Il danno erariale in materia di responsabilità medico-sanitaria

Domenico Chindemi, Il danno erariale in materia di responsabilità medico-sanitaria, in Responsabilità civile e Previdenza, 2011, 1176

 

Vengono esaminati i presupposti della responsabilità amministrativa-contabile con riferimento alla struttura sanitaria pubblica e al medico pubblico dipendente della medesima, nonché i criteri risarcitori del danno patrimoniale e non patrimoniale con riferimento al danno erariale, con specifica attenzione al danno all’immagine, sempre più sovente individuato in caso di accertata responsabilità contabile sanitaria, come nel caso del danno da tangente.

 

Il danno erariale in materia di responsabilità medico – sanitaria

 

Sommario: 1) Presupposti del danno erariale; 2) Rapporto tra giudizio civile, penale e contabile; 3) Il danno all’immagine nella responsabilità contabile


1) Presupposti del danno erariale

La Corte dei conti è il “giudice naturale delle controversie nelle materie di contabilità pubblica”1, tra le quali si annoverano le controversie relative ai “rapporti interni tra ente pubblico e suo dipendente, coobbligati in solido tra loro, nei casi di preventiva escussione dell’ente medesimo, da parte del terzo danneggiato”.2

In sede contabile rileva la qualifica di pubblico dipendente (e non necessariamente di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) del responsabile e la occasionalità necessaria della percezione di somme con l’espletamento di compiti istituzionali. 3

Sussiste responsabilità amministrativo-contabile, in presenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come stabilito dalla vigente normativa in materia (articolo 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (ora art. 93 del T.U. n. 267 del 18 luglio 2000); dall’articolo 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20; e dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639) .4

È necessaria, quindi, almeno la colpa grave ai fini della responsabilità erariale del medico, non essendo rilevanti i comportamenti posti in essere con colpa lieve.5

Il concetto di colpa grave va inquadrato nella nozione di colpa professionale di cui all’art. 1176, 2° comma, c.c. e va inteso come osservanza non già della normale diligenza del “bonus pater familias”, bensì di quella particolare diligenza occorrente con riguardo alla natura e alle caratteristiche di una specifica attività esercitata.

Perché si abbia colpa grave non è richiesto, perciò, che si sia tenuto un comportamento assolutamente abnorme, ma è sufficiente che l’agente abbia omesso di attivarsi come si attiverebbe, nelle stesse situazioni, anche il meno provveduto degli esercenti quella determinata attività. In altri termini, è ritenuto sufficiente, per la sussistenza del suindicato grado di colpa, che nella fattispecie l’agente abbia serbato comunque un comportamento contrario a regole deontologiche elementari.6

Occorre, quindi, ai fini della responsabilità contabile che emergano, con riferimento alla condotta del sanitario, una serie di aspetti che concorrono a ritenerla connotata dall’elemento soggettivo della colpa grave.

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Nel giudizio di responsabilità amministrativo contabile, la Procura agisce a tutela delle ragioni del pubblico erario, azionando il diritto al risarcimento del danno che compete agli enti pubblici danneggiati dalle condotte illecite dei propri dipendenti e/o amministratori.

Con riferimento al potere riduttivo, “non può confondersi la pronuncia secondo equità (disciplinata dagli artt. 114 e 339 cod. proc. civ.) con la valutazione equitativa che presuppone un danno certo ma non determinabile (art. 1226 cod. civ.) e con il potere di riduzione dell’addebito attribuito alla Corte dei conti dall’art. 52 r.d. n. 1214/1934” , in quanto “il potere riduttivo, (è) strumento volto a commisurare l’entità del risarcimento, alla responsabilità del convenuto”.7

Ritiene la giurisprudenza contabile che “la situazione di maggior rischio derivante in alcuni settori di azione dei pubblici poteri, dall’esercizio di attività potenzialmente di danno, può essere posta a fondamento dello esercizio del potere riduttivo dell’addebito8

In caso di danno erariale indiretto il nesso di causalità deve intercorrere tra il danno subito dall’Ente pubblico e la condotta dell’agente e non tra quest’ultima e i danni subiti paziente; l’evento dannoso subito dall’Ente consiste nel detrimento patrimoniale seguito all’esborso pecuniario, indipendentemente dai danni subiti dal paziente, ove il dipendente sia convenuto per il danno cagionato all’Ente di appartenenza e la sua obbligazione trova fondamento e disciplina nelle norme di cui allo specifico ordinamento contabile, che non si confondono con quelle di natura civilistica.9

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In ipotesi di danno erariale indiretto il nesso di causalità intercorre tra il danno subito dall’Ente pubblico e la condotta dell’agente, atteso che il collegamento causale tra la condotta dell’agente e il danneggiato attiene all’illecito civile, e può essere liberamente valutato dal giudice contabile ai diversi fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa.10.

Invece, il nesso causale tra la condotta e l’evento pur riguardando strutturalmente la fattispecie di illecito civile e già oggetto di sentenza di condanna definitiva da parte dell’A.G.O., può essere liberamente valutato dal giudice contabile ai diversi fini dell’acclaramento di responsabilità amministrativa.

In materia di responsabilità medica, la valutazione della sussistenza del nesso causale fra evento dannoso e condotta antigiuridica del medico va effettuata sulla base del criterio secondo cui assume rilevanza l'”alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”.

In altri termini, il nesso causale sussiste nel caso in cui alla stregua del giudizio condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica universale o statistica si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento, questo non si sarebbe verificato, ovvero, si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore, ovvero, con minore intensità lesiva.

In particolare, la responsabilità per colpa grave dei sanitari si manifesta con la mancanza di quelle cautele, cure o conoscenze costituenti lo standard minimo di diligenza richiesto a quel determinato professionista e, comunque, in presenza di ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari affidati alle loro cure; la colpa grave deve essere valutata con tanto maggior rigore, quanto maggiori e più elevate siano le funzioni e la qualificazione professionale dell’agente.11

La colpa grave consiste nella mancanza di diligenza, violazione di disposizioni di legge, sprezzante trascuratezza dei propri doveri, non osservanza del minimo di diligenza richiesto rispetto alle mansioni, agli obblighi e doveri di servizio.12

Deve, quindi, trattarsi di errori inescusabili per la loro grossolanità, assenza di cognizioni fondamentali, difetto del minimo di perizia tecnica, esperienza e capacità professionale.13

Si è, ad esempio, affermato che è connotata da colpa grave la condotta omissiva del medico (aiuto primario) che, in caso di urgenza, in possesso della qualifica professionale non procede all’intervento chirurgico richiesto, o lo esegue con colposo, in quanto il medico non può restare inerte, sia pure in attesa del primario, in quanto è titolare di un’autonoma posizione di garanzia nei confronti del paziente. 14

Una parte del danno può anche essere decurtato e restare a carico della medesima Azienda ospedaliera nel caso di una concausa esterna, riconducibile, ad esempio, alla stipulazione di un’assicurazione contro i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività medica prevedendo un massimale di polizza decisamente inadeguato. In mancanza di un obbligo giuridico alla copertura assicurativa con un più elevato massimale, la Corte dei Conti non propone azione di rivalsa per tale quota di danno, chiedendo ai sanitari il risarcimento della parte restante.

Sussiste anche responsabilità contabile per la omessa visita domiciliare in mancanza di validi e giustificati motivi.

Il DPR 28.07.2000, n. 270 recante il “Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale” all’art. 52, rubricato “compiti del medico” stabilisce che: “il medico che assicura la continuità assistenziale deve essere presente, all’inizio del turno, nella sede assegnatagli dalla Azienda e rimanere a disposizione, fino alla fine del turno, per effettuare gli interventi, domiciliari o territoriali, richiesti. Il medito è tenuto ad effettuare gli interventi, domiciliari o territoriali, richiesti dall’utente o dalla centrale operativa, prima della fine del turno di lavoro. In particolari situazione di necessità, ove le condizioni strutturali lo consentano, il medico può eseguire prestazioni ambulatoriali (…..) Le chiamate degli utenti devono essere registrate e rimanere agli atti. Le registrazioni devono avere per oggetto: (….) c) ora della chiamata ed eventuale sintomatologia sospettata; d) l’ora dell’intervento (o motivazione del mancato intervento) e tipologia dell’intervento richiesto ed effettuato”. Ne consegue che la visita domiciliare, ove richiesta, costituisce una situazione ordinaria di assistenza medica mentre l’eccezione è rappresentata dal mancato intervento di cui deve essere comunque annotato il motivo nei prescritti registri.

In base all’art. 32 cost. e all’art. 52 d.P.R. 28 luglio 2000 n. 270 la visita domiciliare, ove richiesta, costituisce una situazione ordinaria di assistenza medica mentre l’eccezione è rappresentata dal mancato intervento di cui deve essere comunque annotato il motivo nei prescritti registri: ne consegue che è ipotizzabile, oltre il profilo penale, un danno all’immagine dell’amministrazione sanitaria qualora si ometta la prescritta annotazione nel registro.

Può essere, inoltre, ravvisato un profilo di colpa grave, in presenza di telefonate allarmate descrivente la presenza in un bimbo di otto anni di sintomi oggettivamente grave (febbre alta persistente e resistente agli antipiretici, macchie scure in rapida estensione, scariche diarroiche, difficoltà crescente di respirazione e incapacità a reggersi in piedi), nel comportamento del medico che si rifiuti di effettuare la richiesta visita domiciliare, cui è tenuto per dovere d’ufficio.15

Il rifiuto di recarsi ad effettuare la visita domiciliare richiesta rende indisponibile la possibilità di cura per il paziente con violazione del diritto alla salute costituzionalmente garantito dall’art. 32 della Costituzione. A ciò deve poi aggiungersi anche l’offesa ad ulteriori interessi primari che ricevono protezione in modo immediato dall’ordinamento, tra cui vi è la personalità dello Stato tutelata dagli articoli 2, 42, 53, 98 e, soprattutto, 97 Cost. 16

Sussiste, inoltre il danno erariale s nel caso in cui il responsabile della Gestione del contenzioso dell’AUSL dispone rimborso delle spese legali a favore di un medico, sostenute nell’ambito di un procedimento penale che lo vedeva coinvolto, senza aver seguito le legittime procedure, sulla base di sole notule e non di fatture e senza aver richiesto il successivo rimborso alle compagnie assicuratrici.

Il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), stabiliva all’art. 28. (Responsabilità) <<In materia di responsabilità, ai dipendenti delle unità sanitarie locali si applicano le norme vigenti per i dipendenti civili dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive integrazioni e modificazioni.Le unità sanitarie locali possono garantire anche il personale dipendente, mediante adeguata polizza di assicurazione per la responsabilità civile, dalle eventuali conseguenze derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi, ivi comprese le spese di giudizio, relativamente alla loro attività, senza diritto di rivalsa, salvo i casi di colpa grave o di dolo>>.17

Il D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale. (G.U. 11 luglio 1987, n. 160, S.O. n. 2.) stabiliva all’art. 41. (Patrocinio legale del dipendente per fatti connessi all’espletamento dei compiti di ufficio) <<1. L’ente, nella tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti del dipendente per fatti e/o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio è all’adempimento dei compiti d’ufficio assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interesse, ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento e per tutti i gradi del giudizio, facendo assistere il dipendente da un legale.

2. L’ente dovrà esigere dal dipendente, eventualmente condannato con sentenza passata in giudicato per i fatti a lui imputati per averli commessi per dolo o colpa grave, tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa.>>

Tali disposizioni sono state disapplicate per effetto degli artt. 24, 25 e 65 del CCNL di cui all’Acc. 8 giugno 2000 (G.U. 22.07.2000 n. 170, S.O.) e l’art. 25 del CCNL integrativo di cui all’Acc. 20 settembre 2001.

Tali CCNL, relativi alla dirigenza medica e veterinaria del SSN (parte normativa 1998-2001, economica 1998-1999) stabilivano: art. 24. (Coperture assicurative).<<1. Le aziende assumono tutte le iniziative necessarie per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei dirigenti, ivi comprese le spese di giudizio ai sensi dell’art. 25, per le eventuali conseguenze derivanti da azioni giudiziarie dei terzi, relativamente alla loro attività, ivi compresa la libera professione intramuraria, senza diritto di rivalsa, salvo le ipotesi di dolo o colpa grave. — omissis – Art. 25. (Patrocinio legale). <<1. L’azienda, nella tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile, contabile o penale nei confronti del dirigente per fatti o atti connessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti di ufficio, assume a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interesse, ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento e per tutti i gradi del giudizio, facendo assistere il dipendente da un legale, previa comunicazione all’interessato per il relativo assenso.

2. Qualora il dirigente intenda nominare un legale di sua fiducia in sostituzione di quello indicato dall’azienda o a supporto dello stesso, i relativi oneri saranno interamente a carico dell’interessato. Nel caso di conclusione favorevole del procedimento, l’azienda procede al rimborso delle spese legali nel limite massimo della tariffa a suo carico qualora avesse trovato applicazione il comma 1, che comunque, non potrà essere inferiore alla tariffa minima. Tale ultima clausola si applica anche nei casi in cui al dirigente, prosciolto da ogni addebito, non sia stato possibile applicare inizialmente il comma 1 per presunto conflitto di interesse.

3. L’azienda dovrà esigere dal dirigente, eventualmente condannato con sentenza passata in giudicato per i fatti a lui imputati per averli commessi con dolo o colpa grave, tutti gli oneri sostenuti dall’azienda per la sua difesa. – omissis – >>.

Occorre, quindi, ai fini della sussistenza del danno erariale, il rimborso delle parcelle del legale del medico, la mancata richiesta del rimborso degli importi versati alle compagnie assicuratrici, nonché il nesso causale tra comportamento e danno, mentre l’elemento soggettivo è individuabile nella colpa grave in capo al medico.


2) Rapporto tra giudizio civile, penale e contabile

Gli elementi integranti la responsabilità amministrativa e, segnatamente, il danno erariale sono: a) il rapporto di servizio tra il sanitario e l’ente danneggiato essendo necessario che il danno sia lamentato da una Amministrazione qualificabile come pubblica e che sia chiamato a risponderne un soggetto legato a questa da un rapporto di impiego o di servizio b) il nesso di causalità tra la condotta tenuta e i danni subiti dall’ente, richiedendosi che il danno sia arrecato nell’esercizio di una attività qualificabile come illecita, commissiva od omissiva, connessa con tale rapporto, sia che ne costituisca diretta esplicazione, sia che abbia carattere strumentale o strutturale per l’esercizio della funzione stessa) l’elemento soggettivo della colpa grave. 18

Connota siffatta giurisdizione esclusiva della Corte dei conti l’autonomia di valutazione dei fatti accertati nel giudizio risarcitorio civile, in ragione della diversità dei piani sui quali si svolgono il giudizio civile e quello di responsabilità amministrativo contabile, attenendo il primo ai rapporti esterni, tra la P.A. – impersonalmente intesa – ed il privato danneggiato, ed il secondo ai rapporti interni, tra la P.A. medesima ed il suo dipendente.19

La responsabilità civile e quella amministrativa-contabile, pur traendo origine dal medesimo fatto evento si fondano su presupposti e struttura diversi.

Occorre considerare, infatti, come il giudizio civile di risarcimento e quello di responsabilità amministrativa per danno erariale si muovano su piani distinti, sia perché finalizzati a regolare rapporti giuridici soggettivamente ed oggettivamente diversi, sia perché diversi sono i parametri normativi di riferimento.

Il pregresso giudizio civile costituisce un semplice presupposto di fatto dell’ azione di responsabilità, inidoneo a fare stato nel giudizio contabile, a causa della diversità delle parti e degli elementi strutturali dell’illecito contabile rispetto a quello civile, nel quale, sempre più sovente, viene citata in giudizio l’Azienda ospedaliera senza l’intervento dei sanitari convenuti, invece, in sede contabile ai quali si addebita la grave colpa professionale

Anche se non è automatica l’opponibilità della sentenza di condanna civile la fattispecie di danno erariale può essere ritenuta integrata dal contenuto della sentenza di condanna in sede civile, ove l’erogazione di denaro pubblico per l’adempimento dell’obbligazione civile a carico dell’Azienda ospedaliera, essendo priva di idonea giustificazione causale, darebbe luogo a danno erariale e, segnatamente, a danno indiretto.20

Se la domanda giudiziale concerne una responsabilità indiretta, l’azione può fondarsi su un presupposto di fatto, rappresentato dalla sentenza di condanna in sede civile riportata dall’ente pubblico (l’Azienda ospedaliera), dalla quale è scaturito il depauperamento del medesimo ente, che vi ha prestato ottemperanza.

In tal caso il nocumento all’ente pubblico scaturisce dalla pronuncia di altro giudice, che ha statuito sulla responsabilità diretta, in applicazione dell’art. 28 Cost., secondo cui vi è responsabilità civile, diretta, dei dipendenti pubblici, che si estende all’ente pubblico, con facoltà del terzo danneggiato di citare in giudizio entrambi o soltanto il secondo,

Occorre, tuttavia, che la sentenza di condanna sia passata in giudicato altrimenti si affermerebbe la lesione di un diritto di credito dell’ente pubblico che difetta dei requisiti di certezza e di attualità, in quanto l’accertamento giurisdizionale contenuto nella sentenza di merito, non passata in giudicato, è suscettibile di essere travolto in sede di appello o di legittimità, né può subordinarsi la eventuale lesione al verificarsi di un presupposto eventuale e incerto, rappresentato dall’esito sfavorevole, per l’Azienda ospedaliera, dell’appello o del ricorso per cassazione da essa proposto. 21

Non può essere attivata la responsabilità indiretta dei sanitari dell’Azienda ospedaliera prima che sia accertata la responsabilità civile diretta della medesima azienda e, dunque, chiesto il risarcimento del danno in favore di un ente che, al momento della domanda giudiziale e, allo stato degli atti, non può definirsi come danneggiato.

Né l’incontrovertibilità del giudicato, presupposto della responsabilità indiretta può essere surrogata dal requisito del depauperamento dell’ente condannato, il quale ha ottemperato a sentenza esecutiva con pagamento a titolo provvisorio e non definitivo.

Va anche evidenziata la eventuale diversità della natura del tipo di responsabilità oggetto dei giudizi di responsabilità contabile, extracontrattuale o contrattuale, stante la diversità dei doveri violati, oggetto specifico dell’accertamento dei ripetuti giudizi, attenendo il primo alla violazione del generale dovere di neminem laedere, ed il secondo alla violazione dei particolari doveri di servizio, propri del sanitario.

La giurisprudenza ha escluso che “la sentenza pronunciata nel procedimento civile per il risarcimento del danno, promosso dal danneggiato nei confronti della P.A., (abbia) efficacia di giudicato nel giudizio di responsabilità amministrativa, avanti alla Corte dei conti, ancorché al giudizio civile abbia partecipato il pubblico dipendente, autore del fatto lesivo, convenuto in solido con l’Amministrazione“.22

La Corte dei conti, quindi, può valutare autonomamente i fatti accertati nel processo civile, proprio perché le sentenze di condanna a carico della P.A. “non esplicano efficacia vincolante nel giudizio di responsabilità”, così che “il giudice contabile può trarre da quel diverso giudizio elementi, (quali) prove testimoniali, consulenze (ecc.), utili a formare il proprio convincimento“.23

L’assenza di un giudicato dell’A.G.O. connotato da definitività, pertanto, non può rappresentare un elemento ostativo alla prosecuzione del giudizio di responsabilità amministrativa.

Non è precluso al giudice contabile l’accertamento e la valutazione dei fatti in modo difforme da quello contenuto nella sentenza pronunciata anche dal giudice penale e le prove formatesi nel giudizio penale possono essere acquisite nel giudizio di responsabilità amministrativo-contabile per essere oggetto di valutazione del giudice in tale sede, nella quale possono essere oggetto di contestazione e di dialettica processuale.

La Consulta ha ritenuto che i principi costituzionali sanciti dall’art. 103 Cost. – in ordine all’esclusività della giurisdizione contabile sul danno erariale – sono salvaguardati dall’espressa limitazione della potestà decisoria del giudice penale alla condanna generica dell’imputato (art. 538, co. 2, c.p.p.), sicché non si pone alcun problema di pregiudizialità né di raccordo tra giurisdizioni.

Se il giudice penale ha statuito sull’intera domanda risarcitoria proposta dalle parti civili, senza limitare la propria decisione alla condanna generica degli imputati, tale pronuncia ha effetti nel giudizio contabile, mentre una generica condanna al risarcimento del danno in sede penale non ha effetti preclusivi all’accertamento del danno sia in sede civile che contabile.

La preclusione del giudicato deriva dal fatto che, in altra sede, si è formato un titolo esecutivo sulla stessa domanda proposta dinanzi al giudice contabile, se la voce di danno contestata dalla Procura non presenta carattere di novità rispetto a quelle oggetto di statuizione da parte del giudice penale, purché sia ravvisabile una sostanziale convergenza tra il danno risarcito dal giudice penale e quello richiesto in sede contabile, nonostante la eventuale diversità delle espressioni utilizzate (es: danno morale o non patrimoniale anziché danno all’immagine).

La rilevazione del giudicato esterno ha, quindi, per presupposto l’identità dell’azione di danno esercitata dalla Procura contabile con la domanda risarcitoria inserita nel processo penale, sulla quale si è formato il giudicato.24

Tuttavia, anche in presenza di pronunciamenti definitivi del giudice penale, vale il principio secondo cui non è esclusa al giudice contabile, ai fini dell’accertamento della responsabilità per danno erariale, la possibilità di trarre elementi per formare il proprio libero convincimento dal materiale probatorio raccolto nel corso del procedimento penale anche in fase predibattimentale.25

Occorre evidenziare che il danno rilevante ai fini dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile deve essere: a) certo, nel senso che il depauperamento patrimoniale deve essersi verificato, b), attuale, nel senso che deve sussistere sia al momento della proposizione della domanda che al momento della decisione, c) effettivo, cioè il pregiudizio finanziario – patrimoniale non deve essere semplicemente ipotetico, anche se può anche essere non definitivo.26

La questione di bis in idem, nel processo contabile, si pone ogni qual volta il giudice ordinario, nel decidere sulla domanda per le restituzioni e per il risarcimento del danno proposta dalla parte civile costituita nel processo penale, non si astenga dal determinare il quantum della condanna, in applicazione dell’art. 538, co. 2, c.p.p., secondo cui <<Se pronuncia condanna dell’imputato al risarcimento del danno, il giudice provvede altresì alla liquidazione, salvo che sia prevista la competenza di altro giudice>>.27

Nei casi in cui risulti avviata un’azione di ripetizione nelle more del giudizio contabile se risulta avvenuto il recupero integrale del credito erariale, va dichiarata l’intervenuta cessazione della materia del contendere; se, invece, il credito erariale non risulta integralmente soddisfatto, permangono i requisiti di attualità ed effettività del danno quantomeno per la parte non recuperata.

La contestualità tra la condanna al risarcimento erariale e l’azione amministrativa di ripetizione è da ammettersi nella misura in cui si possa correlativamente escludere il rischio di locupletazione a vantaggio dell’amministrazione, ma a tal proposito il sistema assicura ogni possibile rimedio per risolvere le controversie che dovessero eventualmente insorgere, attribuendo, infatti, ad un apposito organo giurisdizionale, il giudice dell’esecuzione, esclusiva competenza al riguardo.28

Altro aspetto concerne l’efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio contabile.

La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’art. 442 c.p.p., e cioè all’esito del giudizio abbreviato, ai sensi del combinato disposto di cui al primo e secondo comma dell’art. 651 c.p.p. ( rubricato “efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno”), ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l`imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.

Stante l’efficacia vincolante spiegata dal giudicato penale, devono ritenersi accertati nei confronti dei condannati i fatti materiali dedotti dal P.M. contabile a fondamento della domanda risarcitoria proposta ove coincidenti con gli accertamenti del giudice penale.

Se il giudice penale ha pronunziato condanna generica al risarcimento del danno deve ritenersi l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato,che, tuttavia, deve essere oggetto di positivo accertamento nel giudizio contabile

Se, invece, il giudice penale non si è limitato ad accertare la potenzialità dannosa dei fatti oggetto della pronuncia penale e, cioè, la probabile esistenza di danni patrimoniali conseguenti alla condotta dei prevenuti, ma ne ha accertato in concreto la sussistenza,tale accertamento fa stato nel giudizio contabile.

3) Il danno all’immagine nella responsabilità contabile

Una figura particolare di pregiudizio contabile, che ha connotazioni e natura diversa da quelle civilistica, è individuabile nel danno all’immagine che “si realizza in presenza di illeciti che, pur non rivestendo necessariamente carattere penale, hanno una tale rilevanza e capacità lesiva, per la loro intrinseca gravità e per il settore pubblico nel quale intervengono, da ingenerare una corale disapprovazione sociale ed un diffuso e persistente senso di sfiducia della collettività nell’Amministrazione, data la manifesta ed abnorme contrarietà del suo operato ai fondamentali canoni della legalità, del buon andamento, e dell’imparzialità, ex art. 97 Cost.”.29

Rientra, quindi, nella cognizione del Giudice contabile anche il danno, patrimonialmente valutabile, arrecato all’immagine del pubblico potere, per effetto dell’azione contra ius del soggetto legato da rapporto d’impiego o di servizio alla P.A. e che si materializzerebbe nella violazione di situazioni giuridiche soggettive di rilevanza costituzionale ed, in particolare, in quelle disciplinate dall’art. 97, Cost. e dagli artt.. 7 e 10, cod. civ., applicabili anche alle persone giuridiche, purché sussistano i requisiti della gravità dei comportamenti e la diffusione della notizia,30

Sussiste, alla luce di tali parametri, un danno all’immagine della p.a. , quale conseguenza della responsabilità amministrativa di un soggetto che, nell’ambito della sua azienda ospedaliera abbia dolosamente compiuto attività medica e paramedica senza il prescritto titolo di studio e senza autorizzazione della direzione sanitaria, causando sia un danno alla complessiva funzionalità del servizio sia all’immagine dell’amministrazione, venendosi comunque a configurare in fattispecie il presupposto del servizio di fatto necessario per incardinare il giudizio di responsabilità amministrativo e contabile.31

Il danno all’immagine è suscettibile di valutazione anche se non comporta diminuzione patrimoniale diretta in quanto esso attiene alla sfera degli interessi pubblici giuridicamente protetti e dei beni meritevoli di tutela la cui lesione sia suscettibile di arrecare un pregiudizio economicamente valutabile, a prescindere, quindi, dalla materialità o meno, dalla patrimonialità o meno del bene o dell’interesse protetto. Esso, inoltre, è riconducibile non tanto alle ipotesi di cui agli art. 2059 c.c. e 185 c.p., quanto a quella del danno ingiusto, inferto ad uno dei diritti fondamentali della persona giuridica pubblica, il quale può discendere anche da un fatto non penalmente rilevante.32

Il danno all’immagine, in relazione al quale è stata definitivamente affermata la giurisdizione della Corte dei conti, è suscettibile di valutazione anche se non comporta diminuzione patrimoniale diretta in quanto esso attiene alla sfera degli interessi pubblici giuridicamente protetti e dei beni meritevoli di tutela la cui lesione sia suscettibile di arrecare un pregiudizio economicamente valutabile, a prescindere, quindi, dalla materialità o meno, dalla patrimonialità o meno del bene o dell’interesse protetto. Esso, inoltre, è riconducibile non tanto alle ipotesi di cui agli art. 2059 c.c. e 185 c.p., quanto a quella del danno ingiusto, inferto ad uno dei diritti fondamentali della persona giuridica pubblica, il quale può discendere anche da un fatto non penalmente rilevante.

Si è anche affermato che “il danno all’immagine ed al prestigio della P.A è determinato da parte di un soggetto legato alla P.A. da un rapporto di lavoro, di impiego o di servizio (anche di fatto) viene in rilievo unitamente ad altri fondamentali e necessari concomitanti elementi, quali il necessario clamore e la risonanza e l’amplificazione della notizia da parte dei vari mezzi di informazione” ;

Tale forma di danno erariale, nell’ambito della responsabilità contabile, va inquadrato:a) nell’ambito della categoria del danno patrimoniale ingiusto per violazione di un diritto fondamentale della persona giuridica pubblica, rapportandolo, quindi, al danno patrimoniale in senso ampio, ex art. 2043 c.c. in collegamento con l’art. 2 Cost., che non si correla necessariamente ad un comportamento causativo di un reato (non rientrando nell’ambito di applicabilità dell’art. 2059 c.c.), ma può ben discendere anche da un comportamento gravemente illegittimo ovvero gravemente illecito extrapenale, con la precisazione che non tutti gli atti o comportamenti genericamente illegittimi o illeciti sono causalmente idonei a determinare una menomazione di detta immagine e di detto prestigio, venendo in rilievo – nel giudizio di responsabilità amministrativa contabile, solo i comportamenti gravemente illegittimi ovvero gravemente illeciti (anche di carattere extrapenale, perché idonei – nella loro consistenza fenomenica – a produrre quella grave perdita del prestigio dell’immagine e quel grave detrimento della personalità pubblica; b) nell’ambito della fattispecie del pregiudizio che mina alle basi la stessa credibilità sociale e, dunque, l’esistenza dell’Amministrazione pubblica, in presenza di una condotta altamente lesiva del bene/valore che si riflette sull’immagine pubblica (sanità, giustizia, sicurezza, cultura etc); c) nell’ambito della categoria del danno/evento (e non del danno/conseguenza), considerato che, poiché l’oggetto del risarcimento non può che essere una perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva e la liquidazione del danno non può riferirsi se non a perdite, a questi limiti soggiace anche la tutela risarcitoria dei danni non patrimoniali causati dalla lesione di diritti od interessi costituzionalmente protetti, quali il diritto all’immagine, con la peculiarità che essa deve essere ammessa indipendentemente dalla dimostrazione di perdite patrimoniali, oggetto del risarcimento, senza la diminuzione o la privazione di valori inerenti al bene protetto; d) nell’ambito delle fattispecie per le quali – non essendo richiesta la prova delle spese necessarie al recupero del bene giuridico leso – si può fare affidamento – per la concreta determinazione dell’ammontare del danno erariale – sulla valutazione equitativa del Giudice, ai sensi dell’articolo 1226 c.c., sulla base dei parametri di tipo oggettivo, soggettivo e sociale, come definiti dalla giurisprudenza maggioritaria e prevalente della Corte dei Conti; e) nell’ambito delle fattispecie per le quali sussiste in ogni caso <<l’onere per l’attore di indicare le presunzioni, gli indizi e gli altri parametri che intende utilizzare sul piano probatorio; f) nell’ambito delle fattispecie per le quali è necessario il superamento di una soglia minima di rilevanza della condotta, da individuarsi con una indagine attenta e completa sul comportamento tenuto dal convenuto e sulla potenzialità lesiva dell’immagine e del prestigio della P.A. di detto comportamento tale da minacciare l’affidamento della comunità sociale nella P.A.”33

Anche se la sentenza delle Sezioni Unite di San Martino (Cass. 11 novembre 2008, n. 26972) fa riferimento al c.d. danno conseguenza, quale criterio regolatore del danno non patrimoniale, la giurisprudenza contabile ritiene che i concetti in essa espressi,. riferiti al danno non patrimoniale nei rapporti privati, non sono estensibili al danno all’immagine provocato alla p.a. da soggetto legato da rapporto di servizio, che è “patrimoniale” in senso stretto e discende da responsabilità contrattuale, se non altro per l’assoluta diversità ontologica che esiste tra persone fisiche e persone giuridiche.34

Ai fini della prova del danno all’immagine non è sufficientemente la sola condanna penale, occorrendo, viceversa, la dimostrazione di circostanze precise tali da determinare il concreto detrimento del prestigio dell’ufficio cui il dipendente appartiene, con la conseguenza che la domanda giudiziale formulata dalla Procura richiede l’indicazione di dati fattuali specifici, quali: il rapporto tra l’attività funzionale attribuita all’ente in relazione all’interesse della collettività e la posizione funzionale dell’autore dell’illecito; la sporadicità o la continuità dei comportamenti illeciti, la necessità o meno di interventi modificativi dell’organizzazione, o comunque riparativi delle negative conseguenze sociali connesse con la commissione dell’illecito, anche in relazione all’amplificazione della notizia da parte degli organi della stampa.

Occorre che la condotta stessa sia altamente lesiva del bene-valore che si riflette sull’immagine pubblica così da ingenerare, sul piano dell’elemento sociale del clamore (elemento necessario ai fini della realizzazione della fattispecie dannosa), una corale disapprovazione ed un diffuso e persistente sentimento di sfiducia della collettività nell’Amministrazione, data la manifesta ed abnorme contrarietà dell’operato del dipendente in relazione alla violazione dei doveri di servizi, ai fondamentali canoni della legalità, del buon andamento e dell’imparzialità.35

La lesione dell’immagine, quindi, deve rilevare come negativo riflesso del comportamento antidoveroso (e doloso) del soggetto incardinato nella struttura della P.A. che deteriora ed offusca l’immagine dell’amministrazione pubblica la quale, per definizione, deve possedere, diffondere e difendere valori di onestà, correttezza, trasparenza e legalità ed affidabilità.

La condotta deve essere capace di deteriorare il rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’istituzione pubblica a tal punto da realizzare un vero e proprio “danno sociale”.

La tutela del diritto all’immagine, quale fattispecie di danno esistenziale, veniva individuata, prima delle Sezioni Unite di San Martino, nell’ambito dei danni non patrimoniali come danno-evento e non come danno-conseguenza ed era ammessa, per precetto costituzionale, indipendentemente dalla dimostrazione di perdite patrimoniali, oggetto del risarcimento essendo la diminuzione o la privazione di valori inerenti al bene protetto. 36

Tale orientamento dovrebbe essere sottoposto a revisione critica dopo le Sentenze delle Sezioni Unite di San Martino, potendo riconoscersi il danno all’immagine, solamente in caso di prova del relativo pregiudizio, inteso quale danno conseguenza e non più evento.

Occorre, quindi, che il danno all’immagine sia percepito dalla collettività, costituendo un cd. “danno da durata” destinato a rinnovarsi nel tempo alimentato dal clamor fori, con conseguente obbligo non solo di riparare ma anche di ripristinare l’immagine pubblica lesa.

La valutazione va effettuata in base a tre parametri: 1) di natura soggettiva considerando la visibilità all’esterno dei comportamenti illeciti tenuti e conseguentemente il grave pregiudizio alla Struttura Sanitaria di appartenenza; 2) di natura oggettiva, quale la gravità degli illeciti in grado di procurare nell’opinione pubblica un allarme ed un clima di sospetto di notevole entità nei confronti della Sanità Pubblica; 3) di natura sociale considerando l’importanza che nell’organizzazione sociale riveste l’istituzione Sanità Pubblica con la conseguenza che comportamenti gravemente illeciti da parte dei suoi appartenenti producono un inevitabile effetto pericoloso di sfiducia generale dei cittadini, tale da pregiudicare per un lungo periodo di tempo la regolarità dei rapporti tra tale istituzione e i cittadini medesimi, in un settore, come quello della sanità, particolarmente al centro di diffuse critiche per la sensibilità con cui l’opinione pubblica rileva ogni disservizio, con le inevitabili conseguenti ricadute economiche sull’apparato stesso.

Occorre la commissione di un fatto illecito idoneo a minare l’immagine esterna della pubblica amministrazione mettendo in pericolo la fiducia della collettività nell’imparzialità e correttezza dei pubblici funzionari.

Per aversi danno risarcibile, il comportamento illegittimo, deve, comunque, realizzare una aggressione tale da superare la cd. “soglia minima” della lesione del bene tutelato; in caso contrario si rischierebbe di risarcire la mera violazione dei soli doveri di servizio, non assistita da alcuna deminutio patrimonii (principio ribadito anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le sentenze gemelle nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 dell’11 novembre 2008) in tal modo trasformando, di fatto, il danno all’immagine in una pena accessoria a quella principale.37

Occorre, peraltro precisare, che esulano dalla tutela risarcitoria quelle fattispecie in cui il danno conseguenziale è futile o irrisorio, ovvero, pur essendo oggettivamente serio, è tuttavia, secondo la coscienza sociale, insignificante o irrilevante per il livello raggiunto. Hanno, infatti, stabilito le Sezioni Unite della Cassazione che la gravità dell’offesa costituisce requisito ulteriore ed indispensabile per l’ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona (da intendersi anche come persona giuridica) conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto, cioè, deve essere inciso oltre una certa soglia minima, “cagionando un pregiudizio serio e la lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza”.38

Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso il soggetto danneggiato, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico.39

Per quanto concerne l’elemento psicologico soggettivo, va affermato che, ai fini della produzione di siffatto danno, si richiede il dolo, se non penale, quantomeno contrattuale. Quest’ultimo sussiste ogni qualvolta il dipendente pubblico lede in maniera cosciente e volontaria, un suo dovere di servizio, sì che egli ha consapevolezza dell’inadempimento. Per tale motivo il dolo contrattuale si differenzia, quindi, dal dolo penale che rappresenta la coscienza e la volontà non solo della violazione del dovere, ma anche della condotta antidoverosa e del successivo evento conseguente alla condotta stessa. Secondo comune esperienza, la diffusione a mezzo stampa della notizia del comportamento illecito cagiona un deterioramento del rapporto di fiducia tra cittadini e istituzione pubblica, con ciò cagionando, quale conseguenza immediata e diretta, la lesione dell’immagine e del prestigio dell’ente pubblico.40

A sua volta, la lesione comporta un pregiudizio al patrimonio pubblico, che è comprensivo anche del diritto dell’ente alla propria identità ed onorabilità e va liquidata in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 del codice civile, tenendo conto delle conseguenze negative che, per dato di comune esperienza, sono riferibili al comportamento lesivo dell’immagine.

I parametri di riferimento della valutazione vanno individuati nei profili: a) “oggettivo” ovvero nella gravità dell’illecito commesso,b) “soggettivo” individuabile nella posizione dei convenuti nell’ambito dell’Amministrazione; c) “sociale ” dato dalla rilevanza dell’Ente cui i responsabili appartengono.

Il danno all’immagine ben può configurarsi anche in caso di percezione di somme da parte di un pubblico dipendente non necessariamente in correlazione con fenomeni tangentizi (corruzione o concussione), essendo comunque socialmente disdicevole e giuridicamente illecito che un pubblico dipendente percepisca denaro o donativi da privati nell’esercizio di compiti istituzionali.41

Ai fini della quantificazione del danno l’indirizzo più restrittivo – che ha come substrato una concezione prevalentemente riparatoria del giudizio contabile – tende ad ammetterne la sussistenza solo ove si dimostri l’erogazione di spese (es. promozionali), da parte della p.a., per il ripristino dei beni immateriali della stima e reputazione dell’Amministrazione.42

L’indirizzo prevalente è fondato sulla natura sanzionatoria del giudizio contabile, che richiede un mero accertamento della lesione dell’immagine dell’ente inteso come valore in sé, il quale può subire un offuscamento nella collettività, nazionale o internazionale, a seguito di condotte illecite di suoi dipendenti e, come tale, richiede un ripristino e non una riparazione.43

Non rilevano, quindi, in forza di tale orientamento, gli eventuali costi di ripristino dell’immagine sopportati dalla p.a. 44né eventuali lesioni da perdita di chance (sviamento di clientela, allontanamento di investitori dalla p.a. etc.).

Il danno all’immagine è un danno pubblico in quanto lesione del buon andamento della P.A., che perde, per la condotta illecita di suoi dipendenti, credibilità ed affidabilità all’esterno, ed ingenera la convinzione che i comportamenti patologici posti in essere dai propri lavoratori siano un connotato usuale dell’azione dell’ente.45

Le spese di ripristino del bene-immagine leso sono ormai un costo fisiologico per la P.A. (dopo l’entrata in vigore della l.7.6.2000 n. 150 in materia di comunicazione pubblica) e, comunque, un eventuale costo suppletivo potrebbe essere sostenuto solo dopo l’introito del risarcimento del danno patito (e non certo prima), sia in quanto il danno all’immagine della p.a. si sostanzia esclusivamente in una menomazione della funzionalità dell’amministrazione stessa che, in base agli art.97 e 98 cost., deve agire in modo efficace, efficiente, economico e imparziale.

Ogni azione del pubblico dipendente che leda tali interessi si traduce in un’alterazione dell’identità della P.A. e, più ancora, nell’apparire di una sua immagine negativa in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata.

La violazione di questo diritto all’immagine, intesa come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica, è economicamente valutabile risolvendosi in un onere finanziario che si ripercuote sull’intera collettività (in tal caso trattasi di danno patrimoniale), dando luogo ad una carente utilizzazione delle risorse pubbliche ed a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che, sull’organizzazione della P.A., si riflettono in termini di minor credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa.46

Ulteriore questione è se trattasi di danno evento o danno conseguenza.

Anche nei confronti della persona giuridica ed in genere dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra l’immagine della persona giuridica o dell’ente.47

Nel contesto delle persone giuridiche, la tutela di quelle pubbliche e, quindi, delle pubbliche amministrazioni discende, con particolare evidenza, dal dettato costituzionale, in particolare dalla generale previsione dell’art. 2, relativa alla tutela delle formazioni sociali, e dell’art. 97, primo e secondo comma, a cui vanno ad aggiungersi, gli articoli 7 e 10 c.c. relativi alla tutela del nome e dell’immagine della persona, ritenuti applicabili anche alle persone giuridiche.48 In tali ipotesi il danno non potrà che consistere nella mancata realizzazione della specifica finalità perseguita dalla norma di tutela e quindi coincidere con la violazione della stessa.49

Ogniqualvolta tale immagine sia offuscata, lesa da gravi comportamenti, abbiano o meno essi rilevanza penale, si verifica la violazione del diritto personalissimo dell’Ente pubblico “al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica”..

Proprio in relazione al diritto fondamentale della persona giuridica pubblica ad un’immagine corretta, intesa come esplicazione di una condotta dei propri agenti conforme al canone costituzionale dell’art. 97 della Costituzione (rispetto della legalità, della imparzialità e del buon andamento) le Sezioni Riunite della Corte dei conti, hanno configurato il danno all’immagine della pubblica amministrazione come danno esistenziale. 50

La Corte dei Conti, ha riconsiderato il danno all’immagine alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, in virtù del quale “il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione”.51

Tale orientamento, espresso con riferimento specifico al danno alla persona, non modifica sostanzialmente i termini di qualificazione del danno all’immagine dell’Amministrazione Pubblica ma, sicuramente, impone al giudice di valutare con attenzione la “gravità della lesione e la serietà del pregiudizio” di cui si chiede il ristoro.52

Il danno all’immagine è da intendersi quale “danno ingiusto ad uno dei diritti fondamentali della persona giuridica pubblica, ovvero ad una delle più rilevanti formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità dell’uomo” e, come tale, da rapportarsi all’art. 2043 c.c. sulla base di una valorizzazione delle argomentazioni attraverso le quali la Corte Costituzionale ha aderito alla concezione del danno evento (sent. n. 184/1986) e che, per sua natura, detta tipologia di danno può essere realizzata solo dal personale dell’ente danneggiato in virtù del rapporto di immedesimazione organica che lega questi all’amministrazione e si concreta come effetto di un danno causato in violazione di ben precisi doveri d’ufficio e, in particolare, del dovere di adempiere le pubbliche funzioni con disciplina ed onore, posto che il dovere di tutelare l’immagine ed il prestigio dell’Amministrazione deve essere considerato come valore di etica pubblica, previsto esplicitamente sia dalla normativa di settore che dal Codice di comportamento dei dipendenti della Pubblica Amministrazione.53

Allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile, oltre al danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, il danno non patrimoniale costituito – come danno c.d. conseguenza – dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente in cui si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell’agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica o dell’ente e, quindi, nell’agire dell’ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca.54

Il suddetto danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all’ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto”.55

Altra figura di pregiudizio erariale è rappresentata dal danno da disservizio che consiste nella sottrazione di energie lavorative dal servizio o comportamenti che incidono negativamente sul servizio stesso generando un danno da disservizio, cioè un’alterazione della normale efficienza ed efficacia del servizio, cioè uno stato disfunzionale dello stesso.56

Occorre fornire la prova in concreto di quali disagi, di quali disservizi, ritardi o malfunzionamenti siano dipesi dalla condotta del dipendente

Va, anche, accertato se la responsabilità contabile è preclusa dall’accordo transattivo tra l’Ente e il responsabile; in ragione dell’officialità, obbligatorietà ed irretrattabilità dell’azione di responsabilità amministrativo contabile, della quale né l’Amministrazione danneggiata né lo stesso P.M. contabile possono disporre, deve escludersi che l’azione stessa resti preclusa dall’eventuale accordo transattivo che sia intervenuto fra l’ente danneggiato ed il responsabile.57

L’interesse alla proposizione ed alla prosecuzione dell’azione di responsabilità amministrativa sarebbe suscettibile di venir meno, sì da rendere inammissibile e/o improcedibile la relativa domanda risarcitoria (cfr. art. 100 c.p.c.), solo a fronte dell’integrale ristoro, in favore dell’Amministrazione, dell’intero danno erariale, 58risultato che, peraltro, appare difficilmente compatibile con la funzione economico sociale della transazione, che postula, secondo la definizione di cui all’art. 1965, primo comma, cod. civ., la reciprocità delle concessioni, ossia lo “aliquid datum, aliquid retentum” .59

Deve, comunque, tenersi conto dei pagamenti effettuati in esecuzione della statuizioni civili della sentenza penale, nonché degli ulteriori pagamenti che, anche in futuro, fossero effettuati dai responsabili, al fine di evitare un’inammissibile duplicazione di esborsi.60


Domenico Chindemi

Consigliere della Corte di Cassazione

 

1 Cass. SS.UU. n. 22059/2007; per un excursus sulla responsabilità contabile, ex multis, C.Conti reg. Lazio, 12 gennaio 2010, n. 36, in Diritto & Giustizia 2010. Sui presupposti del danno erariale NASSIS, Il danno erariale: sviluppi sostanziali e processuali. In Nuova rass., 2010,1755. Sulle varie tipologia del danno da errore medico. E sul concorso di più responsabilità dell’evento dannoso, CHIAPPINIELLO, La responsabilità amministrativa del medico per danno all’erario, in Giust. Amm. 2008,313

2 Corte Conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, sent. n. 600 del 26.10.2009

3 Corte Conti reg. Lombardia, 27.4. 2009, n. 298

4 D’AURIA – LANCIA, La nuova funzione di controllo della Corte dei conti sui bilanci degli enti locali e delle aziende sanitarie (nota a Tar Marchew 14.11.2007,n.1885), in Foro it. 2008, 29.

5 Analizzano gli elementi caratterizzanti il giudizio di responsabilità amministrativa innanzi la Corte dei conti e, in particolare, la valutazione del grado della colpa nella giurisdizione contabile e il danno risarcibile nel giudizio contabile, DONNO – PASCUCCI, Sulle responsabilità professionali del medico e dell’ente ospedaliero, in Giur. mer., 2007, 3063

RAGO, Giudizio contabile: determinazione del danno conseguente a responsabilità del personale sanitario medico ed esercizio del c.d. potere riduttivo (nota a Corte Conti, sez. giur., 19/07/2005, n. 509, ROMA, 2005, 250. Si sofferma sui limiti alla discrezionalità medica nella prescrizione dei farmaci a carico del S.s.n., MINERVA, Sulla responsabilità da iperprescrittività dei farmaci e sulla giurisdizione della corte dei conti, ROMA, 2005, 249

6 Corte .Conti reg. reg. Trentino Alto Adige, 8.4. 2009, n. 32

7 CORTE CONTI SS.RR. 6/06/1990 n. 000671

8 Corte Conti, 15/02/1994, n. 44; in dottrina, RAGO, Giudizio contabile: determinazione del danno conseguente a responsabilità del personale sanitario medico ed esercizio del c.d. potere riduttivo, in Foro Toscano,2005,367

9 C. Conti reg. Lazio, 12 gennaio 2010, n. 36, in Diritto & Giustizia 2010

10 C. Conti sez. Lazio, 12 gennaio 2010, n. 36, in Diritto & Giustizia, 2010. Analizza la disciplina legislativa della responsabilita del  personale delle USL, SFRECOLA, L’ illecito amministrativo-contabile in materia sanitaria, in Nuovo dir., 1993,1.

11 Esamina due disposizioni in materia di responsabilità medica: l’art. 2236 c.c. e l’art. 23 d.p.r. n. 3/1957, verificandone le conseguenze in  relazione alla soglia minima di responsabilità dell’operatore sanitario ospedaliero, GRECO, La rilevanza civile ed amministrativo-contabile del danno da parto, in Nuova giur. civ. comm., 2001,55

12 La responsabilità contabile nel mondo sanitario è analizzata da CHIAPPINELLI, Sulla responsabilità dei medici convenzionati la giurisdizione spetta alla Corte dei conti, in Riv. Pen., 2007, 1193; BONORA, Sulla responsabilità amministrativa e contabile del medico per condotta negligente, in Nuova giur. civ. comm.,, 2008, 948 Sulla responsabilità contabile del medico convenzionato, VISCA, La responsabilità del medico convenzionato con il servizio sanitario dinanzi alla Corte dei conti (nota a Corte Conti, 21/12/1999, n. 922), in Rass. Dir. civ., 2000, 1

13 C. Conti, Sicilia, 15.12.2003, n. 259.

14 PAPIANO, La responsabilità amministrativa del medico: alla ricerca di un criterio per l’individuazione del nesso di causalità e della colpa grave, in San. pubbl. priv., 2009, 71.

15 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

16 Corte dei Conti Sezioni riunite 10/QM/2003)

17 Si soffermano sull’azione di azione di rivalsa dell’ente ospedaliero nei confronti del medico responsabile di un danno erariale, MARSEGLIA – VIOLA, Sulla responsabilità del medico, Ragiusan, 2007, 260

18 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

19 Corte Conti Sez. I^ Cont. n. 679/1986

20 C. Conti reg. Lazio, 12 gennaio 2010, n. 10

21 C. Conti reg. Lazio, 12 gennaio 2010, n. 10

22 Cfr. CORTE CONTI SS.RR. n. 114-A/1971

23 Corte Conti Sez. III^ Centr. App. n. 623/2005 Corte Conti, Sez. I^ centr. App. n. 387-/2002

24 Corte Conti reg. Lombardia, 2 dicembre 2009, n. 809; Corte. conti, sez. II, 2 novembre 1993, n. 256

25 Corte Conti reg. Liguria, 2.8.2009,n. 375; Sez. giurisd. Liguria n. 364 del 2006

26 Corte Conti,Sez. III centrale, 30 luglio 2002, n. 265

27 Corte Conti reg. Lombardia, 2 dicembre 2009, n. 809

28 Corte Conti reg. Calabria 11 giugno 2009, n. 283

29 Corte Conti reg. Umbria, 5.8.2009,n. 100;

30 Corte Conti reg. Puglia, 23.6. 2009, n. 492

31 BOCCIA NERI, Responsabilità amministrativa per l’esercizio di attività medica o paramedica senza il prescritto titolo di studio, in Nuovo dir., 2001, 1118

32 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

33 Cass. 3 luglio/13 agosto 2007, n. 196

34 Corte Conti reg. Umbria, 5.8.2009,n. 100; Corte Conti Sezione Umbria n. 44 del 2009; Sezione Terza d’Appello n. 143/2009

35 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

36 (Corte dei conti, SS.UU, 10/QM del 23 aprile 2003

37 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

38 Cass., S.U., 11 novembre 2008 nn. 26972, 26973, 26974 e 26975

39 Sui criteri risarcitori del danno non patrimoniale dopo le sentenza di San Martino, CHINDEMI. Danno patrimoniale e non patrimoniale, Rimini, 2011.

40 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

41 Corte dei Conti. Sez Lombardia, 27.4. 2009, n. 289.

42 C. Conti, sez. giur. Lombardia n. 1458 del 1998; C. Conti sez. giur. Umbria, n. 255 del 1998; C. Conti, sez. riun., 28.5.1999 n. 16/99/ C. Conti, sez. centr., 5.3.2002 n. 63; C. Conti, sez. centr. app., 6.3.2002 n. 69; Cass., sez. un., 25.10.1999 n. 744; Cass., sez. un., 4.4.1998 n. 98.

43 Corte dei Conti. Sez Lombardia, 27.4. 2009, n. 289.

44 C. Conti, sez. giur. Umbria, 10.2.1995 n. 20; C. Conti., sez. giur. Piemonte, 14.2.2000 n. 935; C. Conti., sez. giur. Piemonte, 19.4.2000 n. 1196; C. Conti., sez. I centrale, 22.1.2002 n.16/A; C. Conti., sez. I centrale, 11.2.2002 n. 45/A; C. Conti., sez. I centrale, 18.2.2002 n. 48/A; C. Conti, sez. I centrale, 25.3.2002 n. 96; C. Conti., sez. I centrale, 9.4.2002 n. 109/A; C. Conti., sez. giur. Lombardia, 6.12.2002 n. 1954; C. Conti, sez. Lombardia, 10 dicembre 2003 n. 1478).

45 Corte dei Conti. Sez Lombardia, 27.4. 2009, n. 289.

46 Corte dei Conti. Sez Lombardia, 27.4. 2009, n. 289.

47 Cfr Cass., sez. un., 27.9.2006 n. 20886, non seguito però da Cass., sez. III, 4 giugno 2007 n. 12929 confermata da Cass., 26 giugno 2007 n. 14776; id., sez. I, 10 gennaio 2008 n. 337 e da Corte Conti, sez. Lombardia 16.11. 2007 n. 545), Corte dei Conti. Sez Lombardia, 27.4. 2009, n. 289.

48 SS.RR della Corte dei conti, sent. n. 10/QM/2003

49 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

50 SS.RR della Corte dei conti, sent. n. 10/QM/2003

51 Cass., S.U., 11 novembre 2008 nn. 26972, 26973, 26974 e 26975

52 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

53 Corte Conti reg. reg. Veneto, 17 aprile 2009, n. 322

54 Cfr FRAIOLI, La responsabilità amministrativo-contabile di medici e farmacisti, in Sanità Pubbl. priv., 2008, 32

55 Cass., sez. un., 27.9.2006, n. 20886.

56 Corte Conti reg. Umbria, 5.8.2009,n. 100

57 Corte Conti reg. Puglia, 23.6. 2009, n. 492; Corte Conti Sez. I app. 09.04.2002 n°109, Corte Conti Sez.II app. 24.03.2005 n°108, Corte Conti Sez. giur. Lazio, 13.06. 2005 n°1130, Corte Conti Sez. I app. 06.11.2006 n°220, Corte Conti Sez. I app. 07.12.2006 n°251).

58 Corte Conti reg. Puglia, 23.6. 2009, n. 492; Corte Conti, . Lombardia 07.06.2004 n°806

59 Corte Conti reg. Puglia, 23.6. 2009, n. 492; Corte Conti Lombardia 27.09.2004 n°1166).

60 Corte Conti Sez. giur. Friuli V.G. 24.11.2007 n°759, Sez. I app. 13.03.2008 n° 137).