Gara di sci e omologazione della pista: responsabilità del Coni?

Margherita Pittalis, Gara di sci e omologazione della pista: responsabilità del Coni?, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2013, vol. 2, p. 749-759, ISSN: 0391-1896

 

Gara di sci e omologazione della pista:
responsabilità del Coni?

 

Sommario: 1. La sentenza in commento. – 2. Organizzazione di eventi sportivi: la posizione del Coni e delle federazioni sportive. – 3. Il criterio della natura pubblicistica o privatistica della attività delle Federazioni. – 4. Carattere pubblicistico della omologazione di una pista di gara e responsabilità del Coni.

  1. – La decisione della suprema Corte annotata (1) interviene in una fattispecie in cui, durante una gara sciistica di slalom gigante, organizzata da uno sci club su una pista resa disponibile dal relativo gestore ed omologata dalla F.I.S.I., decedeva uno sciatore, schiantatosi contro un albero posto al bordo del tracciato della pista in un punto in cui la stessa presentava un marcato restringimento determinato da un pilone della seggiovia a sinistra e, sulla destra, da tre piante.

Per il risarcimento degli asseriti danni subiti, in proprio nonché iure hereditatis, agivano la madre, vedova e convivente, e i due fratelli, coniugati e conviventi con le rispettive famiglie, convenendo in giudizio, avanti il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cavalese, il tracciatore del percorso di gara, il giudice arbitro, il Coni e la società gestrice della pista in cui si era svolta la competizione.

I convenuti contestavano la propria responsabilità. In particolare, la società gestrice della pista addossava la responsabilità allo sci club che aveva assunto l’organizzazione della competizione ed aveva materialmente incaricato il tracciatore – benchè collaboratore della gestrice – di delineare la pista. Il Coni, declinando qualsivoglia addebito in merito alla organizzazione della competizione, indicava come responsabile la F.I.S.I. che aveva materialmente provveduto all’omologazione della pista nell’esercizio della propria autonomia tecnica, di gestione ed organizzativa, come riconosciutale dalla l. n. 91 del 1981; addebitava inoltre il sinistro agli sci sciancrati utilizzati dallo sciatore, i quali, in caso di perdita di controllo, seguirebbero traiettorie imprevedibili; addebitava inoltre il sinistro alla società gestrice, che aveva posizionato un solo materassino antiurto, peraltro non prescritto nel documento di omologazione, a protezione di un tronco d’albero vicino ai tre esistenti sul luogo dell’incidente; addebitava inoltre il sinistro al tracciatore, collaboratore della società gestrice, il quale avrebbe potuto chiedere alla gestrice della pista di proteggere anche i residui due tronchi d’albero, allo sci club organizzatore, ed all’arbitro, che aveva il potere–dovere di controllare il tracciato di gara ed imporne i cambiamenti necessari per ragioni tecniche e di sicurezza.

Sia il Tribunale (2), che la Corte d’appello di Trento in seconda istanza (3), pur essendo stata la pista omologata avvalendosi della F.I.S.I., affermavano la responsabilità del Coni, avendo il medesimo l’obbligo, a norma dell’art. 3 della l. n. 426/1942, di coordinare e disciplinare l’attività sportiva da chiunque esercitata. In particolare, era avvenuto che la F.I.S.I., nell’esercizio delle proprie funzioni pubblicistiche delegatele dal C.O.N.I., aveva emanato un regolamento tecnico in merito alle singole competizioni ed ai requisiti di sicurezza delle piste, la cui conformità era stata come di regola accertata con il rilascio, da parte della stessa F.I.S.I., del provvedimento di omologazione della pista, che avrebbe efficacia, non soltanto per la singola gara, bensì per un certo periodo di tempo, e quindi, benché rilasciato dalla F.I.S.I., secondo le corti di merito sarebbe riferibile al Coni, che verrebbe quindi chiamato a rispondere per ogni irregolarità della pista in rapporto causale con gli incidenti eventualmente determinatisi.

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Nella fattispecie, poiché la gara non era amatoriale, avrebbero dovuto osservarsi le prescrizioni del regolamento F.I.S.I. in tema di sicurezza delle piste destinate alle gare di slalom gigante, alla stregua delle quali la pista non era omologabile poiché priva di prescrizioni volte ad eliminare situazioni di pericolo, ragion per cui si era verificato l’incidente mortale.

Il Coni ha proposto ricorso avanti la suprema Corte, allegando il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto l’omologazione della pista da sci da parte della F.I.S.I. doveva a suo dire riguardarsi quale attività di natura <<privatistica>>, facente capo alla sola federazione.

La suprema Corte, sulla scia di entrambe le pronunce di merito, ha confermato la responsabilità del C.O.N.I. per l’incidente mortale verificatosi a causa delle irregolarità della pista da sci, statuendo che <<l’art. 14, secondo comma, della legge 23 marzo 1981 n. 91, nel riconoscere alle federazioni sportive nazionali l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del Coni, si coordina con l’art. 3 della legge 16.2.1942 n. 426, che, nell’istituire tale ente, gli ha attribuito il potere di coordinare e disciplinare l’attività sportiva comunque e da chiunque esercitata. Ne consegue che l’omologazione di una pista da sci, provvedimento di abilitazione volto a consentire una determinata attività per il futuro e per un numero indeterminato di volte verificando la conformità di essa ai requisiti tecnici posti da norme regolamentari a tutela dell’integrità fisica dei partecipanti nell’espletamento di un’attività per sua natura pericolosa, rientra tra tali poteri>>.

2. – Il caso che ha dato origine alla sentenza della suprema Corte qui annotata, presenta, come si è visto, un incidente mortale verificatosi durante una competizione sciistica di slalom gigante, organizzata da uno sci club su una pista messagli a disposizione da una società gestrice di un comprensorio sciistico ed omologata dalla F.I.S.I., peraltro non convenuta in giudizio.

Nella specie, infatti, gli attori hanno evocato in causa, oltre allo sci club organizzatore, alla società gestrice del comprensorio e della pista, al tracciatore della stessa ed all’arbitro, anche il Coni, quale ente preposto al coordinamento ed alla disciplina dell’attività sportiva e quindi, secondo la prospettazione attorea, anche alla organizzazione della competizione sciistica in cui si era verificato il sinistro di cui trattasi; non hanno invece evocato in giudizio la F.I.S.I., che materialmente aveva provveduto alla omologazione della pista da sci.

La questione che quindi si pone, in via preliminare, è quella di esaminare se, ed in quali termini, il Coni possa assumere la veste di <<organizzatore>> di un evento sportivo, nella specie sciistico, e, secondariamente, quella di verificare quale sia il rapporto fra la sua eventuale responsabilità in caso di eventi lesivi verificatisi in corso di gara, nella specie ad un atleta, e la responsabilità della singola federazione sportiva di competenza, a seconda della particolare disciplina sportiva di volta in volta interessata dalla competizione.

A tali effetti, deve farsi riferimento a quella che tradizionalmente viene assunta quale nozione di <<organizzatore>> di eventi sportivi, identificato infatti nella persona fisica (ipotesi rara), la persona giuridica (S.p.A. od S.r.l.), l’associazione non riconosciuta ex artt. 36 ss. c.c. (ipotesi molto frequente, che ricomprende le c.d. <<società sportive>> soprattutto dilettantistiche) od il comitato, che promuove l’incontro di uno o più atleti, con lo scopo di raggiungere un risultato in una o più discipline sportive, indipendentemente dalla presenza o meno di spettatori (4). Contraddistinguono quindi la veste di organizzatore, la finalità di promozione della competizione ed il potere di controllo e di direzione della stessa.

In linea con tali criteri, è stata per lo più esclusa la responsabilità del Coni che patrocinasse semplicemente l’evento, senza esserne direttamente l’organizzatore (5); più in generale, la suprema Corte ha escluso la responsabilità del Coni, sul rilievo che esulerebbe dai suoi compiti la vigilanza sull’organizzazione concreta delle singole manifestazioni sportive. Al Coni sarebbe infatti attribuito dall’art. 3 della sua legge istitutiva, n. 426 del 16 febbraio 1942, abrogata dall’art. 19 d. lgs. 23 luglio 1999, n. 242, portante il <<Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano – C.O.N.I., a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59>> (c.d. decreto <<Melandri>>), e successive modifiche ed integrazioni di cui al d. lgs. 8 gennaio 2004, n. 15, un potere di regolamentazione e di controllo delle varie discipline sportive in generale, e non una funzione di diretta organizzazione delle stesse e della loro attività agonistica, che farebbe invece capo alla singola federazione di competenza (6).

Attualmente, fonti di detto potere sono essenzialmente, oltre il decreto Melandri, di cui sopra, che, in particolare, all’art. 2 dispone che il Coni <<cura l’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l’approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali>>, lo stesso statuto del Coni, adottato nella sua attuale versione dal Consiglio nazionale il 2 febbraio 2012, che all’art. 2 dispone, al comma 1°, che <<il CONI presiede, cura e coordina l’organizzazione delle attività sportive sul territorio nazionale>>, ed al comma 2°, che <<il CONI detta i principi fondamentali per la disciplina delle attività sportive e per la tutela della salute degli atleti, anche al fine di garantire il regolare e corretto svolgimento delle gare, delle competizioni e dei campionati>>.

Ben diversa è la posizione delle federazioni sportive nazionali di riferimento, le quali sono sempre titolari di dirette potestà ispettive sulle singole discipline e sulle singole competizioni, dalle quali discendono quindi profili di responsabilità.

Le federazioni sportive, infatti, pur facendo capo al Coni che ne è la Confederazione (art. 2, d. lgs. n. 242/1999) e quindi partecipando della natura pubblicistica dello stesso, godono anche di autonomia giuridica pur sotto la sua vigilanza, cosicché rispondono delle eventuali omissioni (anche solo per culpa in vigilando) nell’organizzazione delle singole gare sportive, che infatti rientra nelle loro competenze quale attività <<privatistica>>; di tal che, si è affermata, anche da parte della suprema Corte a sezioni unite, la natura <<mista>>, di diritto pubblico e di diritto privato delle federazioni sportive (7).

In merito ai poteri di vigilanza del Coni sulle federazioni sportive, si veda già la l. 16 febbraio 1942, n. 426, ma anche la l. 23 marzo 1981, n. 91, che ha parzialmente modificato i rapporti fra Coni e federazioni, ed il cui art. 14, comma 2°, espressamente riconosceva alle federazioni <<autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto il controllo del C.O.N.I.>>, nonché, da ultimo, il già ricordato d. lgs. 23 luglio 1999, n. 242 e successive modifiche ed integrazioni, che all’art. 19 ha abrogato sia la l. n. 426/1942, che l’art. 14, l. n. 91/1981, ed all’art. 15, comma 2°, ha attribuito personalità giuridica di diritto privato alle federazioni, le quali, peraltro, pur senza rivestire più sempre in forza di tale normativa la natura di <<organi>> del Coni, continuano ad essere soggette, sotto molteplici aspetti, al controllo dello stesso.

Tale assetto si evince da diverse disposizioni del citato decreto, fra le quali: l’art. 5, comma 1°, che attribuisce al Consiglio nazionale il compito di disciplinare e coordinare l’attività sportiva nazionale, armonizzando a tal fine l’azione delle federazioni; l’art. 5, comma 2°, che impone alle federazioni di conformare i propri statuti ai principi fondamentali stabiliti dal Consiglio nazionale allo scopo del riconoscimento ai fini sportivi e prevede che lo stesso Consiglio nazionale, su proposta della giunta nazionale, ha il potere di deliberare il commissariamento delle federazioni in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell’ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi; l’art. 7, comma 2°, che attribuisce alla giunta il potere di controllo sulle federazioni in merito al regolare svolgimento delle competizioni, alla preparazione olimpica e all’attività sportiva di alto livello e all’utilizzo dei contributi finanziari; l’art. 15, comma 1°, che richiede alle federazioni stesse di svolgere la loro attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del C.I.O., delle federazioni internazionali e del Coni, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività individuate dallo statuto del Coni (8).

Su tutti gli aspetti qui esaminati, si richiama inoltre l’attuale art. 20, comma 4°, statuto del Coni, che riproduce nella sostanza il disposto dell’abrogato art. 14, comma 2°, l. n. 91/1981, stabilendo che <<Nell’ambito dell’ordinamento sportivo alle Federazioni Sportive Nazionali è riconosciuta l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI>> (9).

3. Dai casi presentatisi e dall’evoluzione del panorama normativo, come sin qui ripercorsa, già in epoca precedente l’emanazione della pronuncia della suprema Corte in commento si era ritenuto in dottrina di poter evincere un possibile criterio da adottare agli effetti dell’attribuzione della responsabilità anche al Coni od alle sole federazioni sportive, facente leva sulla <<doppia natura>> giuridica di queste ultime, che porterebbe ad affermare la responsabilità del Coni ogniqualvolta l’attività svolta nel caso concreto dalla singola federazione abbia valenza pubblicistica, ed invece la responsabilità della sola federazione per l’attività rientrante nell’autonomia tecnico-organizzativa di natura privata della stessa.

Il discrimine dovrebbe quindi rinvenirsi fra il perseguimento, da parte delle federazioni, dei fini istituzionali propri del Coni, e l’assolvimento invece, da parte delle medesime, delle proprie autonome finalità privatistiche.

Sul primo tipo di attività, infatti, il Coni avrebbe certamente un pieno potere di controllo, e quindi la relativa responsabilità, mentre sull’attività di natura privatistica non avrebbe poteri di direzione, e quindi sarebbe la singola federazione a risponderne in proprio (10).

A séguito del riordino attuato a mezzo del d. lgs. 23 luglio 1999, n. 242 e successive modifiche ed integrazioni, quindi, venuto formalmente meno il rapporto organico fra federazioni e Coni, quest’ultimo potrà essere coinvolto soltanto in relazione a quelle attività delle federazioni espressamente qualificate come <<a valenza pubblicistica>> dall’art. 23, comma 1°, del suo statuto, ed unicamente laddove, nel caso concreto, dovessero emergere specifiche negligenze nello svolgimento dei suoi compiti di vigilanza.

A tal riguardo, l’art. 23, comma 1°, statuto Coni, attribuisce valenza pubblicistica esclusivamente alle attività delle federazioni sportive nazionali relative <<all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping>>; nonché alle attività relative <<alla preparazione olimpica e all’alto livello della formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici >>. Ma è opportuno ricordare anche quanto stabilito dal successivo comma 1-bis, ai sensi del quale <<nell’esercizio delle attività a valenza pubblicistica, di cui al comma 1, le Federazioni sportive nazionali, si conformano agli indirizzi e ai controlli del C.O.N.I. ed operano secondo principi di imparzialità e trasparenza. La valenza pubblicistica dell’attività non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse>>; disposizione, quest’ultima, introdotta con deliberazione del 26 febbraio 2008, alla luce della quale vi è chi ritiene che oggi la tesi della natura <<mista>> delle federazioni dovrebbe essere rimeditata, e che dovrebbe affermarsi la natura privatistica delle Federazioni anche con riguardo alle attività a valenza pubblicistica dalle stesse svolte (11).

La decisione della suprema Corte, qui commentata, fa proprio il suddetto condivisibile criterio, basato sulla distinzione fra attività pubblicistica ed attività privatistica svolta dalle federazioni. Ed infatti, pur senza fare leva come invece erroneamente le argomentazioni difensive apportate dal Coni ricorrente sulla natura giuridica delle federazioni quali <<organi>> del Coni, quando assolvano funzioni di tipo pubblicistico, secondo la configurazione che l’abrogata l. n. 426 del 1942 attribuiva alle federazioni, la suprema Corte richiama pur sempre l’art. 3 di detta legge ed il parimenti abrogato art. 14 della l. n. 91 del 1981, per suffragare la tesi fatta propria dalle decisioni di merito dei due precedenti gradi di giudizio, vale a dire l’operatività del criterio della natura pubblicistica ovvero privatistica dell’attività svolta dalle federazioni, delle quali la prima soltanto responsabilizzerebbe potenzialmente anche il Coni, chiamato ad esercitare in tale àmbito i propri poteri direttivi e di controllo delle competizioni in generale, attualmente riconducibili, come sopra si è ricordato, all’art. 2 del decreto Melandri (d. lgs. n. 242/1999 e successive modifiche ed integrazioni), ed allo stesso statuto Coni, con particolare riguardo all’art. 2.

Agli effetti di avvalorare tale criterio distintivo, sul quale fondare l’eventuale responsabilità del Coni in caso di infortuni occorsi durante le competizioni sportive, non sussiste infatti alcuna necessità di invocare la abrogata natura delle federazioni quali <<organi>> del Coni, in quanto la valenza pubblicistica o meno dell’attività dalle stesse svolta deriva o da ben precise disposizioni che detta attività così qualificano (v. in particolare, l’art. 23, statuto Coni), ovvero da interpretazioni che, muovendo dalle attività espressamente previste come pubblicistiche e dai criteri a tale previsione sottesi, portino ad attribuire natura pubblicistica alla singola attività in concreto esaminata, nella specie appunto quella di omologazione dei campi e delle piste adibiti alle competizioni (12).

Si tratterà quindi nel paragrafo che segue la qualificabilità dell’omologazione di una pista di gara, nella specie sciistica, come attività di natura privatistica, in quanto tale involgente profili di responsabilità della sola federazione con riguardo alla organizzazione della singola competizione, ovvero di natura pubblicistica, esercitata dalla federazione, in un certo senso, quale <<emanazione>> del Coni e nell’àmbito delle funzioni di direzione e controllo di quest’ultimo relativamente alle competizioni sportive in generale, tale, in questo caso, da dar luogo alla responsabilità del Coni stesso.

4. – Circa la natura da riconoscersi all’attività di omologazione di un campo o di una pista di gara, non si rinvengono criteri normativi, cosicché occorre aver riguardo ai casi presentatisi all’esame dei giudici ed ai princìpi dagli stessi applicati.

I rari precedenti sui quali la giurisprudenza ha avuto occasione di pronunciarsi hanno riguardato l’omologazione di un campo di pallacanestro (13), e per l’appunto quella di una pista da sci.

A tal riguardo, la suprema Corte aveva già negato la responsabilità della F.I.S.I. per l’omologazione di una pista da sci non conforme alle prescrizioni tecniche, della quale risponderebbe invece direttamente il Coni; e ciò, proprio perchè la pista verrebbe collaudata dalla F.I.S.I. per cinque anni, e quindi a prescindere dalla singola competizione (14). Tale circostanza porterebbe, sempre ad avviso della richiamata decisione di legittimità, a ricondurre l’omologazione stessa nell’àmbito delle funzioni pubblicistiche demandate alle federazioni e da perseguire sotto il controllo del Coni.

Da notarsi, peraltro, come il precedente de quo sia stato emesso anteriormente al decreto Melandri, e cioè quando ancora le federazioni erano organi del Coni; in forza poi dell’acquisto della personalità giuridica previsto da detto decreto, essendo divenute le federazioni sportive autonomi centri di imputazione giuridica, difficilmente ora se ne potrà mettere in discussione la legittimazione passiva ogniqualvolta un atleta riporti danni a causa del mancato rispetto delle norme regolamentari che presiedono all’omologazione della pista, anche per il fatto che l’omologazione oggi come ieri ha luogo proprio grazie all’esclusivo apporto dei tecnici federali (15).

A tal riguardo, con riferimento alla più recente sentenza della suprema Corte in tema di omologazione di una pista sciistica, oggetto del presente commento, la circostanza che la responsabilità della F.I.S.I. non sia stata affermata, si spiega per il fatto che la stessa non è stata evocata in giudizio dagli attori, mentre è stata affermata dai giudici di merito e dalla suprema Corte la responsabilità del Coni convenuto, in quanto <<sia l’emanazione del regolamento, sia l’accertamento ed il controllo della regolarità della pista, con il conseguente rilascio della apposita certificazione, sono attività della FISI coincidenti con gli interessi generali perseguiti dal C.O.N.I. organizzare e potenziare lo sport nazionale (art. 2 legge 426/1942) […] che deve controllare ogni organismo che esercita attività sportiva […]>>.

In particolare, ad avviso della decisione qui annotata, il Coni manterrebbe poteri di coordinamento e di disciplina in relazione all’attività sportiva comunque e da chiunque esercitata; e ciò, argomentando dal combinato disposto di due norme entrambe abrogate dall’art. 19 del decreto Melandri, e cioè l’art. 14, comma 2°. L. n. 91/1981, e l’art. 3, l. n. 426/1942.

L’assunto, invero discutibile quanto al suo fondamento normativo, appare invece condivisibile quanto alla motivazione e al decisum.

Se infatti si ha riguardo alle attività previste come pubblicistiche dall’art. 23, comma 1°, statuto Coni, sembra di poter inferire che la ratio sottesa alla attribuita connotazione pubblicistica sia quella della valenza in un certo senso <<istituzionale>> di quanto venga disposto dal Coni in attuazione delle specifiche competenze ivi attribuite. Valenza che emerge altresì dalle vigenti disposizioni del decreto Melandri del 1999, sopra richiamate (16), che ben avrebbero potuto fondare il decisum della Corte in luogo delle due disposizioni abrogate.

Ed è certamente in linea con i compiti di carattere istituzionale del Coni, il carattere in un certo senso <<stabile>> della omologazione di una pista di sci, provvedimento diretto infatti a consentire lo svolgimento di gare per un numero indeterminato di volte nell’arco di un quinquennio. Cosicchè, l’efficacia per così dire <<ultrattiva>> della omologazione rispetto all’espletamento della singola gara, rievocherebbe la ratio delle attività pubblicistiche demandate al Coni e la connoterebbe di natura istituzionale, responsabilizzando così il Coni stesso in caso di infortuni.

Ciò è appunto quanto afferma la decisione della Suprema Corte in commento, per cui <<l’attività svolta dalla FISI, di cui si discute nella presente causa [vale a dire l’attività di omologazione della pista da sci], non attiene alla organizzazione di una singola gara, onde non può essere invocato il principio – S.U. 7640/1995 – secondo cui il CONI non ha alcuna competenza nella organizzazione delle singole gare sportive, certamente rientranti nella autonomia tecnico-organizzativa delle federazioni […]>>.

Recepito così (17) il criterio circa la natura pubblicistica dell’omologazione di una pista da sci, dunque, la sentenza di legittimità ha – condivisibilmente – confermato le decisioni di merito che avevano affermato la responsabilità del Coni per il rilascio da parte della F.I.S.I., ma nell’esplicazione delle funzioni pubblicistiche promananti dal medesimo <<di un attestato di conformità della pista da sci ai regolamenti tecnici federali benchè, invece, per mancanza del rispetto delle prescrizioni regolamentari innanzi evidenziate dalla Corte di merito, non fosse omologabile o quanto meno nel relativo certificato dovessero essere prescritte concrete regole e cautele idonee a prevenire il prevedibile incidente verificatosi, di cui è responsabile detto ente (Cass. 6400/1999)>>.

Alla legittimazione passiva del Coni si affianca naturalmente, come sopra evidenziato, anche quella della F.I.S.I., preposta infatti alla redazione delle regole tecniche in tema di omologazione delle piste da sci ed al materiale rilascio del relativo provvedimento, nonché tenuta ad indicare nello stesso le cautele più idonee nel caso concreto a scongiurare eventi lesivi (18).

Margherita Pittalis

Associato nell’Università di Bologna

1() Cass., 18 agosto 2011, n. 17343, in Mass. Giust. civ., 2011, 7-8, p. 1172, nonché per esteso in DeJure.

2() Trib. Trento, sez. dist. Cavalese, 3 marzo 2005, inedita, inserita nel cd-rom allegato al volume La responsabilità sciistica. Analisi Giurisprudenziale e prospettive della comparazione, a cura di Izzo e Pascuzzi, Torino, 2006.

3() App. Trento, 26 giugno 2006, inedita.

4() Al riguardo, si fa infatti riferimento alla definizione, comunemente condivisa, di Dini, L’organizzatore e le competizioni: limiti alla responsabilità, in Riv. dir. sport., 1971, p. 416.

5() Cass., 10 febbraio 2003, n. 1948, in Foro. it., 2003, I, c. 1439.

6() In tal senso, Cass., s. u., 12 luglio 1995, n. 7640, in Riv. dir. sport., 1996, p. 75, con note di Carra e Fontana: trattasi del leading case affacciatosi sul punto, in un caso in cui l’atleta, inviato dalla Federazione italiana pentathlon moderno ad una competizione internazionale senza un’adeguata preparazione, era caduto nel corso della gara di equitazione a causa del rifiuto del cavallo di saltare l’ostacolo, ed aveva riportato gravissime lesioni. Ma per l’affermazione secondo cui al Coni <<in nessun caso potrebbe dirsi attribuita anche la qualifica di organizzatore delle manifestazioni sportive>>, si v. già Cass., 16 gennaio 1985, n. 97, in Giur. it., 1985, I, 1, c. 1226. Nel senso che la organizzazione delle singole gare e della relativa attività agonistica farebbe invece capo alla singola federazione di competenza, la stessa Cass., s u., 12 luglio 1995, n. 7640, cit.

7() Circa la natura <<mista>>, di diritto pubblico e di diritto privato, delle federazioni sportive, già affermata dalle sezioni unite prima dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 242/1999 (Cass., s.u., 9 maggio 1986, n. 3092, in Foro it., 1986, I, c. 1254; Cass., s.u., 9 maggio 1986, n. 3091, ivi, c. 1259), la giurisprudenza è oggi pacifica, alla luce delle disposizioni di detto decreto: sul punto, si v., fra le altre, Cass., s.u., 23 marzo 2004, n. 5775, in Giust. civ., 2005, I, p. 1625, con nota di Vidiri.

8() Per una sintetica rassegna delle diverse fonti normative che nel corso del tempo hanno interessato il Coni, si v. Frattarolo, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, 2ª ed., Milano, 2005, p. 1 ss.; si segnala inoltre F. Romano, L’organizzazione dell’attività sportiva, in Manuale di diritto dello sport, a cura di Di Nella, Napoli, 2010, p. 99 ss., per un’accurata disamina delle funzioni del Comitato, del funzionamento e dei compiti dei suoi organi e dei suoi rapporti con la Coni Servizi S.p.A., cui sono state attribuite funzioni strumentali e gestorie volte al conseguimento degli obiettivi ed al soddisfacimento delle finalità istituzionali dell’Ente. Sulla tematica si richiama inoltre Sanino-Verde, Il diritto sportivo, 2ª ed., Padova, 2008, p. 51 ss.

9() Su tutti i profili dei rapporti fra le competenze del Coni e quelle delle federazioni, si vedano Pittalis, La responsabilità contrattuale ed aquiliana dell’organizzatore di eventi sportivi, in Contr. e impr., 2011, p. 150 ss., spec., p. 155, che fa richiamo altresì a F. Romano, L’organizzazione dell’attività sportiva, cit., p. 113 ss.; Napolitano, Il <<riordino>> del Coni, in Profili evolutivi del diritto dello sport, Napoli, 2001, pp. 19-20.

10() In tal senso, Grassani, La responsabilità risarcitoria delle federazioni sportive in caso di incidente o infortunio dell’atleta, in Riv. dir. econ. sport, 2006, p. 32.

11() F. Romano, L’organizzazione dell’attività sportiva, cit., pp. 117-118; v. inoltre, con riguardo alla tematica, Di Nella, Le federazioni sportive nazionali dopo la riforma, in Profili evolutivi del diritto dello sport, Napoli, 2001, p. 122, che definisce le Federazioni quali <<enti privati di interesse pubblico>>.

12() Con specifico riguardo all’attività di omologazione delle piste svolta dalla F.I.S.I., si v. Campione, Attività sciistica e responsabilità civile, cit., pp. 376-377, il quale ritiene che il venire meno del rapporto organico con le federazioni non sia, di per sé, sufficiente ad escludere la concorrente responsabilità del Coni per i danni eventualmente derivati agli atleti. Tale conclusione viene giustificata alla luce dei già ricordati compiti di coordinamento e di controllo sulle federazioni che, a tutt’oggi, il Comitato svolge e specialmente alla luce di quanto prescritto dall’art. 7, comma 2°, lett. e) d. lgs. n. 242/1999, che attribuisce alla giunta del Coni. il potere di controllo sulle federazioni <<in merito al regolare svolgimento delle competizioni>> e dall’art. 23 statuto Coni, che fa rientrare nei compiti a valenza pubblicistica attribuiti alle federazioni il <<controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni>>: ed infatti, secondo l’a. citato, l’omologazione della pista potrebbe farsi rientrare proprio nell’àmbito dei controlli inerenti alla regolarità delle gare, deputati alla federazione, che, in tali competenze, è tuttavia soggetta ai poteri di controllo del Comitato di vertice, del quale potrebbe quindi parimenti prefigurarsi la responsabilità. Per un accenno in questo senso, sia pur in termini più generali, si v. anche Agostinis, Brevi note in materia di responsabilità dell’organizzatore di competizioni sportive e della Federazione per gli infortuni subiti dagli atleti, in Rass. dir. econ. sport, 2010, pp. 180-181. La tesi trova conforto nella decisione di Trib. Trento, sez. dist. Cavalese, 3 marzo 2005, cit., poi confermata in grado di appello ed altresì in sede di legittimità dalla pronuncia di Cass., 18 agosto 2011, n. 17343 qui annotata, che ha addossato al Coni la responsabilità per vizi di una pista da sci omologata dalla F.I.S.I., peraltro non evocata in giudizio; oltre al Coni, sono stati condannati l’ente Funivie, gestore del comprensorio sciistico, il giudice arbitro della gara (nella specie, nominato dalla F.I.S.I.) ed il <<tracciatore>>, e ciò ai sensi degli artt. 2043, 2049 e 2055 c.c.. Nel senso che l’omologazione da parte della federazione sportiva non esclude la responsabilità dell’organizzatore, comunque tenuto a provvedere alla regolare manutenzione degli impianti in linea con la situazione esistente al momento dell’omologazione, si v. nuovamente Dini, L’organizzatore, cit., p. 426 ss.; ed ancora, sul punto che compete all’organizzatore preoccuparsi di segnalare adeguatamente il tracciato di gara e di apprestare le dovute misure per un tempestivo ed adeguato soccorso agli atleti, Bertini, La responsabilità sportiva, cit., p. 129 ss.

13() Trib. Milano, 23 febbraio 2009, n. 2430, in Rass. dir. econ. sport, 2010, p. 160, con nota di Agostinis, che ha riconosciuto la responsabilità ex art. 2043 c.c. del gruppo sportivo dell’atleta e della federazione sportiva nazionale di riferimento, in una fattispecie in cui un atleta, giocando veementemente, aveva urtato contro la porta a vetri dello spogliatoio, sfondandola e procurandosi ferite da taglio multiple agli arti superiori, e ciò, sul rilievo che la federazione avrebbe la indiscussa titolarità dell’attività di controllo, che si esplica attraverso l’omologazione del campo da gioco secondo il regolamento esecutivo.

14() Cass., 23 giugno 1999, n. 6400, in Riv. dir. sport., 2000, p. 521, con nota di Lambo.

15() La circostanza che la decisione della suprema Corte n. 17343/2011, di cui al presente commento, si esprima nello stesso senso del precedente di legittimità appena menzionato, comprova come, agli effetti della qualificazione dell’omologazione come attività pubblicistica ovvero privatistica delle federazioni, sia del tutto indifferente la qualificazione delle stesse come organi del Coni, venuta meno in forza del decreto Melandri, di poco successivo alla sentenza n. 6400/1999, di cui si è detto.

16() Oltre all’art. 2, che ha riservato al Coni funzioni di carattere generale relative all’organizzazione delle competizioni sportive, si rivedano l’art. 5, comma 1° e 2°; art. 7, comma 2°, art. 15, comma 1°.

17() In linea con la precedente Cass., n. 6400/1999, cit.

18() Del medesimo criterio distintivo, facente leva sull’efficacia dell’omologazione per la singola gara ovvero per una serie indeterminata di partite, ha verosimilmente fatto applicazione anche il precedente cui si è fatto cenno sopra, in tema di campo di basket, in cui la responsabilità per il grave infortunio verificatosi è stata addossata alla federazione sportiva nazionale di riferimento che aveva omologato il campo da gioco in funzione dello svolgimento di una competizione specifica, sul rilievo che la stessa sarebbe titolare dell’attività ispettiva e di controllo in merito alla singola partita.