La modifica dell’art 645, 2° comma, c.p.c.: i termini dell’opposizione a decreto ingiuntivo non si dimezzano più

Alberto Tedoldi, La modifica dell’art 645, 2° comma, c.p.c.: i termini dell’opposizione a decreto ingiuntivo non si dimezzano più, in Riv. Dir. Proc., 2012, 2, 375

La modifica dell’art 645, 2° comma, c.p.c.: i termini dell’opposizione a decreto ingiuntivo non si dimezzano più

Sommario: 1. L’intervento legislativo contra Cassationem. – 2. Problemi di diritto transitorio. – 3. Interpretazione autentica per le opposizioni pendenti. – 4. Il nuovo enunciato dell’art. 645, 2° comma, c.p.c. – 5. Due ulteriori questioni da affrontare: la sanzione per tardiva iscrizione a ruolo dell’opposizione. – 6. (segue) L’errore sulla forma dell’opposizione in ragione del rito applicabile.

1. – Mentre l’Europa tecnocratica dell’economia sceglie il proprio destino, continuando attonita a subire gli effetti degli indici di borsa e dello spread sui titoli di Stato, con la perfida Albione che si ritrae pro domo sua dal consesso continentale, giunge notizia dell’approvazione definitiva di un minimale d.d.l., ad opera di un Parlamento concentrato a esaminar manovre economiche emesse una dietro l’altra, in brevissimo volger di tempo e a colpi di decreti legge, stante l’urgenza imposta dal mercato finanziario globale.

La leggina (29 dicembre 2011, n. 218, in G.U. 5 gennaio 2012, n. 4), presentata su iniziativa del Consiglio Nazionale Forense in reazione al noto revirement della Suprema Corte sulla dimidiazione del termine per la costituzione in giudizio dell’opponente a decreto ingiuntivo – da compiersi sempre entro cinque giorni, anziché negli ordinarii dieci ex art. 165 c.p.c., anche se all’opposto siano stati assegnati in citazione ben più dei novanta giorni a comparire prescritti dall’art. 163 bis c.p.c(1). – sopprime nel testo dell’art. 645, 2° comma, c.p.c. le parole “ma i termini di comparizione sono ridotti a metà”, lasciando sopravvivere la sola prima parte del comma, in base alla quale “in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”.

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L’art. 2 di codesta leggina introduce altresì una norma salvifica per le opposizioni pregresse, stabilendo che “nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del medesimo codice”.

2. – Conviene fare il punto della situazione, anzitutto sul piano del diritto intertemporale.

L’abrogazione dell’ultima frase dell’art. 645 c.p.c., in mancanza di una diversa disciplina transitoria, ha preso vigore decorsa la vacatio legis, cioè dal decimoquinto giorno successivo alla pubblicazione della leggina sulla G.U.(2): cioè dal 20 gennaio 2012, essendo apparsa sul n. 4 del 5 gennaio 2012 della Gazzetta.

Se dovessimo stare al consueto principio tempus regit actum, normalmente applicabile in materia processuale in difetto di diverse disposizioni transitorie, la norma modificata, id estl’art. 645, 2° comma, c.p.c., concerne specificamente l’opposizione a decreto ingiuntivo: perciò, dal giorno dell’entrata in vigore della leggina, tutte le citazioni in opposizione a decreto ingiuntivo dovranno osservare il termine minimo a comparire di novanta giorni di cui all’art. 163 bis c.p.c., anche se il decreto sia stato notificato prima dell’entrata in vigore e ancorché la pendenza della lite già si fosse, tecnicamente ed effettualmente, prodotta ex art. 643, ult. comma, c.p.c.(3).

Qualora ci si ispirasse, invece, al principio tempus regit processum(4), costantemente applicato dal conditor nelle riforme processuali degli ultimi vent’anni (epperò con disposizioni transitorie esplicite), il nuovo regime varrebbe per le opposizioni proposte avverso decreti ingiuntivi notificati dopo l’entrata in vigore della leggina (o fors’anche, seguendo l’anzidettoarrêt del 2007, quando il ricorso monitorio sia stato depositato dopo l’entrata in vigore, purché seguìto da tempestiva notifica al debitore con pedissequo decreto).

Sennonché pare qui preferibile, per ragioni di maggiore certezza, far riferimento al primo degli indicati principii, cioè a quello tradizionale del tempus regit actum, concludendo per l’applicazione del nuovo testo dell’art. 645 c.p.c. alle sole opposizioni notificate dopo l’entrata in vigore della leggina (cioè dal 20 gennaio 2012), con la consegna dell’atto all’ufficiale (giudiziario o postale) incaricato della notifica o con l’invio telematico (volta che s’applichino le nuove norme sulle notifiche telematiche, anche ad opera di avvocati abilitati ex lege n. 53/1994, come previsto dall’art. 25 l. 183/2011), giusta l’anticipazione degli effetti a favore del notificante, introdotta dalla Consulta e poi adottata generaliter (cfr. l’art. 149, ult. comma, c.p.c.), e sempre che la notificazione sia almeno astrattamente idonea a giungere a destino e risponda al modello legale, ponendosi poi, al più, un problema di nullità e di susseguente sanatoria della notifica con efficacia ex tunc, anziché una fattispecie di radicale e insanabile inesistenza(5).

3. – Se dunque la modifica abrogativa dell’ultima frase dell’art. 645 c.p.c. s’applica solo alle opposizioni notificate (recte, avviate a idonea notifica) dal 20 gennaio 2012 in poi, il secondo e ultimo articolo di cui questa si compone, dov’è dettata salvifica norma d’interpretazione autentica (più che transitoria, come la rubrica la definisce con evidenteunderstatement), vale per le opposizioni anteriormente proposte, che s’identificano con i “procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”, cioè con le opposizioni proposte fino al 20 gennaio 2012.

La norma imperativamente ermeneutica è protesa a smentire Cass., sez. un., 19246/2010, ripristinando il pregresso usus fori secondo il quale, con lettura consolidata da più di mezzo secolo, il termine di costituzione andava dimidiato sol quando l’opponente avesse, anche inconsapevolmente, assegnato un termine a comparire inferiore al minimo legale di cui all’art. 163 bis c.p.c., avvalendosi di quanto previsto nella (ormai ante vigente) ultima frase dell’art. 645, 2° comma, c.p.c., interpretata quale mera facoltà anziché cogente obbligo, come da ultimo avevano ritenuto le Sezioni Unite nel ricordato revirement(6).

Un ritorno al passato, insomma, con riguardo (ripetesi) alle sole opposizioni pendenti alla data di entrata in vigore della leggina, ché il novellato art. 645 c.p.c., come subito vedremo, va ben più in là.

4. – Quid d’ora innanzi per le opposizioni a decreto ingiuntivo avviate alla notifica dal 20 gennaio 2012 in poi?

Abolita l’ultima frase dell’art. 645 c.p.c., le citazioni in opposizione dovranno ora osservare sempre il termine minimo a comparire ex art. 163 bis c.p.c., ferma la possibilità di proporre istanza al presidente per autorizzarne la riduzione sino alla metà nelle cause che richiedano pronta spedizione, ai sensi del 2° comma del medesimo art. 163 bis (istanza che sarà assai rara nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, mancando spesso il tempo di formularla e, soprattutto, di attenderne l’esito prima che sia decorso il termine per opporsi al decreto).

Il termine di costituzione per l’opponente sarà sempre quello ordinario di dieci giorni ex art. 165 c.p.c., decorrente dal perfezionarsi della notifica della citazione in opposizione, salva l’ipotesi di esplicita autorizzazione presidenziale a dimidiare il termine a comparire ex art. 163 bis, 2° comma, c.p.c., onde il termine di costituzione sarà conseguentemente ridotto a cinque giorni (cfr. l’art. 165 c.p.c.).

Davanti al giudice di pace il termine minimo a comparire sarà dimezzato ex art. 318, comma 2°, c.p.c. e la costituzione dell’opponente potrà avvenire sino al giorno dell’udienza fissata in citazione, a norma dell’art. 319, 1° comma, c.p.c.

L’inosservanza del termine ordinario a comparire determinerà un vizio nella vocatio in ius della citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ma non potrà più influire sul termine di costituzione che, davanti al tribunale, resterà sempre di dieci giorni. La citazione in opposizione sarà, semmai, affetta da nullità, purtuttavia sanabile con efficacia retroattiva, dunque con piena salvezza degli effetti processuali e sostanziali, a norma dell’art. 164, 2° e 3° comma, c.p.c.

Pertanto:

— se l’opposto non si costituisce o non compare all’udienza, il giudice disporrà la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio (art. 164, 2° comma, c.p.c.), la cui inosservanza determinerà l’estinzione del processo di opposizione, rilevabile e pronunciabile anche d’ufficio;

— se l’opposto si costituisce o compare, la nullità resta sanata, salvo il diritto a dedurre l’inosservanza del termine e a ottenere un rinvio dell’udienza di prima comparizione e trattazione nel rispetto del termine minimo a comparire (art. 164, 3° comma, c.p.c.).

Va pur notato, peraltro, che spesso l’opposto avrà ansia di richiedere che il giudice pronunci alla prima udienza la provvisoria esecutorietà ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo che ne fosse originariamente sprovvisto e, dunque, sarà per lo più poco incline a eccepire la nullità della citazione in opposizione per difetto del termine a comparire.

In ogni caso, dicevamo, la sanatoria della citazione in opposizione affetta da un tal vizio della vocatio in ius, in qualunque dei due modi indicati avvenga, opera con efficacia ex tunc e preserva gli effetti processuali e sostanziali, impedendo il consolidarsi del decreto ingiuntivo opposto. Il termine di costituzione resta sempre lo stesso di dieci giorni, anche quando sia stato inconsapevolmente assegnato nell’opposizione un termine a comparire inferiore al minimo legale: sicché la vexata quaestio sulla dimidiazione del termine di costituzione non ha più ragion d’essere, quale che sia il termine a comparire assegnato in citazione, e le Sezioni Unite, nuovamente investite della questione(7), potranno sul punto dichiarare, a dir così, cessata la materia del contendere, anche per le opposizioni pendenti, in grazia dell’art. 2 della leggina e della norma d’interpretazione autentica in esso contenuta.

5. – Sollevate dall’onere decisorio a seguito di intervento diretto del conditor legum, potrebbero semmai le Sezioni Unite, se non in questa almeno in altra occasione, dirimere un paio di ulteriori questioni in materia di opposizione a decreto ingiuntivo: da un canto, quella dell’improcedibilità dell’opposizione per tardiva (e non semplicemente omessa) costituzione dell’opponente, che non par reggersi su alcun dato testuale, ancorché venga tralatiziamente affermata da costante giurisprudenza; dall’altro canto, il non meno fondamentale snodo dell’errore dell’opponente sulla forma dell’opposizione in ragione di un rito speciale, che può cagionare l’inammissibilità dell’opposizione, allorché l’atto prescritto in base al rito applicabile venga compiuto una volta decorso il termine ad opponendum(8).

Sul primo profilo, non possiamo che ripetere quel che scrivemmo nella nota alle Sezioni Unite poc’anzi ricordata(9): non vi sono elementi normativi per equiparare la costituzione tardiva a quella radicalmente omessa di cui parla l’art. 647 c.p.c. prevedendo l’improcedibilità dell’opposizione, dovendosi semmai far riferimento all’ordinario regime che s’applica ai casi di tardiva iscrizione della causa a ruolo, cioè la cancellazione di questa con successiva facoltà di riassumerla entro il termine di tre mesi, a mente degli artt. 171, 1° comma, e 307, 1° comma, c.p.c.

Invero, l’art. 647 c.p.c. si limita a disciplinare il modus procedendi per rendere esecutivo il decreto ingiuntivo, quando non risulti incardinato dinanzi all’ufficio alcun giudizio di opposizione, o perché mai promosso o perché mai iscritto a ruolo dall’opponente. Fa fede la lettera dell’art. 647 (“se non è fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l’opponente non si è costituito”), che affida al giudice del monitorio il compito di conferire esecutorietà al decreto ingiuntivo, salvo che non ravvisi eventuali problemi di notifica, proprio perché manca il giudice dell’opposizione. Del che si trae conferma dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte, che preclude il ricorso alla procedura semplificata di exequatur ex art. 647 allorché penda l’opposizione a decreto ingiuntivo, anche se inammissibile o improcedibile, riservando esclusivamente al giudice di questa ogni decisione sull’esecutorietà del decreto(10).

Se dunque s’intende l’art. 647 c.p.c. per quello che è e prevede secundum tenorem legis, cioè una procedura semplificata per conferire rapidamente efficacia esecutiva al decreto ingiuntivo in mancanza di un’opposizione proposta o iscritta a ruolo dall’opponente, appare forzato equiparare la costituzione tardiva dell’opponente alla costituzione completamente omessa, di cui sola discorre il testo della norma; una forzatura che contraddice il principio di stretta legalità delle sanzioni processuali, di qualunque genere esse siano.

Neppure potrebbe applicarsi all’opposizione a decreto ingiuntivo, per analogia, l’art. 348 c.p.c., che rende improcedibile l’appello allorché l’appellante non siasi costituito nei termini. Quale che sia la natura dell’opposizione a decreto ingiuntivo, su cui non è qui possibile soffermarsi(11), resta il fatto, ormai pacifico anche nella giurisprudenza, ch’essa dà luogo a un ordinario e autonomo giudizio di cognizione, esteso all’esame non solo delle condizioni di ammissibilità e di validità del procedimento strettamente monitorio, ma anche della fondatezza della domanda del creditore, in base a tutti gli elementi offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto, il cui atto difensivo ha la forma estrinseca della citazione, ma il contenuto della comparsa di risposta, dacché egli è convenuto in senso sostanziale e attore solo in senso formale(12). Permane, insomma, in questo istituto processuale l’idea originaria di una trasformazione del ricorso monitorio e del pedissequo decreto ingiuntivo in atto introduttivo di un processo a cognizione piena, quale effetto automatico dell’opposizione interposta dall’ingiunto, secondo una struttura bifasica che nasce, ab antiquo, dal processus executivus documentale, formatosi in epoca tardomedievale per venire incontro alle esigenze di rapidità dei commerci, in cui il praeceptum (o mandatum) de solvendo, sine o cum clausola iustificativa, avo lontano del procedimento monitorio, si risolveva in vim simplicis citationis a seguito di opposizione dell’intimato(13).

Perciò, non soltanto ogni equiparazione e ogni accostamento tra opposizione a decreto ingiuntivo e mezzi d’impugnazione ha da avvenire con estrema cautela, ma certamente va esclusa un’applicazione analogica di meccanismi processuali sanzionatori, ostandovi principio di precostituita legalità ex art. 111, 1° comma, Cost., quale garanzia per le parti di un due process of law e irrinunciabile freno all’arbitrio soggettivo.

Il che non significa aderire a interpretazioni o letture, pure avanzate in dottrina, che traggono dalla qualità di convenuto sostanziale del debitore ingiunto, ancorché fattosi attore opponente, conseguenze in relazione ai termini di costituzione in giudizio. Ci riferiamo alla tesi ricostruttiva secondo cui, rivestendo il creditore opposto la posizione sostanziale dell’attore che ha proposto la domanda di condanna mediante il procedimento speciale monitorio, non vi sarebbe motivo per accordargli un termine maggiore rispetto a quello di cui dispone nel processo ordinario, cioè venti giorni prima della udienza ex art. 183 c.p.c., pervenendo alla conclusione che il termine ultimo di costituzione per l’opponente sarebbe, appunto, quello di venti giorni prima della predetta udienza, in ragione della sua qualità di convenuto in senso sostanziale(14). È, infatti, agevole obiettare come tale ricostruzione faccia eccessiva leva sulle posizioni sostanziali delle parti, laddove i meccanismi procedurali prescritti dall’art. 645 c.p.c., sia pure in guise oltremodo sintetiche, sono costruiti attorno alla loro posizione formale, che vede l’opponente nella veste pur sempre di attore che dà impulso all’instaurazione del processo a cognizione piena(15).

Valorizzando il dato testuale dell’art. 645, u.c., c.p.c. (“in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”), è da ritenere semmai che la tardiva costituzione delle parti e, in particolare, dell’opponente provochi non l’improcedibilità dell’opposizione – come avviene invece, a norma dell’art. 647 c.p.c., per la costituzione completamente omessa(16) – bensì la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi degli artt. 171, comma 1°, e 307, comma 1°, c.p.c., con la possibilità di riassumerla entro tre mesi dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto opposto, cioè venti giorni prima dell’udienza di comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c.

Soluzione questa che si armonizza con il dettato degli artt. 645, u.c., e 647, comma 1°, c.p.c. e con le garanzie del giusto processo civile, sanzionando con l’exequatur e l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo solo la costituzione completamente omessa dall’opponente e applicando, invece, all’ipotesi di costituzione tardiva la medesima disciplina vigente per un processo ordinario di cognizione di primo grado, qual è il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel rispetto altresì della posizione formale delle parti, che è la sola a contare sotto il profilo dei meccanismi schiettamente procedurali di instaurazione della lite e sul piano, a dir così, del Prozessforderungspflicht, cioè del dovere di accurata condotta processuale.

Eventuali abusi o pratiche dilatorie dell’opponente, che iscriva tardivamente la causa a ruolo (cioè oltre il termine di dieci giorni dal perfezionarsi della notifica dell’atto di opposizione, a prescindere dalla dimidiazione o meno del termine a comparire assegnato in citazione) potranno essere combattute dal creditore opposto o provvedendo a costituirsi tempestivamente nel proprio termine (cioè venti giorni prima dell’udienza fissata per gli incombenti di cui all’art. 183 c.p.c.), sì da evitare in apicibus la cancellazione della causa dal ruolo, come risulta dall’art. 171, comma 2°, c.p.c., o riassumendo nel minor tempo la causa di opposizione a decreto ingiuntivo eventualmente cancellata dal ruolo per tardiva costituzione di ambedue le parti ex artt. 171, comma 1°, e 307, comma 1°, c.p.c. ovvero, infine, attendendo l’ormai breve termine di tre mesi di cui a tale ultima norma, congruamente ridotto dalla riforma del 2009 (da un anno che era), affinché l’opposizione si estingua e il decreto ingiuntivo divenga esecutivo e irrevocabile ai sensi dell’art. 653, comma 1°, c.p.c.

Perciò, l’equiparazione della costituzione tardiva alla costituzione mancata, laddove l’art. 647 c.p.c. fa riferimento soltanto a quest’ultima, non è affatto scontata né può discendere tout court dal carattere lato sensu impugnatorio dell’opposizione. Gli artt. 348, 369 e 399 c.p.c. contemplano espressamente la sanzione dell’improcedibilità dell’impugnazione (rispettivamente appello, ricorso per cassazione e revocazione) per tardiva costituzione dell’impugnante. Non così l’art. 647 c.p.c. che, prevedendo una procedura semplificata diexequatur, disciplina il solo caso della costituzione completamente omessa dall’opponente, non quello della costituzione tardiva, contemplando nella seconda delle due fattispecie astratte l’ipotesi in cui il giudizio di opposizione, pur promosso mediante notifica della citazione, non risulti incardinato presso l’ufficio giudiziario adito. Un trattamento dell’opposizione tardivamente iscritta deteriore rispetto ai consueti meccanismi applicabili alla tardiva iscrizione della causa a ruolo in prime cure (artt. 171, comma 1°, e 307, commi 1° e 2°, c.p.c.), appare incompatibile con i principi del “giusto processo regolato dalla legge” (art. 111, comma 1°, Cost.), poiché la sanzione dell’improcedibilità, a differenza delle suddette regole in materia d’impugnazioni, non è espressamente comminata dalle norme processuali e, in difetto di ciò, non può essere creata in via interpretativa. Vi è una riserva costituzionale di legge la quale impedisce all’interprete di proporre letture integrative o analogiche, dovendosi preservare il valore, di rilevanza costituzionale, di stretta disciplina legale delle forme e delle garanzie del processo, con speciale riguardo a preclusioni e decadenze poste a carico delle parti, che non possono veder pregiudicate, talora in modo irreversibile, le situazioni sostanziali per la cui tutela hanno agito.

La contrarietà al principio del giusto processo “regolato dalla legge” (art. 111, comma 1°, Cost.) si coglie nella creazione, per via giurisprudenziale e con ragionamento analogico, di una sanzione d’improcedibilità dell’opposizione che l’art. 647 c.p.c., comma 1° (seconda ipotesi), contempla soltanto per il caso di mancata costituzione dell’opponente, non per quello di costituzione tardiva. Questa sanzione d’improcedibilità dell’opposizione tardivamente iscritta a ruolo viola altresì il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost) e il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), perché grava l’opponente di un onere che appare inutilmente e irragionevolmente contrario alla struttura bifasica del rito monitorio, all’inversione della posizione processuale delle parti e alle regole normalmente applicabili a un processo ordinario di cognizione in prime cure, la cui tardiva iscrizione non provoca improcedibilità alcuna, bensì la cancellazione dal ruolo e la successiva estinzione soltanto in caso di mancata riassunzione nel termine di tre mesi, a norma degli artt. 171, comma 1°, e 307, comma 1°, c.p.c.

Queste ragioni, fatte valere in passato innanzi alla Corte costituzionale, ma con rapido e sbrigativo tratto dichiarate inammissibili perché prospettate in un rapporto di “alternatività irrisolta”(17), ci pare che sollecitino nuove rimessioni alla Consulta o, in mancanza di queste, disapplicazioni della soluzione qui criticata per contrasto con le norme europee, di cui anche l’art. 6 della CEDU, in grazia del Trattato di Lisbona, forma parte integrante e prevalente rispetto al diritto interno(18). E il venir meno della dimidiazione dei termini nell’opposizione a decreto ingiuntivo, accanto alla norma d’interpretazione autentica per le opposizioni pendenti, in accoglimento delle istanze avanzate all’unisono dalla dottrina e dal ceto forense, ci pare che sia un passo nella giusta direzione.

6. – Sul secondo profilo, un decisivo argomento a favore dell’irrilevanza dell’errore sulla forma dell’atto di opposizione alla stregua del rito applicabile (già doverosamente da escludersi in base al testo del 1° comma dell’art. 645 c.p.c., che parla tout court di “atto di citazione” e solo per il seguito dell’opposizione, ai sensi del 2° comma dello stesso art. 645, vuole applicate le “norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”), ci pare venga dall’ultimo comma, prima frase, dell’art. 4 d.lgs. n.150/2011 sulla semplificazione e riduzione dei riti, dove si prevede la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, quand’anche sia stato inizialmente adottato un rito erroneo poi convertito, con ciò mostrando la volontà di neutralizzare, quando possibile, gli effetti degli errores in procedendo allorché risultino innocui, in ossequio a un fondamentale principio di strumentalità e di funzionalità del processo rispetto alle situazioni sostanziali da tutelare(19) e conformemente alla ratio insita, ad es., nell’art. 360 bis, n. 2, c.p.c. sul filtro in Cassazione in materia di nullità processuali.

L’opponente, quale che sia la forma seguita per l’atto di opposizione, ha manifestato la volontà di opporsi al provvedimento monitorio, chiedendo che si svolga un processo nel contraddittorio e risolvendo il decreto in vim simplicis citationis: non par, dunque, d’uopo che una mera svista sulla forma dell’atto introduttivo produca conseguenze esiziali sull’ammissibilità dell’opposizione, determinando l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo opposto. Anche se l’atto di opposizione non consiste nella proposizione di una domanda giudiziale, poiché a seguito dell’inversione delle parti ha forma di citazione ma contenuto di comparsa di risposta rispetto alla domanda monitoriamente azionata, esso produce comunque l’effetto, processuale e sostanziale, di impedire la formazione del giudicato o, quanto meno, della preclusione pro iudicato derivante dall’irrevocabilità del decreto ingiuntivo per mancata o tardiva opposizione. Ben è possibile, dunque, applicare il principio che ora l’art. 4, u.c. (prima frase), d.lgs. 150/2011 sancisce expressis verbis, sia pur riferendosi agli effetti processuali e sostanziali della domanda: un errore sulla forma dell’atto di opposizione per inosservanza del rito rettamente applicabile impedirà comunque il prodursi del giudicato (o della praeclusio pro iudicato) del decreto irrite opposto. Una conclusione questa che non ci pare contraddetta dalla seconda frase dell’art. 4, u.c., d.lgs. cit., che lascia intatte decadenze e preclusioni maturate prima della conversione del rito, poiché questa norma si riferisce alle sole barriere endoprocessuali (id est, per proporre domande, eccezioni, istanze di chiamata di terzo, deduzioni istruttorie e produzioni documentali), non a quelle che determinano la definitività di un provvedimento giudiziale suscettibile di opposizione o d’impugnazione.

Ad analoghe conclusioni le Sezioni Unite sono giunte per le impugnative di delibere condominiali, esigendo bensì la citazione quale normale forma dell’atto impugnatorio, ma contentandosi anche del ricorso ai fini dell’osservanza del termine di decadenza di cui all’art. 1137, 3° comma, c.c.(20); e ad un superamento delle draconiane conseguenze del preteso errore sulla forma dell’atto di opposizione, a onta di quel che testualmente prevede l’art. 645, 1° comma, c.p.c. e in base al rito applicabile ratione materiae, inducono non solo l’intero testo dell’art. 4 d.lgs. 150/2011, inteso a ridurre se non a neutralizzare del tutto gli effetti dell’errore sul rito, ma anche le recenti riflessioni che autorevole dottrina ha dedicato al problema, quando ancora l’art. 4 d.lgs. cit. non aveva visto la luce(21).


(1) v. Cass., sez. un., 9 settembre 2010, n. 19246, in Riv. dir. proc. 2011, 210, con nota di Ruggeri, Passata la tempesta: note (parzialmente) critiche in ordine al recente intervento delle sezioni unite sull’art. 645 cpv. del codice di rito, in Foro it. 2010, I, 3014, con nota critica di Barone, Caponi, Costantino, Dalfino, Proto Pisani, Scarselli, Le sezioni unite e i termini di costituzione dell’opponente nei giudizi in opposizione a decreto ingiuntivo, in Corriere Giur. 2010, 1447, con nota critica di Tedoldi, Un discutibile obiter dictum delle sezioni unite: nell’opposizione a decreto ingiuntivo il termine di costituzione è sempre dimidiato, a pena d’improcedibilità, in Corriere merito 2010, 1190 (m), con nota di Travaglino, in Foro it.2011, I, 117 (m), con nota di Proto Pisani, Un nuovo principio generale del processo, in Nuova giur. civ. 2011, I, 253, con nota di Comoglio, La “puntualizzazione” delle sezioni unite sui termini di costituzione nell’opposizione a decreto ingiuntivo: nomofilachia o nomoprotagonismo?, in Giusto processo 2010, 1151 (m), con nota di Trisorio Liuzzi, Le sezioni unite e la dimidiazione del termine di costituzione nell’opposizione a decreto ingiuntivo e di Briguglio, L’overruling delle sezioni unite sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo ed il suo (ovvio e speriamo universalmente condiviso) antidoto, in Giur. it. 2011, 1599, con nota di Dalmotto.Tuttavia, presso la stessa Suprema Corte era in atto uno spontaneo ripensamento, ché la questione era stata nuovamente rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza di Cass. 22 marzo 2011, n. 6514, in Foro it. 2011, I, 1039, e si poteva ragionevolmente attendere un nuovo revirement a centottanta gradi.

(2) Non basta ancor per le leggi la diffusione sul web o tramite CED della Cassazione, come si ritiene sufficiente per l’overruling giurisprudenziale “normativo”, fatti salvi gli atti già compiuti in base a incolpevole affidamento: v., sul tema, l’assai dotto e definitivo arrêt di Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144, in Corriere giur. 2011, 10, 1392, con nota di Cavalla, Consolo e De Cristofaro, Le S.U. aprono (ma non troppo) all’errore scusabile: funzione dichiarativa della giurisprudenza, tutela dell’affidamento, tipi di overruling.

(3) Su cui v., peraltro, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20596, in Foro it. 2008, I, 2613, in Giust. civ. 2007, I, 2686, in Giur. it. 2008, 1187, in Corriere giur. 2008, 1121, con nota di Stropparo, Pendenza del procedimento monitorio: la soluzione “retrospettiva” delle sezioni unite configura davvero un passo avanti?, e in Riv. dir. proc. 2008, 1759, con nota di Piccininni, Pendenza del procedimento di ingiunzione, effetti della domanda e criterio della prevenzione che, con specifico riguardo al criterio di prevenzione e al precipuo fine di reprimere callide tattiche ostruzionistiche del debitore ingiunto, che adisca altri fori sol per lucrare sulla continenza di causa proposta all’unico scopo di prevenire un’imminente ingiunzione monitoria, fa retroagire la pendenza della lite, a seguito di notifica tempestiva del decreto ingiuntivo, al momento del deposito del ricorso.

(4) Su cui v. Caponi, Tempus regit processum – Un appunto sull’efficacia delle norme processuali nel tempo, in Riv. dir. proc. 2006, 449 ss.

(5) Sulla distinzione in materia notificatoria v., tra moltissime, Cass. 9 agosto 2007, n. 17587.

(6) Per maggiori informazioni sia consentito rinviare a Tedoldi, op.cit., 1456 ss.

(7) Con ordinanza di Cass. 8514/2011, come si ricordava in nota 1.

(8) Così, esemplificando, avviene in materia di lavoro o di locazione e comodato d’immobili urbani e affitto d’aziende, quando l’opposizione venga erroneamente proposta con citazione, notificata bensì nel rispetto del termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo, ma depositata solo dopo lo scadere di questo, con la costituzione in giudizio dell’opponente e l’iscrizione a ruolo della causa: cfr., tra molte, Cass. 2 aprile 2009, n. 8014.

(9) V., si vis, Tedoldi, op. cit., 1461 ss. dove più ampia disamina e riferimenti sul tema.

(10) V. Cass. 6 giugno 2006, n. 13252, secondo cui, “allorquando venga proposta l’opposizione a decreto ingiuntivo intempestivamente e sia seguita da costituzione tempestiva oppure venga proposta tempestivamente, ma sia seguita da una costituzione tardiva dell’opponente, non sussiste la possibilità della formulazione da parte del creditore della richiesta ai sensi dell’art. 647 c.p.c., che si deve intendere limitata o alla mancanza di opposizione o alla mancanza di costituzione dopo l’opposizione; nelle suddette ipotesi, l’efficacia del decreto è la stessa dei casi di mancanza dell’opposizione o di mancata costituzione, ma, essendosi comunque incardinato il processo in contraddittorio, la definizione del giudizio deve avvenire con la sentenza (ferma la possibilità della concessione della provvisoria esecutività al decreto ai sensi dell’art. 648 c.p.c.), in quanto l’opposizione dev’essere dichiarata rispettivamente inammissibile o improcedibile d’ufficio nel presupposto che sul decreto ingiuntivo si è formato un giudicato interno, configurandosi il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo come ulteriore sviluppo della fase monitoria”. Cfr. anche Cass. 23 ottobre 2008, n. 25621, in Giur. it. 2009, 1723, che tra l’altro, in caso di tardiva costituzione dell’opponente nella prima opposizione, ammette una seconda opposizione purché proposta entro il termine di decadenza decorrente dalla notifica del decreto ingiuntivo. In dottrina v. Garbagnati, Il procedimento di ingiunzione, Milano 1991, 175 nonché Consolo (a cura di), Codice di procedura civile commentato cit., sub art. 647 e, si vis, Tedoldi, Merlo, L’opposizione a decreto ingiuntivo, in Caponi (a cura di), Il procedimento d’ingiunzione, Bologna 2009, 539 ss.

(11) Cfr. ampiamente Garbagnati, op.cit., 127 ss.; Ronco, Struttura e disciplina del rito monitorio, Torino 2000, 340 ss., che parla di “impugnazione di primo grado”; Id., Procedimento per decreto ingiuntivo, in Chiarloni, Consolo (a cura di), I procedimenti sommari e speciali, I, I procedimenti sommari, Torino 2005, 311 ss.

(12) Cfr. Cass., sez. un., 7 luglio 1993 n. 7748, in questa Rivista 1993, 11, 1330, con nota di De Luca nonché, tra molte, Cass. 10 marzo 2009, n. 5754.

(13) V. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli 1935 (rist. 1960), 209 s.; Id., Principii di diritto processuale civile, Napoli 1923 (rist. 1965), 205 ss.; Id., Chiovenda,Azioni sommarie. La sentenza di condanna con riserva (1915), in Saggi di diritto processuale civile, I, rist. Milano 1993, 121 ss.; Scarselli, La condanna con riserva, Milano 1989, 15 ss.; Briegleb, Einleitung in die Theorie der summarischen Processe, Leipzig 1859; v. anche Id., Über executorische Urkunden und Executiv-Prozess, I, Geschichte des Executiv-Prozesses, Stuttgart 1845, 40 ss.; Wach, Der italianische Arrestprocess, Leipzig 1868; Stein, Das private Wissen des Richters. Untersuchungen zum Beweisrecht beider prozesse, Leipzig 1893, rist. Aachen, 1969, 16 ss.

(14) Ronco, Struttura cit., 409 ss.; Id., Procedimento cit., 373 ss.

(15) Nello stesso senso v. Conte, Tardiva costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo e rinnovazione dell’opposizione, in Giur. it. 2002, 1806 ss.

(16) Cfr. Cass. 26 maggio 2004, n. 10116, in Giust. civ. 2005, I, 1303, la quale, in un caso di omessa costituzione dell’opponente (cui ha equiparato la costituzione tardiva, in acritica adesione all’orientamento tradizionale), ha giustamente negato la possibilità di riassumere il giudizio di opposizione ai sensi degli artt. 171 e 307 c.p.c., annullando la sentenza impugnata per violazione dell’art. 647 c.p.c.

(17) Così Corte cost. 22 luglio 2009, n. 230 sull’ordinanza di rimessione di Trib. Monza, 8 ottobre 2008, in G.U. 2009, n. 4, prima serie speciale.

(18) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, dove si ricorda che la CEDU, per effetto del Trattato di Lisbona, è divenuta parte integrante dell’ordinamento europeo e contiene, pertanto, non più mere norme internazionali, bensì norme comunitarie le quali, in virtù del principio di primauté del diritto comunitario, legittimano la disapplicazione di norme interne con esse contrastanti.

(19) V. Corte cost., 12 marzo 2007, n. 77 (Est. Vaccarella), in Foro it. 2007, I, 1009, con nota di Oriani, È possibile la “translatio iudicii” nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale: divergenze e consonanze tra Corte di cassazione e Corte costituzionale, secondo cui “al principio per cui le disposizioni processuali non sono fine a sé stesse, ma funzionali alla miglior qualità della decisione di merito, si ispira pressoché costantemente — nel regolare questioni di rito — il vigente codice di procedura civile”.

(20) V. Cass., sez. un., 14 aprile 2011, n. 8491, in Foro it. 2011, I, 1380, con nota di Piombo, Forma e tempestività dell’impugnazione delle delibere dell’assemblea condominiale: le sezioni unite della Cassazione risolvono il contrasto, e in Corriere merito 2011, 708 (m), con nota di Travaglino.

(21) V. Balena, Le conseguenze dell’errore sul modello formale dell’atto introduttivo (traendo spunto da un obiter dictum delle Sezioni unite), in Giusto processo 2011, 647 ss.

Autore: Prof. avv. Alberto Maria Tedoldi

Professore associato di Diritto processuale civile presso l’Università degli Studi di Verona, presso cui tiene i corsi di Diritto processuale civile, Diritto dell’esecuzione civile, Diritto fallimentare. Nelle medesime materie, è autore di numerosi scritti. È stato Responsabile d’area Diritto processuale civile della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università di Verona, consorziata con l’Università di Trento, e componente della Commissione per le riforme del processo civile, istituita presso il Ministero della Giustizia e presieduta dal Prof. Romano Vaccarella. Ha conseguito nel 1996, presso l’Università “La Sapienza” di Roma, il titolo di dottore di ricerca in Diritto processuale civile. Nel 2002 ha superato il concorso di ricercatore di ruolo presso l’Università degli Studi di Milano. Ha partecipato ai convegni dell’Associazione italiana fra gli studiosi di diritto processuale civile, alla quale è iscritto, e a numerosi convegni di diritto processuale civile e di diritto fallimentare. Dal 1998 è docente di Diritto processuale civile presso la Scuola forense dell’Ordine degli avvocati di Milano. Relatore a convegni e master organizzati dal CSM e dalla Scuola superiore di Magistratura, in sede distrettuale, interdistrettuale e nazionale, dagli ordini professionali e da enti privati su argomenti di diritto processuale civile e di diritto fallimentare.

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