Anche il Tribunale di Torino afferma la natura oggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali

Andrea Perini, Anche il Tribunale di Torino afferma la natura oggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali, in Fisco, 2003, 45 – parte 1, 7082 (nota a Trib. Torino, 03 giugno 2003)

Anche il Tribunale di Torino afferma la natura oggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali

Con l’importante pronuncia in esame, anche il Tribunale di Torino – dopo la sentenza del Gip di Pordenone (1) – accoglie la tesi della valenza oggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dalla “Legge finanziaria 2003” (L. n. 289/2002, così come modificata dalla L. n. 27/2003).

Si tratta, invero, di una pronuncia di particolare rilievo in quanto intervenuta prima che il legislatore provvedesse a disciplinare espressamente il tema in questione attraverso il comma 2-septies dell’art. 1 della L. 1° agosto 2003, n. 212, disposizione che sostanzialmente attribuisce natura normativa proprio alla tesi già fatta propria sia dai giudici di Pordenone che di Torino.

Il tema, invero, si presentava di soluzione alquanto complessa, affondando le proprie radici in un vuoto normativo presente (in allora) nella disciplina dei condoni fiscali e concernente la possibilità di ritenere o meno le causa di esclusione della punibilità ivi contemplate suscettibili di estendersi agli eventuali concorrenti nel reato.

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Più in particolare, la questione sottoposta al Gip di Torino riguardava precipuamente la natura oggettiva o soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dall’art. 9 della “Finanziaria” (forse meglio conosciuto come “condono tombale”) e dall’art. 15(2): un problema particolarmente vivo, innescato dall’ambiguità dell’originario dato normativo ed al quale la dottrina non aveva mancato di dare risposte differenti (3).

Infatti, l’unica indicazione utile che il legislatore aveva ritenuto di fornire all’interprete sembrava desumibile dal solo art. 8, comma 8, della “Finanziaria”, laddove è previsto che “gli effetti di cui ai commi 6 e 7 si estendono anche nei confronti dei soggetti diversi dal dichiarante se considerati possessori effettivi dei maggiori imponibili”.

In sostanza, con tale disposto la “non punibilità” viene estesa ai concorrenti in un caso paradigmatico di compartecipazione criminosa, nel quale un soggetto si presta a fungere da intestatario fittizio di determinati redditi che, in realtà, entrano nella disponibilità di soggetti differenti.

Si tratta, tuttavia, di una previsione confinata nell’ambito dell’art. 8 e rispetto alla quale sembrava difficile operare quel ragionamento analogico che avrebbe consentito, una volta trovato il bandolo della matassa in uno degli istituti in esame, di estenderne la portata anche alle altre forme di sanatoria, disciplinate dagli artt. 9 e 15 e prese in esame dal Gip di Torino. E ciò in quanto è noto come sia generalmente respinta la possibilità di estendere in via analogica cause sopravvenute di esclusione della punibilità in quanto si tratterebbe di norme aventi natura eccezionale e, dunque, sottoposte al vincolo dettato dall’art. 14 delle “preleggi”. Constatazione che, invero, appare assai calzante a provvedimenti quali i condoni fiscali, la cui natura eccezionale appare assai difficile da negare.

Un tale rilievo, piuttosto, poteva schiudere le porte ad argomentazioni a contrariis che, dalla constatata necessità di prevedere espressamente l’estensione ai concorrenti degli effetti ablativi scaturenti dal condono previsto dall’art. 8, potevano indurre a ritenere l’opposta valenza soggettiva degli altri istituti (4).

Dunque, la questione sembrava destinata a rimanere aperta proprio con riferimento agli istituti disciplinati dagli artt. 9 e 15, rispetto ai quali la soluzione del problema doveva essere ricercata nei principi generali. Sennonché, anche a livello generale, il tema si presentava di soluzione tutt’altro che piana, non essendo chiaro se la previsione di cause di esclusione della punibilità quali quelle introdotte dalla “Finanziaria” dovesse cadere nella sfera applicativa dell’art. 182 del codice penale piuttosto che dell’art. 119 del codice penale. Norme che – per giunta – appaiono di interpretazione (specie l’art. 119 del codice penale) tutt’altro che univoca.

Rinviando ad altro contributo l’esame più approfondito di ambedue le possibili soluzioni ermeneutiche (5), in questa sede preme solamente evidenziare come il Gip di Torino abbia ritenuto che tanto l’art. 182 del codice penale quanto l’art. 119 del codice penale sembrino inclinare verso l’attribuzione di una valenza meramente soggettiva alla causa di esclusione della punibilità in esame. E tale constatazione non può che essere condivisa, atteso sia il tenore letterale dell’art. 182 del codice penale che l’interpretazione dell’art. 119 del codice penale recentemente operata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (6).

Nondimeno, ed è questa la parte davvero cruciale della pronuncia, una tale conclusione è ritenuta confliggente con i principi costituzionali laddove non consentirebbe, a condotte connotate da analogo disvalore, di fruire degli stessi benefici ablativi previsti dal condono fiscale.

Il canone ermeneutico che sorregge l’intera costruzione è così desunto da una sentenza della Corte Costituzionale (7), la quale era intervenuta proprio in materia di “amnistia tributaria” per sancirne la valenza oggettiva (quindi in deroga all’art. 182 del codice penale) sull’assunto che “occorra pur sempre, nell’interpretare le norme relative (all’amnistia, n.d.A.), muovere dal presupposto che il legislatore abbia voluto escludere sperequazioni normative fra attività criminose omogenee che non troverebbero alcuna plausibile giustificazione” (8).

E proprio tale canone ermeneutico sarebbe stato comunque applicabile anche alla novella disciplina dei condoni fiscali, consentendo di prevenire quelle rilevantissime disparità di trattamento che si affacciavano allorquando ci si accingeva ad applicare ” le cause di esclusione della punibilità in questione. Basti pensare all’amministratore che fosse stato sostituito dopo aver commesso fatti di reato “condonabili”: anche se l’amministratore attuale avesse aderito al condono, il “condonante” di oggi non sarebbe stato il “reo” di ieri. Dunque, nessuna operatività della causa di esclusione della punibilità.

Inoltre, anche in ipotesi di coincidenza tra reo ed amministratore che sottoscrive il condono, che ne sarebbe stato degli altri concorrenti nel reato? Basti pensare agli altri componenti del consiglio di amministrazione, al collegio sindacale, ad un eventuale amministratore di fatto o ad un consulente esterno, rispetto al quale non sussiste neppure un legame di tipo funzionale con il contribuente (9). L’adesione ad una rigorosa ricostruzione in chiave soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dagli artt. 9 e 15 della Finanziaria avrebbe dovuto condurre all’affermazione di responsabilità penale in capo a tutti questi soggetti, indipendentemente dall’avvenuto perfezionamento del condono fiscale.

E si noti come, anche volendo attribuire un significato particolarmente ampio alla nozione di “soggetto che perfeziona il condono” capace di abbracciare tutti coloro che rivestono una qualche carica all’interno della società contribuente, sarebbe pur sempre rimasta esclusa la figura del consulente esterno alla società, il quale avrebbe così assunto i connotati del concorrente sempre e comunque escluso dall'”ombrello penale” offerto dai condoni fiscali contemplati dagli artt. 9 e 15.

E, non a caso, è proprio questo il caso posto all’attenzione del Gip di Torino, il quale prende atto di come la disciplina introdotta dal legislatore, laddove fosse stata interpretata in chiave strettamente soggettiva, avrebbe rischiato di elidere la responsabilità penale in dipendenza di fattori tutto sommato aleatori, quali la permanenza o meno alla guida della società.

Vero ciò, la pronuncia in esame merita di essere segnalata proprio per la lucida presa di posizione del giudice torinese, il quale sfugge dall’impasse nella quale conduceva una ricostruzione in chiave soggettiva dei condoni per riconoscere la natura oggettiva di tutte le cause di esclusione della punibilità previste dalla “Legge Finanziaria 2003”. In sostanza, si ribadisce l’orientamento inaugurato dal Tribunale di Pordenone (10) arricchendolo, tuttavia, di una motivazione che pare ancora più precisa ed approfondita.

Un’ultima sottolineatura merita la peculiarità del caso oggetto della pronuncia in quanto capace di sottoporre alla massima tensione la tesi “oggettivistica”. Si trattava, infatti, di un condono perfezionato dall’amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale ex art. 2409 del codice civile, attingendo a “sostanze” provenienti da conti personali dell’amministratore di fatto della società: si noti, quindi, l’estraneità – alla vicenda – dell’amministratore di diritto della società stessa.

Un autentico “caso limite”, quindi, nel quale un’adesione rigorosa alla tesi “soggettiva” avrebbe comportato l’impossibilità di fruire dei profili perdonistici della Finanziaria certamente in capo al consulente extraneus ma – si badi – probabilmente anche nei confronti degli altri soggetti coinvolti, atteso che “autore” del condono in capo alla società era (e non poteva che essere) l’amministratore giudiziario.

Una volta tanto, il legislatore non sembra essere rimasto sordo ai richiami della giurisprudenza e della dottrina ma – come si diceva – alla fine di luglio ha finalmente risolto la questione, riconoscendo expressis verbis che tutte le cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali “si intendono nel senso che la esclusione della punibilità opera nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i reati ivi indicati anche quando le procedure di sanatoria … riguardano contribuenti diversi dalle persone fisiche e da questi sono perfezionate”.

Infine, quindi, ha prevalso – a livello normativo – la ragionevole tesi dell’efficacia oggettiva dei condoni fiscali già condivisa dalla giurisprudenza, ricostruzione certamente in linea con i principi costituzionali ma, forse, non priva di qualche motivo di insoddisfazione sul piano della politica criminale, attesa la possibilità – come nel caso di specie – che taluni concorrenti si vedano cancellata del tutto “gratuitamente” la punibilità grazie al condono perfezionato dagli altri compartecipi.


(1) Trib. Pordenone, Gip, 15 maggio 2003, in “il fisco” n. 22/2003, fascicolo n. 1, pag. 3505, con commento di A. Rossi.

(2) In argomento, sia consentito rinviare a Perini, Profili penali dei condoni fiscali previsti dalla “Finanziaria 2003, in “Rassegna Tributaria” n. 2/2003, pagg. 558 e seguenti, ove ulteriori riferimenti.

(3) Cfr., per la valenza oggettiva, Izzo, Integrativa semplice e condono tombale. Effetti penali e valenza oggettiva, in “il fisco” n. 7/2003, fascicolo n. 1, pag. 1063; Perini, Considerazioni sulla natura oggettiva o soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali, in “Rassegna Tributaria” n. 3/2003, pag. 937, seppure problematicamente; Rossi, Condono 2003. Non punibili tutti i concorrenti nel reato, in “il fisco” n. 14/2003, fascicolo n. 1, pagg. 2147 e seguenti. Per la valenza soggettiva, cfr. Napoli, L’estensione al consulente fiscale della non punibilità del cliente ex L. n. 289/2002. Profili problematici, in “il fisco” n. 21/2003, fascicolo n. 1, pag. 3320.
Soluzione diversificata (efficacia oggettiva per il solo art. 8) in Santoriello, 
Brevi note in tema di efficacia oggettiva o soggettiva delle ipotesi di condono fiscale, in “il fisco” n. 22/2003, fascicolo n. 1, pag. 3500.
4 Ci si limita a far rinvio, per tutti, a Romano-Grasso-Padovani, 
Commentario sistematico del codice penale, vol. III, artt. 150-240, Milano, 1994, pag. 11.

(4) Approfondimenti, su tale aspetto, in Perini, Tra imprecisione del legislatore ed allocazione arbitraria della punibilitàcit.; Santoriello, Brevi note in tema di efficacia oggettiva o soggettiva, cit., pag. 3502.

(5) Sia permesso fare ancora riferimento a Perini, Tra imprecisione del legislatore ed allocazione arbitraria della punibilità, cit.

(6) Cass., SS.UU. pen., 30 ottobre 2002, in “Cass. pen.”, 2003, pagg. 43 e seguenti.

(7) Corte Cost., n. 19 del 12-19 gennaio 1995, in “il fisco” n. 6/1995, pag. 1390, con nota di I. Caraccioli.

(8) Cfr., nello stesso senso, Perini, Tra imprecisione del legislatore ed allocazione arbitraria della punibilità, cit.

(9) Sul punto, cfr. Rossi, Condono 2003 Non punibili tutti i concorrenti nel reato, cit., pagg. 2147 e seguenti.

(10) Si veda la nota n. 1.

Autore: Prof. avv. Alberto Maria Tedoldi

Professore associato di Diritto processuale civile presso l’Università degli Studi di Verona, presso cui tiene i corsi di Diritto processuale civile, Diritto dell’esecuzione civile, Diritto fallimentare. Nelle medesime materie, è autore di numerosi scritti. È stato Responsabile d’area Diritto processuale civile della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università di Verona, consorziata con l’Università di Trento, e componente della Commissione per le riforme del processo civile, istituita presso il Ministero della Giustizia e presieduta dal Prof. Romano Vaccarella. Ha conseguito nel 1996, presso l’Università “La Sapienza” di Roma, il titolo di dottore di ricerca in Diritto processuale civile. Nel 2002 ha superato il concorso di ricercatore di ruolo presso l’Università degli Studi di Milano. Ha partecipato ai convegni dell’Associazione italiana fra gli studiosi di diritto processuale civile, alla quale è iscritto, e a numerosi convegni di diritto processuale civile e di diritto fallimentare. Dal 1998 è docente di Diritto processuale civile presso la Scuola forense dell’Ordine degli avvocati di Milano. Relatore a convegni e master organizzati dal CSM e dalla Scuola superiore di Magistratura, in sede distrettuale, interdistrettuale e nazionale, dagli ordini professionali e da enti privati su argomenti di diritto processuale civile e di diritto fallimentare.

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