tizio fallisce, senza essere riuscito a soddisfare né i crediti vantati dall’ex coniuge, né altri crediti contratti con terzi.

Innanzi alle pretese dei suddetti creditori, si pone il problema di capire se il credito dell’ex coniuge sia privilegiato rispetto agli altri crediti rimasti insoddisfatti e se Caia, di conseguenza, abbia diritto a reclamare l’ammissione al passivo del fallimento di Tizio, con privilegio.

Tuttavia, mentre non si dubita che sia munito di privilegio il credito alimentare a favore delle persone beneficiarie per legge degli alimenti, è, invece, discusso se importi prelazione anche l’assegno di mantenimento da corrispondere al coniuge divorziato o separato ed ai figli, a proposito del quale non si rinviene, nell’ordinamento, una base testuale in tal senso. 

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2. Il privilegio generale sui beni mobili

L’art. 2751 c.c. (1), rubricato “Crediti per spese funebri, d’infermità, alimenti”, sancisce che hanno privilegio generale sui mobili, nell’ordine che segue, i crediti riguardanti: 1) le spese funebri necessarie secondo gli usi; 2) le spese d’infermità fatte negli ultimi sei mesi della vita del debitore; 3) le somministrazioni di vitto, vesti e alloggio, nei limiti della stretta necessità, fatte al debitore per lui e per la sua famiglia negli ultimi sei mesi; 4) i crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle persone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge.

Le ipotesi elencate ai nn. 1 e 2 della norma, relative a crediti nati da elargizioni fatte generalmente per causa di pietà o di umanità, sono state tra le prime a persuadere il legislatore ad introdurre nel nostro ordinamento l’istituto del privilegio generale, attualmente disciplinato in un autonomo paragrafo all’interno della sezione (la seconda) dedicata ai privilegi sui beni mobili (2). Affinché abbia luogo la prelazione, il credito deve necessariamente essere sorto per causa funeraria o d’infermità: va escluso, ad esempio, che sia privilegiato ai sensi di questa norma il credito sorto in base ad un contratto di mutuo.

Le spese per le onoranze funebri sono da comprendere tra i pesi ereditari, cioè tra quegli oneri che sorgono in conseguenza dell’apertura della successione e che, pur dovendo essere distinti dai debiti ereditari (ossia dai debiti esistenti in capo al de cuius), gravano sugli eredi per effetto dell’acquisto dell’eredità, concorrendo a costituire il passivo ereditario, che è quindi composto sia dai debiti del defunto sia dai debiti dell’eredità (3). Pertanto il creditore, privilegiato ai sensi della norma in commento, ha diritto di ottenere dagli eredi il rimborso delle spese che ha anticipato, sempre che non si tratti di spese eccessive sostenute contro la volontà espressa dai medesimi (4).

Le spese cui la legge fa riferimento sono circoscritte a quelle necessarie, avendo riguardo agli usi ed alla posizione sociale che rivestiva il defunto. Nelle due ipotesi considerate il privilegio sorge solo dopo la morte del debitore, e si ritiene che, anche se per effetto dell’apertura della sua successione vi sia stata confusione dei beni del defunto-debitore con quelli dell’erede, la prelazione operi solo sui beni del primo. Si è inoltre affermato, argomentando ex art. 499, comma 2°, c.c., che i creditori privilegiati debbano essere preferiti anche ai legatari.

Le ipotesi di cui ai nn. 3 e 4 sono poste a tutela dei soggetti bisognosi in quanto privi di adeguati mezzi patrimoniali; il privilegio si giustifica in ossequio alla solidarietà sociale che generalmente ispira chi eroga queste spese. Si tratta delle somministrazioni di vitto, vesti e alloggio, ma solo nei limiti della stretta necessità del debitore e della sua famiglia (nella quale vanno inclusi tutti i soggetti che convivono col debitore), e dei crediti di alimenti dovuti ex lege in base all’art. 433 c.c. Diversa è, però, l’operatività del privilegio, che nel primo caso inerisce agli ultimi sei mesi mentre nel secondo è limitata agli ultimi tre mesi.

3. I crediti di alimenti

L’attuale versione del n. 4 della norma, introdotta dalla l. 29 luglio 1975, n. 426, ha posto il problema dell’estensibilità, del privilegio generale sui beni mobili del debitore, al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato.

La norma in commento, infatti, si limita a menzionare i crediti per alimenti.

Nel ’91, una corte di merito (5) aveva ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2751, 2770 e 2776 c.c., nella parte in cui non prevedono che l’assegno di mantenimento da corrispondere al coniuge divorziato o separato ed ai figli sia munito di privilegio.

La Corte costituzionale (6), però, statuì che non era nei suoi poteri stabilire un privilegio ulteriore oltre quello già previsto per i crediti alimentari, per gli assegni di mantenimento del coniuge separato o divorziato e dei figli. Dichiarò quindi inammissibile la questione di legittimità costituzionale; eppure, implicitamente ammettendo la necessarietà di una tale estensione, auspicò «un intervento del legislatore in materia».

Ripropostasi la questione alla sua attenzione in tempi più recenti (7), la Corte Costituzionale (8) ha affrontato il tema in maniera affatto diversa. Se nel ’91 la decisione era stata di inammissibilità, nel 2000 è stata di rigetto: «È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la q.l.c. degli art. 2751, n. 4, e 2778, n. 17, c.c., nella parte in cui non riconoscerebbero il privilegio generale sui beni mobili del debitore anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato, in riferimento all’art. 3 Cost.».

Ciò che conta, tuttavia, è la motivazione del provvedimento, ove la Corte ha rilevato come il privilegio di cui all’art. 2571 c.c., sebbene sia testualmente riferito ai crediti di alimenti, debba ritenersi estensibile sul piano interpretativo anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato.

Infatti, nel ragionamento della Corte, uno speciale rilievo va riconosciuto alla causa del credito, che rappresenta la ratio giustificativa e, al tempo stesso, il criterio di interpretazione del privilegio, valendo a determinarne l’ambito oggettivo e soggettivo; così, se si prescinde da considerazioni puramente nominalistiche per guardare al profilo funzionale, «risulta chiaro come il credito di alimenti di cui all’art. 2751 n. 4 c.c. sia diretto a soddisfare, in conformità al significato comune dell’espressione, le necessità di vita dell’alimentando, anche se in misura quantitativamente diversa, a seconda delle circostanze e dei soggetti che vengano di volta in volta in considerazione, e che è indubbio che la funzione sopra specificata è propria, nella sua ampiezza, anche del credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato».

Ha pertanto concluso che «le disposizioni impugnate debbono essere interpretate, conformemente all’art. 3 Cost. (ottemperando al fondamentale canone ermeneutico, che, nel concorso tra più possibili interpretazioni, impone di preferire quella conforme a Costituzione), nel senso dell’estensione del privilegio anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato».

La norma codicistica, dunque, non contrasterebbe con la Costituzione, perché errata sarebbe la stessa premessa, da cui era partito il tribunale remittente, secondo la quale l’art. 2751 n. 4 non comprenderebbe i crediti di mantenimento del coniuge separato o divorziato: l’inclusione di tali crediti nell’ambito operativo della disposizione, come anticipato, è ricavabile sul piano interpretativo.

Rispetto alla pronuncia riportata da ultima, le reazioni della dottrina sono state diverse, in dipendenza delle convinzioni di base sull’omogeneità o meno del credito alimentare e del credito da mantenimento.

Alcuni commentatori (9) hanno espresso perplessità, mettendo in luce le differenze intercorrenti tra i due crediti.

Gli alimenti richiedono l’esistenza di uno stato di bisogno e la contestuale incapacità di provvedere al mantenimento, e non possono superare quanto necessario per la vita dell’alimentando avuto riguardo alla sua posizione sociale; l’assegno di separazione e quello di divorzio, invece, prescindono dallo stato di bisogno del richiedente e richiedono solo, rispettivamente, la mancanza di «adeguati redditi propri» e la mancanza di «mezzi adeguati», oltre che, in entrambi i casi, l’impossibilità di procurarsi i mezzi per ragioni oggettive.

Sicché, per riconoscere al coniuge separato o divorziato l’assegno di mantenimento, non occorre che sussista uno stato di indigenza, essendo sufficiente che emerga uno stato di squilibrio patrimoniale tra i coniugi. La conclusione è quindi che «quando l’art. 2751 n. 4 c.c. attribuisce il privilegio generale sui mobili ai crediti per alimenti (relativamente alle ultime tre mensilità) intenda riferirsi solo ai crediti alimentari in senso stretto, senza possibilità di ricomprendervi, in via estensiva, crediti ontologicamente e funzionalmente diversi quali quelli di separazione o di divorzio» (10).

Per contro, altri (11) hanno salutato con favore le argomentazioni della Corte, riconoscendovi l’adozione, da parte sua, della tesi (12) che ravvisa la medesima natura dei crediti di mantenimento e dei crediti di alimenti, essendo solo quantitativa e non qualitativa la differenza tra di essi: «la certezza delle situazioni soggettive esclude che si possa scorporare dal più ampio credito di mantenimento la quota alimentare e attribuire solo a questa il privilegio, mentre urterebbe contro il principio di solidarietà sottostante all’obbligo alimentare escludere totalmente il privilegio per il credito di mantenimento coinvolgendo nell’esclusione anche la quota alimentare» (13).

Sennonché, gli oppositori di questa tesi obiettano che se la richiesta di alimenti rappresenta un minus ed è necessariamente compresa in quella di mantenimento, allora non è concepibile estendere il privilegio specifico che la legge attribuisce ad una species al più ampio genus che quel minus dovrebbe contenere (14).

4. Soluzione

Nonostante la coerenza delle critiche appena riportate, in attesa di un ripensamento delle Corti, o di una modifica legislativa, il caso va risolto, in coerenza con l’ultimo orientamento giurisprudenziale (15), affermando la natura alimentare del credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato, e disponendo, pertanto, l’ammissione di Caia al passivo del fallimento di Tizio, con privilegio ai sensi dell’art. 2751 n. 4 c.c.

1 Come sostituito ex art. 1, l. 29.7.1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30-4-1969 n. 153 in materia di privilegi).

2 In tema: S. Ciccarello, voce Privilegio: Diritto privato, in Enc. del dir., XXXV, Milano, 1986, 723; Del Vecchio, I privilegi nella legislazione civile, Milano, 1994; Miglietta e Prandi, I privilegi, Torino, 1995; Salvati, Privilegio generale sui mobili, in Studium Iuris, 2000, p. 844; Parente, Il sistema dei privilegi del credito, Milano, 2001, 44; D. Di Sabato, I privilegi, Napoli, 2008, 109 ss.

3 Ai pesi ereditari si applica, così come per i debiti ereditari, l’art. 752 c.c., in base al quale i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto. Si applica, inoltre, l’art. 754 c.c: gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria, e il coerede che ha pagato oltre la parte a lui incombente può ripetere dagli altri coeredi soltanto la parte per cui essi devono contribuire a norma dell’articolo 752.

Quanto ai rapporti tra le due norme, nei rapporti interni fra coeredi vale l’art. 752, mentre i rapporti con i creditori, invece, sono regolati dall’art. 754. Delle due norme, è la seconda ad attuare il principio nomina et debita hereditaria ipso iure dividuntur, sebbene questo sia, erroneamente, talvolta richiamato anche con riguardo alla prima. In concreto, però, la giurisprudenza non ha dubbi quando si tratta di dare attuazione all’art. 752, che «non disciplina affatto la responsabilità degli eredi per debiti del de cuius nei confronti dei terzi, ma stabilisce che i debiti ereditari si ripartiscono tra gli eredi secondo le quote a ciascuno assegnate: si tratta, quindi, di norma che può essere applicata solo quando si tratta di regolare i rapporti interni tra gli eredi. Per disciplinare i rapporti esterni con i creditori del de cuius si deve fare ricorso, invece, alla disposizione contenuta nel successivo art. 754 cod. civ., il quale stabilisce che gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria» (Così, in motivazione, Cass., 5.8.1997, n. 7216). Erra, quindi, il creditore del de cuius che richiama l’art. 752 anziché l’art. 754 (Cass., 30.6.2005, n. 13953, in Nuova giur. civ. comm., 2006, 638, con nota di Pasquili).

4 Cass., 3.1.2002, n. 28, in Giur. it., 2002, 1843, con nota di Monticelli.

5 Trib. Roma, 3.7.1991, in Dir. fam. pers., 1991, 903.

6 Corte Cost., 4.3.1992, n. 84, in Giust. civ., 1992, I, 2013.

7 Questa volta sollevata da un’ordinanza di Trib. Ferrara, 23.6.1998.

8 Corte Cost., 21.1.2000, n. 17, in Giur. it., 2000, 677, con nota di Barbiera, Una definitiva conferma del carattere alimentare e privilegiato dei crediti da assegno di separazione o di divorzio; in Fam. e dir., 2000, 537, con nota di Figone, La Corte costituzionale si pronuncia sui crediti alimentari e di mantenimento; in Fallimento, 2001, 154, con nota di Figone, Crediti alimentari e crediti di mantenimento: interviene la Corte Costituzionale.

9 Figone, Crediti alimentari e crediti di mantenimento: interviene la Corte Costituzionale, cit., 155.

10 Figone, La Corte costituzionale si pronuncia sui crediti alimentari e di mantenimento, cit., 539.

11 Barbiera, Una definitiva conferma del carattere alimentare e privilegiato dei crediti da assegno di separazione o di divorzio, cit., 677.

12 Che vede tra i suoi fautori lo stesso Barbiera, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, Bologna, 1993, 14 ss.

13 Barbiera, Una definitiva conferma del carattere alimentare e privilegiato dei crediti da assegno di separazione o di divorzio, cit., 677.

14 Figone, La Corte costituzionale si pronuncia sui crediti alimentari e di mantenimento, cit., 540). Sul carattere alimentare dell’assegno di divorzio v., a favore, Argiroffi, Gli alimenti, i profili oggettivi del rapporto, Torino, 1993, 30 ss.; contro, Provera, voce Alimenti, in NNDI, sez. civ., I, Torino, 1993, 263.

15 In linea con la pronuncia della Corte Costituzionale cit., si è pronunciato il Tribunale di Roma: Trib. Roma, 10.7.2001, in Diritto e pratica delle società, 2002, 88.