Tanto tuonò che non piovve: come sopravvisse l’obbligo di contrattare

Marco Rossetti, Tanto tuonò che non piovve: come sopravvisse l’obbligo di contrattare, in Corriere Giur., 2010, 4, 455

Tanto tuonò che non piovve: come sopravvisse l’obbligo di contrattare

Sommario: La decisione – L’obbligo di contrattare – Obbligo di contrattare e diritto comunitario – La pretesa “rilevanza sociale” dell’obbligo di contrattare – Evasione ed elusione dell’obbligo di contrattare

La decisione

Dopo cinque anni di un tormentato iter procedimentale la Corte di Lussemburgo ha decretato che l’obbligo di contrattare, imposto alle imprese operanti in Italia nel ramo r.c.a. non contrasta con l’ordinamento comunitario.

È una decisione inattesa, perché nelle sue conclusioni l’Avvocato generale (udienza del 9.9.2008) aveva chiesto l’accoglimento del ricorso presentato dalla Commissione.

La Corte ha nondimeno ritenuto che l’obbligo di contrattare, pur violando il divieto di restrizione della concorrenza:

(a) sia giustificato da un “interesse pubblico”, ravvisato nell’esigenza di far sì che la vittima di un sinistro stradale abbia sempre dinanzi a sé un’impresa assicuratrice cui domandare il risarcimento;

(b) lo scopo adottato per il perseguimento di tale interesse (l’obbligo di contrarre) non è sproporzionato rispetto al fine, perché se non esistesse molte imprese si ritirerebbero da zone del territorio italiano (le regioni meridionali) caratterizzate da elevatissima sinistrosità.

Ambedue queste affermazioni, a mio modo di vedere, forse sollevano più problemi di quanti non ne risolvano. Vediamo il perché.

L’obbligo di contrattare

L’assicurazione della r.c.a. è “obbligatoria” in un duplice senso.

Per l’assicurato, essa è obbligatoria in quanto costituisce una condizione di liceità della circolazione del veicolo: se non viene stipulata, è inibita la circolazione.

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Per l’assicuratore, essa è “obbligatoria” in quanto non può rifiutare di accettare le proposte contrattuali che gli vengano rivolte (art. 132 cod. ass.; cfr. già l’art. 11, comma 1, l. 24 dicembre 1969 n. 990 (1)).

Di tale obbligo proviamo ora ad esaminare: (a) la ratio; (b) il contenuto. Alla luce di tali esame proveremo poi a saggiare la risposta data dalla Corte di giustizia in merito alla compatibilità di esso con l’ordinamento comunitario.

(A) All’obbligo di contrattare (2) previsto dall’art. 132 cod. ass., la dottrina ha fornito varie giustificazioni. Si è, innanzitutto, osservato che tale obbligo sarebbe preordinato a garantire effettività al risarcimento in favore delle vittime (3). Tesi però difficilmente accettabile, perché la vittima di un sinistro stradale ha comunque diritto al risarcimento, che sia o meno assicurato il responsabile (4).

Secondo altra e più diffusa opinione, l’obbligo di contrattare trova la sua ragion d’essere nella rilevanza sociale che ha assunto il fenomeno della circolazione veicolare, ed è finalizzato a garantire a tutti di utilizzare un veicolo a motore. Se, infatti, fosse consentito all’assicuratore rifiutare le proposte contrattuali, questi potrebbe selezionare i rischi da coprire preferendo quelli meno elevati, sicché vi sarebbero intere aree geografiche od intere categorie di soggetti (ad es. quelli più giovani o quelli che trascorrono più tempo alla guida) che resterebbero privi di copertura (5). Detto altrimenti, l’art. 132 cod. ass. mira a colmare lo iato tra la richiesta di copertura assicurativa per la circolazione veicolare, giudicata dal legislatore una necessità sociale, e la capacità del mercato assicurativo di accettare integralmente tale domanda, senza rifiutare talune categorie di rischi (6).

(B) L’obbligo di contrattare impone all’assicuratore una duplice attività. Stabilisce infatti l’art. 132, comma 1, cod. ass., che “le imprese di assicurazione sono tenute ad accettare, secondo le condizioni di polizza e le tariffe che hanno l’obbligo di stabilire preventivamente per ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, le proposte per l’assicurazione obbligatoria che sono loro presentate (…) “.

La norma pone dunque a carico dell’impresa assicuratrice due diverse condotte: da un lato, predisporre le condizioni generali di contratto e le tariffe “per ogni rischio derivante dalla circolazione” (7); dall’altro accettare le proposte contrattuali formulate in modo conforme a tali condizioni e tariffe.

Il primo di tali obblighi è coessenziale al secondo. Esso infatti impone all’assicuratore di dichiarare preventivamente a quali condizioni ed a quali tariffe stipulerà il contratto che gli viene richiesto. Tali condizioni, come si è visto, devono essere messe a disposizione del pubblico (art. 131 cod. ass.), ed in base ad esse ciascun assicurando potrà legittimamente pretendere di stipulare la polizza. Detto altrimenti, l’adempimento dell’obbligo di contrattare presuppone il previo adempimento dell’obbligo di ostensione coram populo delle condizioni e delle tariffe.

Obbligo di contrattare e diritto comunitario

La Corte di giustizia avrebbe potuto, in tesi, negare che l’obbligo di contrattare costituisca una restrizione alla concorrenza; oppure avrebbe potuto – all’opposto – ammetterlo e di conseguenza dichiarare quell’obbligo contrastante col diritto comunitario.

I giudici di Lussemburgo non hanno fatto né l’una, né l’altra cosa, ma hanno scelto una terza via: affermare che l’obbligo di contrattare restringe sì la concorrenza, ma che tale restrizione è giustificata da ragioni di interesse pubblico.

Personalmente ritengo che tale conclusione non riesca ad essere del tutto convincente: né nella prima, né nella seconda affermazione.

La Commissione europea aveva contestato all’Italia che l’obbligo di contrattare contrasterebbe col principio che vieta agli Stati membri di limitare il diritto di stabilimento (art. 43) e quello di libera prestazione di servizi (art. 49) di cui godono tutte le imprese aventi sede nell’Unione Europea. Tale obbligo infatti costituirebbe un ostacolo all’esercizio delle attività delle imprese di assicurazione in Italia, perché avrebbe un effetto dissuasivo sulle imprese straniere (8).

Tale opinione è stata sostanzialmente recepita dalla Corte, secondo cui l’obbligo in esame comporterebbe rilevanti oneri supplementari per le imprese straniere che intendano stabilirsi in Italia.

In verità l’obbligo di contrattare potrà avere molti difetti, ma non quelli di limitare il diritto di stabilimento o di libera prestazione di servizi. Tale limitazione è configurabile quando la norma interna introduca obblighi che creino una discriminazione tra l’impresa nazionale e quella comunitaria, ma questo non è il caso dell’obbligo in esame, che grava trasversalmente su tutte le imprese assicuratrici: nazionali, stabilite ed in regime di libera prestazione di servizi.

Né sembrano convincenti gli argomenti della Corte, secondo cui l’obbligo di contrarre impedirebbe la specializzazione e la selezione dei rischi, e quindi terrebbe lontane dal mercato italiano le imprese specializzate o dal portafoglio selettivo. Che l’obbligo di contrarre possa avere un effetto dissuasivo nei confronti di chi intendesse esercitare il ramo della r.c.a. può ammettersi, ma che questo effetto contrasti con l’art. 43 del Trattato mi sembra costituire una reductio ad absurdum: infatti, ad estremizzare il discorso, qualunque misura che imponga obblighi di sorta ad una impresa ha potenzialmente efficacia dissuasiva e quindi sarebbe per ciò solo contraria all’ordinamento comunitario. Così, ad esempio, i limiti di velocità violerebbero il diritto di stabilimento delle imprese di trasporti; le norme sul permesso di costruire violerebbero il diritto di stabilimento delle imprese edili, e via dicendo.

In ogni caso, una volta ammesso dalla Corte che effettivamente l’obbligo di contrattare viola gli artt. 43 e 49 del Trattato, ancor meno appagante è la giustificazione che di tale violazione si è data.

Secondo la Corte, la violazione in esame:

(a) sarebbe giustificata dall’esigenza di pubblico interesse di garantire il risarcimento alle vittime della strada;

(b) il “fondamento principale” di tale tutela infatti è rappresentato “dall’esistenza di un contratto individuale di assicurazione (…) e [dalla] possibilità di far valere il contratto direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazioni [del responsabile] ” (punto 81 della motivazione);

(c) la violazione del divieto di restrizioni sarebbe poi proporzionata allo scopo (dare tutela alle vittime) perché altrimenti le imprese potrebbero selezionare i rischi, rifuggendo da quelle regioni caratterizzate da altissima sinistrosità, la quale costituisce una singolarità tutta italiana, definita “difficile” dalla stessa Corte di Lussemburgo.

Ora, a me pare che ambedue questi argomenti prestino il fianco a diverse obiezioni: sia quello relativo alla finalità sociale dell’obbligo di contrarre, sia quello relativo alla sua proporzionalità rispetto allo scopo. Vediamo perché.

La pretesa “rilevanza sociale” dell’obbligo di contrattare

Secondo la Corte, se non esistesse l’obbligo di contrattare non si darebbe adeguata tutela alle vittime. È vero – ammette la Corte – che esiste pur sempre il Fondo di garanzia, ma il “fondamento principale” di tale tutela resta l’esistenza d’un contratto individuale di assicurazione.

Francamente non riesco a comprendere appieno il senso, ai fini del problema che qui ci occupa, del concetto di “fondamento principale” della tutela. Delle due infatti l’una: o la persona danneggiata da un conducente non assicurato ha la possibilità di rinvolgersi ad altri per ottenere il risarcimento, o non l’ha: nel primo caso l’ordinamento appresta tutela alla vittima, e non si vede per quale ragione la tutela apprestata dal Fondo di garanzia debba ritenersi “di serie B” rispetto a quella apprestata dall’assicuratore del responsabile.

Del resto l’obbligo di contrattare non esiste in molti Paesi europei, e non si vorrà certo sostenere che in quei Paesi non sia apprestata tutela alle vittime della strada: prova ne sia che è stata l’Italia, dove l’obbligo di contrattare esiste, a finire davanti alla Corte di giustizia, e non quei Paesi dove tale obbligo non esiste.

Quanto, poi all’affermazione secondo cui è legittimo che il nostro Paese imponga alle imprese un obbligo di contrattare, perché caratterizzato dalla “difficile situazione” delle regioni meridionali, a me pare che essa – quale che ne sia la condivisibilità sul piano formale – conduca nei fatti ad una stupefacente eterogenesi dei fini, nel senso che finisce per premiare proprio i comportamenti più scorretti od addirittura delinquenziali.

Per spiegare questo concetto partirò da qualche dato statistico.

L’assicurazione della r.c.a. è purtroppo un ricettacolo di frodi e truffe di ogni sorta e di ogni dimensione: dal commercio di falsi certificati assicurativi alla simulazione di sinistri e danni mai verificatisi, dalla produzione e vendita di false radiografie o certificati medici alla “cessione” fraudolenta di crediti derivanti da sinistri veri, ad insaputa e scapito del danneggiato.

I dati raccolti dall’Isvap, che lo stesso ente giudica sottostimati, sono impressionanti: nel 2006 (9) gli assicuratori attivi nel ramo r.c.a. hanno pagato indennizzi non dovuti per 316 milioni di euro, pari al 2,4% dell’ammontare complessivo dei risarcimenti.

Ancora più allarmante è il quadro che emerge dall’analisi dei dati disaggregati: nel nostro Paese esiste un vero e proprio “quadrilatero della frode”, rappresentato dalle regioni Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, dove i sinistri falsi sono più del doppio della media nazionale, e toccano la punta di otto volte la media nazionale nella sola provincia di Napoli. Praticamente di tutti i sinistri falsi scoperti in Italia, uno su tre è “organizzato” nella provincia di Napoli. Le quattro regioni di cui si è detto, pur raccogliendo solo il 23,5% dei premi del ramo r.c.a., fanno registrare il 68,3% di tutti i sinistri falsi individuati sul territorio nazionale, mentre le restanti 16 regioni raccolgono il 67,5% dei premi, ma fanno registrare solo il 31,7% dei sinistri falsi, come risulta dalla tabella che segue (10):

\p1~Classifica delle province e regioni in base all’incidenza del sinistri R.C.A.

falsi sul totale dei sinistri denunciati nei triennio 2004-2006

Province e Regioni Incid. % Province e Regioni Incid. %
Padova 0.84 Sardegna 2.18
Pistoia 0.85 Basilicata 2,22
Isernia 0,89 Latina 2,28
Imperia 0,89 Roma 2,29
Asti 0.92 Ragusa 2.37
Pisa 0.92 Liguria 2,40
Savona 0.93 Matera 2.40
Lombardia 0,95 Palermo 2,48
L’Aquila 0,95 ITALIA 2,83
Firenze 0,96 Siracusa 3,07
Livorno 0.96 Caltanissetta 3,08
Rieti 0.96 Genova 3,24
Reggio Emilia 0,96 Catanzaro 3.35
Toscana 0,98 Cosenza 3,53
Bologna 1,02 Agrigento 3,59
Milano 1.08 Nuoro 3.78
Chieti 1.09 Lecce 3.95
Abruzzo 1,12 Enna 3.96
Lucca 1.12 Sicilia 4,53
Prato 1,15 Vibo Valentia 4.53
Piemonte 1,15
Brescia 1,18 Calabria 4,30
Molise 1,18 Benevento 5.09
Campobasso 1.28 Crotone 5.16
Alessandria 1,42 Catania 5,29
La Spezia 1.42 Taranto 5,32
Torino 1.46 Avellino 6,76
Oristano 1.54 Brindisi 6,78
Pescara 1,65 Puglia 7,22
Frosinone 1,67 Salerno 7,40
Sassari 1,70 Reggia Calabria 7.87
Massa Carrara 1,87 Bari 8,28
Trapani 2.07 – Messina 9,03
Potenza 2,11 Foggia 10.78
Cagliari 2,12 Campania 12,98
Lazio 2,16 Caserta 15,49

Insostenibile è altresì il costo dei sinistri falsi, stabilmente attestato sui 316 milioni di euro a livello nazionale; ed allarma che mentre esso è in lieve calo quasi ovunque, aumenta invece proprio là dove il fenomeno delle truffe è più radicato e diffuso (la regione Campania ed, in particolare, la provincia di Napoli), come emerge dalla tabella che segue:

AMMONTARE DEI SINISTRI R.C.A. FALSI PER REGIONE

(importi in migliaia di euro)

Regioni 2006 2005 2004
Piemonte 7.952 9.432 11.231
Valle d’Aosta 41 51 43
Lombardia 16.774 16.130 21.065
Liguria 7.179 6.070 8.715
Trentino – Alto Adige 468 578 745
Veneto 7.576 6.438 6.270
Friuli-Venezia Giulia 921 995 839
Emilia-Romagna 7.055 7.415 6,865
Toscana 8.026 9.004 9.296
Umbria 1.701 1.123 962
Marche 2.490 2.359 2.793
Lazio 27.448 28.358 26.536
Abruzzo 2.802 3.100 2.680
Molise 462 531 542
Campania 119.030 116.185 105.162
Puglia 51.871 72.750 50.898
Basilicata 1.985 1.650 2.061
Calabria 15.241 14.829 17.710
Sicilia 30.164 31.063 36.061
Sardegna 6.741 4.631 5.353
ITALIA 315.725 316.795 315.847
Fonte: elaborazione ASSINEWS su dati ISVAP

Il fenomeno delle frodi assicurative nel settore r.c.a. deve suscitare allarme non solo per le sue dimensioni, ma anche per la sua altissima capacità delinquenziale. Esso non si compone soltanto di isolate iniziative di truffatori d’accatto, ma anche dell’attività di autentiche organizzazioni criminali, alle quali si è talora scoperto appartenere liquidatori, agenti della polizia municipale, medici legali, avvocati e sinanche giudici di pace, la cui finalità è simulare sinistri stradali e danni mai avvenuti (11).

Le frodi assicurative si ripercuotono infatti in un danno per la generalità degli assicurati e per l’intera collettività: per i primi, in quanto li espongono ad aumenti dei premi altrimenti evitabili (le truffe perpetrate a Napoli, ad esempio, incidono per il 10% sui premi pagati dai residenti in quella provincia (12)); per la seconda, in quanto tiene impegnati in modo insostenibile gli organi giudiziari, sottraendo così tempo e risorse all’amministrazione della giustizia.

Dovrebbe essere ben chiaro a tutti che la più infinitesima delle frodi in danno di un assicuratore della r.c.a. si ripercuote sempre in un danno per tutti gli assicurati. Insomma, i truffatori in ultima analisi sono pagati dall”intera collettività, e non dall’assicuratore vittima diretta della truffa.

Or bene, proviamo ora collazionare questi dati e queste dimensioni del fenomeno con le affermazioni della Corte di giustizia: i primi palesano l’esistenza di un fenomeno che non può trovare alcuna giustificazione al di fuori di un capillare malcostume, se non vera e propria attività delittuosa; le seconde in sostanza ammettono che proprio l’esistenza di tale realtà delittuosa giustifica l’obbligo di contrattare, “al fine di evitare che le imprese assicuratrici si ritirino dalla parte meridionale del territorio italiano “.

Il che in buona sostanza equivale a dire che:

(a) la vittima di un reato deve continuare a subirlo;

(b) gli assicurati virtuosi debbono continuare a pagare i costi degli assicurati truffatori;

(c) i truffatori possono continuare tranquillamente nelle loro pratiche criminali.

Evasione ed elusione dell’obbligo di contrattare

L’argomento toccato da ultimo porge il destro per qualche ulteriore considerazione circa le conseguenze della violazione dell’obbligo di contrattare, tema sul quale la sentenza qui in rassegna finisce per riverberare effetti indiretti.

Come noto, la legge sanziona innanzitutto l’evasione dell’obbligo do contrattare, il quale ovviamente ricorrere nel caso di rifiuto della proposta contrattuale formulata in modo conforme alle condizioni predisposte dall’assicuratore. La legge tuttavia sanziona (art. 314 cod. ass.) anche l’elusione dell’obbligo di contrattare, sicché sorge il problema di stabilire quando ricorra quest’ultima ipotesi.

È stato bene osservato che l’elusione di un obbligo costituisce una condotta che salvis legis verbis, substantia eius circumvenit. Una condotta dunque fraudolenta, anche se nel nostro caso non può parlarsi di negozio in frode alla legge, in quanto l’elusione dell’obbligo di contrattare ha per obiettivo proprio evitare la stipula di un contratto.

L’elusione dell’obbligo di contrattare può consistere in condotte materiali: si pensi all’ipotesi dell’assicuratore che, pur predisponendo formalmente condizioni e tariffe, di fatto si renda irreperibile, ovvero fornisca indirizzi cui inviare le proposte non corrispondenti al vero, od ancora dissuada callidamente i potenziali clienti, lasciando loro intendere che altre imprese praticano condizioni migliori. In tutti questi casi non v’è dubbio che l’assicuratore, pur non avendo formalmente rifiutato alcuna offerta, ha di fatto eluso l’obbligo di contrattare.

Più difficile è invece stabilire se l’elusione dell’obbligo di contrattare possa attuarsi attraverso politiche tariffarie o contrattuali: ad esempio, imponendo solo ad alcuni dei potenziali assicurandi premi molto elevati, ovvero consentendo loro di stipulare contratti di assicurazione della r.c.a. solo in alcune delle forme predisposte dall’assicuratore (ad es., con franchigia e non con bonus/malus).

Su tale questione in dottrina sono emerse opinioni discordi: secondo alcuni l’assicuratore della r.c.a. sarebbe tenuto a garantire la parità di trattamento non solo tra tutti gli assicurati, ma anche tra tutti gli assicurabili. Di conseguenza prevedere livelli di premio o condizioni contrattuali applicabili solo ad una parte dei potenziali clienti costituisce elusione dell’obbligo di contrattare, a meno che tale disparità non sia giustificata da “basi strettamente tecniche”, cioè fondate sul rapporto tra premi e sinistri (13).

Altri autori, all’opposto, hanno negato che l’assicuratore della r.c.a. sia tenuto ad osservare la parità di trattamento fra gli assicurati. L’assicuratore è solo obbligato a predisporre le tariffe ed ad accettare le proposte, ma resta libero e sovrano nel determinare il contenuto delle prime. Di conseguenza potrà parlarsi di vera e propria elusione dell’obbligo di contrarre non per il solo fatto che il medesimo assicuratore pratichi tariffe e condizioni diverse ad assicurati diversi, ma solo ove si dimostri che la diversificazione contrattuale e tariffaria non ha altro scopo che quello elusivo dell’obbligo di contrattare (14).

Quest’ultima opinione appare preferibile, per due ragioni. Da un lato, perché il preteso principio della parità di trattamento tra gli assicurati non è concepibile con riferimento ad un contratto, come quello di assicurazione, nel quale il premio deve poter essere sempre rimodulato sulla base dell’andamento della sinistrosità. Imporre all’assicuratore di non diversificare i premi e le condizioni significherebbe precludergli di fatto la possibilità di una sana e prudente gestione, in contrasto col generale dovere di cui all’art. 3 cod. ass.. Dall’altro lato, una interpretazione dell’art. 132 cod. ass. vòlta a limitare la libertà tariffaria delle imprese assicuratrici porrebbe seri problemi di compatibilità col diritto comunitario, ed in particolare con l’art. 8, comma 3, della Direttiva 73/239/CEE (c.d. Prima direttiva r.c.a. (15)), il quale vieta agli Stati membri di controllare le tariffe r.c.a., se non “in quanto elementi di un sistema generale di controllo dei prezzi” (16). Conclusione, quest’ultima, corroborata dalla giurisprudenza della corte di giustizia, la quale ha espressamente affermato l’esistenza del principio di libertà tariffaria nel settore dell’assicurazione non vita, e ribadito che tale principio implica il divieto di ogni sistema di notifica preventiva o sistematica e di approvazione delle tariffe che un’impresa di assicurazione si proponga di utilizzare nei suoi rapporti con i contraenti (17).

La stessa sentenza qui in rassegna, del resto ha ammesso che “l’obbligo di contrarre non impedisca alle imprese di assicurazione di calcolare una tariffa più elevata per un contraente residente in una zona caratterizzata da un numero rilevante di sinistri ” (par. 91 della motivazione).

Ebbene, da tutto quanto precede discende che il divieto di elusione dell’obbligo di contrattare risulta un principio assai sfuggente, e comunque difficilmente compatibile con il regime di libertà tariffaria imposto dell’ordinamento comunitario. Ed infatti un divieto rigoroso di eludere l’obbligo di contrattare dovrebbe comportare di necessità il dovere di praticare tariffe uniformi; ma poiché come si è visto ciò non è possibile, il divieto di elusione resta piuttosto una pia aspirazione del legislatore che un vallo concretamente difendibile. L’assicuratore della r.c.a. potrà infatti non difficilmente chiamarsi fuori dall’assumere i rischi relativi a determinati conducenti od agli abitanti di determinate arre geografiche, semplicemente imponendo a questi clienti condizioni così svantaggiose da sortire un effetto repulsivo.

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(1) Sull’obbligo di contrattare si veda, tra gli interventi più recenti, Maggiolo, Appunti sull’obbligo a contrarre nella assicurazione obbligatoria di veicoli a motore e natanti, in Riv. dir. civ., 2008, II, 39.

(2) “Obbligo di contrattare” è espressione sintatticamente più corretta e preferibile a quella, sgrammaticata, di “obbligo a contrarre” usata dal legislatore (cfr. l’art. 2597 c.c.).

(3) Iannarelli, Commento all’art. 132 cod. ass., in Capriglione (a cura di), Il codice delle assicurazioni private, vol. II, 1, Padova, 2007, 322 e ss..

(4) Nel primo caso sarà indennizzata dall’assicuratore del responsabile, nel secondo dal fondo di garanzia vittime della strada.

(5) Già Gentile, Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile degli autoveicoli e dei natanti, Milano, 1971, 17, definiva l’obbligo di contrattare “essenziale al “dover essere’dell’assicurazione obbligatoria”. Sulle finalità sociali dell’obbligo in esame insistono Iannarelli, Commento all’art. 132 cod. ass., in Capriglione (a cura di), Il codice delle assicurazioni private, vol. II, 1, Padova, 2007, 322 e ss., e Di Jeso, Obbligo legale a contrarre delle imprese assicurative esercenti la r.c.a., in Assicurazioni, 2000, I, 295, ma specialmente 306. Ambedue gli autori da ultimo ricordati adombrano l’esistenza d’un vero e proprio “diritto alla guida”, al cui esercizio sarebbe preordinato l’obbligo di contrattare in capo all’assicuratore.

(6) Così Gabrielli, Obbligo di contrarre e libertà di determinazione delle condizioni contrattuali in capo alle imprese esercenti l’assicurazione della responsabilità civile da circolazione di mezzi di trasporto: una convivenza difficile, in Dir. ed economia assicuraz., 2001, 743, secondo cui il fondamento dell’obbligo di contrattare va ravvisato nella “diffidenza nella capacità del mercato, pur a struttura concorrenziale, di soddisfare l’interesse di chiunque all’assicurazione “.

Sull’obbligo di contrattare si veda anche Ogliari, Il c.d. obbligo a contrarre nell’assicurazione r.c. auto in Italia ed in Germania, in Dir. ed economia assicuraz., 2000, 509.

(7) È superfluo che deve trattarsi di rischi connessi alla responsabilità civile del proprietario o conducente del veicolo: cfr. Di Jeso, op. ult. cit., 305.

(8) Commissione Europea, Ricorso 20 dicembre 2006, n. C-518/06, in GUCE, 24 febbraio 2007, serie C-42, 15 e ss.. Il giudizio è stato rinviato in seguito all’intervento della Finlandia, a sostegno delle ragioni dell’Italia.

(9) Ultimo dato disponibile.

(10) Le tabelle ed i dati di cui al testo sono tratti da Dal Cin, Analisi territoriale delle frodi nell’assicurazione r.c. auto, in Assinews, 2008, fasc. 183, 60 e ss..

(11) Qualsiasi ricerca nelle emeroteche o sul web dà all’utente risultati sconcertanti circa il numero di organizzazioni truffaldine attive nel campo della assicurazione r.c.a., smantellate dalle forze dell’ordine e dalla magistratura inquirente. Digitando “falsi sinistri stradali” nel motore di ricerca Google si viene sommersi da 246.000 pagine, dalle quali emerge un quadro di malaffare capillare, radicato e diffuso. Ecco i titoli di alcune notizie in cronaca, dai quali traspare la dimensione e la gravità del fenomeno:

– “Truffa alle assicurazioni, in manette medici ed avvocati” (La Repubblica – Cronaca di Roma, 13 giugno 2006, XIII).

“Medici e avvocati, ecco i professionisti delle truffe – Dieci arresti e 100 indagati: confezionate diagnosi ad hoc per far incassare ai clienti i soldi delle assicurazioni” (Corriere della Sera – Cronaca di Roma, 28 maggio 2005, 51).

“Il medico gonfiava gli infortuni – Attestava super incidenti per truffare le assicurazioni; indagato anche un avvocato” (Il Messaggero, 23 febbraio 1997).

– “Una truffa alle assicurazioni tra Basilicata e Campania è stata scoperta dalla Guardia di Finanza del capoluogo lucano: sono coinvolti un medico legale di Salerno, avvocati, titolari di agenzie automobilistiche e cittadini (http://www.gdf.it/gdf__informa/notizie_stampa/adnkronos/adnkronos_maggio_2008/info-1464154435.html del maggio 2008).

– “Truffe ad assicurazioni, avvocati patteggiano pena” (http://blog.solignani.it/category/sinistri-stradali/ del 24 luglio 2008).

– “Gravina, scoperto giro di incidenti stradali falsi, 13 indagati” (http://vittimestrada.wordpress.com/2008/04/10/gravina-scoperto-giro-di-incidenti-stradali-falsi-13-indagati/ del 10 aprile 2008).

– “Truffe e falsi alle assicurazioni per incassare risarcimenti per incidenti stradali in qualche caso mai avvenuti. Cinque gli arrestati, tra cui un’avvocatessa”(http://questure.poliziadistato.it/Benevento/articolo-6-73-1364-1.htm del 24 gennaio 2008).

– “Sapri: truffa e falsi incidenti, giudice di pace arrestato” (http://www.navigagolfo.it/notizia-1920.html del 14 febbraio 2008).

– “Fingevano furti e incidenti con Ferrari e Porsche – un’associazione composta da professionisti e pubblici ufficiali” (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=240974 del 13 febbraio 2008);

– “Bari: falsi incidenti stradali per indennizzi assicurazione, 49 denunce” (http://www.notizie-online.it/index.php?option=com_content&task=view&id=21220&Itemid=1 del 18 luglio 2007).

“Nebrodi: falsi incidenti e truffe, 32 indagati” (http://www.glpress.it/html/modules.php?name=News&file=article&sid=11169 del 3 settembre 2008).

– “Falsi incidenti, indagato un avvocato – Inchiesta dei vigili urbani a Nocera Inferiore” (http://www.colonnarotta.it/Falsi-incidenti-indagato-un del 19 luglio 2008).

– “Truffa ad assicurazioni: otto arresti per falsi incidenti – A Reggio Calabria, altri 44 indagati nell’inchiesta” (http://www.calabrianotizie.it/2007/09/26/truffa-ad-assicurazioni-otto-arresti-per-falsi-incidenti-a-reggio-calabria-altri-44-indagati-nellinchiesta/ del 26 settembre 2007).

Dal fatto che la maggior parte delle notizie che precedono risultano concentrate nell’arco di pochi mesi, e dalla loro provenienza ubiquitaria, non è difficile farsi un’idea sulle dimensioni e sulla virulenza del fenomeno, quand’anche non si disponesse di dati statistici precisi.

(12) Dal Cin, op. ult. cit., 60.

(13) Di Jeso, Elusione dell’obbligo a contrarre e livello delle tariffe praticate dalle imprese di assicurazione esercenti il ramo r.c. auto, in Assicurazioni, 2002, I, 431; Id., Obbligo legale a contrarre delle imprese assicurative esercenti la rca., in Assicurazioni, 2000, I, 295. Prima dell’abrogazione del regime di tariffe amministrate avevano negato la legittimità della disparità di trattamento tariffario Militerni e Vella, op. ult. cit., 123.

(14) Gabrielli, Obbligo di contrarre e libertà di determinazione delle condizioni contrattuali in capo alle imprese esercenti l’assicurazione della responsabilità civile da circolazione di mezzi di trasporto: una convivenza difficile, in Dir. ed economia assicuraz., 2001, 762 (il medesimo testo può leggersi anche in Assicurazioni, 2002, I, 449).

(15) Come modificata dall’art. 6 della Direttiva 18 giugno 1992, n. 92/49/CEE.

(16) Per questo rilievo Gabrielli, Le “disposizioni in materia di r.c. auto ” del dicembre 2002: elusione dell’obbligo di contrarre da parte delle imprese assicuratrici ed elusione del principio di libertà tariffaria da parte del legislatore italiano, in Assicurazioni, 2003, I, 537, ma specialmente 546.

(17) Corte di giustizia 25 febbraio 2003, n. C-59/01, Commissione c. Repubblica italiana.

Consigliere della Corte di Cassazione, sezione terza civile. Magistrato, già applicato all’Ufficio Massimario della Corte di Cassazione. Per 16 anni è stato giudice del tribunale di Roma, dove ha presieduto per sette anni il comitato per la formazione dell'albo dei c.t.u.. Dal 1998 al 2001 è stato assistente di studio presso la Corte costituzionale. E’ membro del Consiglio direttivo della Associazione Italiana di Diritto delle Assicurazioni (AIDA); è stato membro per quattro anni della Commissione Giuridica dell'ACI. E’ stato docente nella Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Roma Tre e nella scuola forense dell’Ordine degli Avvocati di Latina. E’ stato altresì docente a contratto nella scuola di specializzazione in medicina legale dell’università di Foggia. Oltre a collaborare con numerose riviste giuridiche attraverso articoli, note e commenti, ha pubblicato diverse opere in tema di responsabilità ed assicurazioni, tra cui “Il danno biologico nella giurisprudenza del tribunale di Roma”, (Roma, 1997); “La risoluzione per inadempimento” (Torino, 2000); “Assicurazione della responsabilità civile auto e liquidazione coatta amministrativa dell'assicuratore” (Roma, 2000); “Il c.t.u. - l'occhiale del giudice" (Milano, 2004); “l nuovi danni non patrimoniali" (Milano, 2004); “Guida pratica per il calcolo di danni, interessi e rivalutazione” (Milano, 2005); “Sinistri stradali e rito del lavoro” (Milano, 2006); "Il danno alla salute" (Padova, 2009). Cura altresì la banca dati elettronica su CD-Rom “La responsabilità civile” (IPSOA), ed il software di calcolo “DIR - Danni, interessi, rivalutazione” (IPSOA).

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