La tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani (Ordinanza del Ministero della Salute del 12 dicembre 2006)

Antonio Greco, La tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani, in Responsabilità civile e previdenza, 2007, p. 1763.

La tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani (Ordinanza del Ministero della Salute del 12 dicembre 2006)

di Antonio Greco

Avvocato e dottore di ricerca in Diritto Civile nell’Università di Bologna

Sommario: 1. Premessa. – 2. Breve analisi dell’ordinanza del Ministero della Salute del 12 dicembre 2006: i divieti. – 3. Segue: gli obblighi gravanti sui proprietari e detentori di cani. – 4. Le sanzioni.

SINTESI

Il commento analizza il contenuto e gli aspetti più significativi dell’ordinanza del Ministro della Salute del 12 dicembre 2006 in tema di “cani aggressivi”.

In particolare, l’attenzione è focalizzata sui “nuovi” divieti e sui “nuovi” obblighi imposti dal provvedimento normativo in commento ai proprietari, possessori o detentori di cani, nonché alla creazione ad hoc di una “lista nera” comprendente 17 razze di cani che sono considerati, ex lege, pericolosi.

Infine, si è verificata l’effettiva efficacia del provvedimento dal punto di vista sanzionatorio in quanto parrebbe, sul punto, che l’ordinanza ministeriale abbia esclusivamente il contenuto ed i caratteri di “linea guida” per i proprietari di cani.

1. Premessa.

Negli ultimi anni, sovente l’opinione pubblica è stata scossa dal problema dell’aggressione dei cani. Le cronache nazionali hanno riportato diversi episodi in cui financo i cani domestici hanno azzannato ed aggredito bambini di tenerissima età provocando gravissime lesioni fisiche e, in alcune tragiche ipotesi, persino la morte (1).

Il legislatore ha affrontato la questione – ancora oggi, peraltro, non in modo organico in quanto ha mancato di predisporre un provvedimento che disciplini definitivamente ed [thrive_lead_lock id=’4487′] univocamente la materia (2) – con una serie di ordinanze a firma dei vari ministri succedutisi nel corso del tempo al dicastero della Salute. In particolare, a seguito della perdita di efficacia dell’ordinanza a firma Storace (3) e dopo un periodo di oltre 40 giorni in cui è mancato nel nostro sistema normativo alcun provvedimento regolante la tematica, l’attuale ministro della salute, on. Turco, ha emesso, in data 12 dicembre 2006, l’ordinanza in commento, titolata “Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani” (4).

Anche il provvedimento de quo, tuttavia, riveste il carattere della provvisorietà: giusto il comando contenuto all’art. 6, comma 2º, l’efficacia dell’ordinanza è sottoposta a termine finale di un anno che decorre dalla data di pubblicazione del provvedimento nella G.U. Pertanto, considerato che il testo normativo è stato pubblicato in data 13 gennaio 2007, il prossimo 14 gennaio 2008 lo stesso sarà improduttivo di effetti giuridici e, nell’ipotesi in cui non venga emanata la annunciata “disciplina organica in materia” (5), vi sarà nuovamente un vuoto normativo sul tema.

2. Breve analisi sul contenuto dell’ordinanza del Ministero della Salute del 12 dicembre 2006: i divieti.

La ratio del testo normativo in commento è esplicitamente indicata nelle premesse del provvedimento. Si legge, difatti, che lo scopo dell’ordinanza, “visti gli episodi di aggressione alle persone da parte di cani”, è quello di “adottare […] disposizioni cautelari a tutela della salute pubblica” (6).

Tali disposizioni sono individuate in una serie di divieti e di obblighi che gravano su proprietari, possessori e detentori di cani (7) ed in una sorta di “lista nera” in cui 17 razze di cani sono indicate come potenzialmente pericolose (8).

Riguardo la pericolosità, l’art. 5, comma 1º, contiene una definizione di cane aggressivo; la norma testualmente dispone che: “si definisce cane con aggressività non controllata quel soggetto che, non provocato, lede o minaccia di ledere l’integrità fisica di una persona o di altri animali attraverso un comportamento aggressivo non controllato dal proprietario o detentore dell’animale”.

Riguardo la c.d. “lista nera” di cui dicevo supra, l’allegato all’ordinanza in esame indica in un elenco diciassette specie tra razze canine ed incroci di razze che sono considerate ex lege a rischio di aggressività (9).

Circa i divieti, l’art. 1, comma 1º, dell’ordinanza prevede che: “sono vietati: a) l’addestramento inteso ad esaltare l’aggressività dei cani; b) l’addestramento inteso ad esaltare il rischio di maggiore aggressività di cani appartenenti a incroci o razze di cui all’elenco allegato; c) qualsiasi operazione di selezione o di incrocio tra razze di cani con lo scopo di sviluppare l’aggressività; la sottoposizione di cani a doping, così come definito all’articolo 1, commi 2º e 3º, della legge 14 dicembre 2000, n. 376 (10); gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un cane, o finalizzati ad altri scopi non curativi, in particolare: il taglio della coda; il taglio delle orecchie; la recisione delle corde vocali”.

L’art. 4 vieta l’uso di collari elettrici e di qualsiasi altro congegno atto a determinare scosse o impulsi elettrici sui cani. La violazione del divieto in commento configura un maltrattamento a danno dell’animale ed assoggetta il responsabile alla sanzioni previste nella l. 20 luglio 2004, n. 189 (11).

Infine, ulteriore serie di divieti è riscontrabile nell’art. 5, comma 4º, del provvedimento. Nello specifico è vietato ad una particolare tipologia di soggetti (12) di acquistare o di possedere o di detenere i cani indicati nella c.d. “lista nera” ovvero i cani che presentino una aggressività non controllata.

3. Segue: gli obblighi gravanti sui proprietari e detentori di cani.

Gli obblighi gravanti sui proprietari e detentori di cani sono invece indicati negli artt. 2 e 3 dell’ordinanza.

La prima norma (art. 2) impone l’obbligo, nei casi in cui l’animale si trovi in un luogo pubblico, di applicare alternativamente la museruola o il guinzaglio; ove invece l’animale si trovi in locali pubblici o sui mezzi di trasporto pubblici l’obbligo da alternativo diventa cumulativo in quanto devono essere applicati contemporaneamente sia la museruola che il guinzaglio. Riguardo i cani a rischio di aggressività elencati nella c.d. “lista nera” l’obbligo dell’applicazione contemporanea della museruola e del guinzaglio è operante anche nelle ipotesi in cui l’animale si trovi “nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico”.

Il successivo art. 3 prevede che: “chiunque possegga o detenga cani di cui all’articolo 1, comma 1º, lettera b) ha l’obbligo di vigilare con particolare attenzione sulla detenzione degli stessi al fine di evitare ogni possibile aggressione a persone e deve stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni contro terzi causati dal proprio cane”.

La norma de qua contiene dunque due distinti precetti: l’obbligo di vigilanza e l’obbligo di stipula di polizza assicurativa (13).

Il primo dei suddetti comandi altro non è che una sorta di rinvio (o mera ripetizione?) alla figura speciale ed aggravata di responsabilità aquiliana regolata nell’art. 2052 c.c.(14) che testualmente dispone: “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.

La ratio della responsabilità ex art. 2052 c.c. è individuata nel dovere di custodia sull’animale (15). Al termine “custodia”, in particolare, è attribuito il significato di “disponibilità di fatto dell’animale”.

Essendo il fondamento della responsabilità in commento ravvisato nel c.d. rapporto di “utenza dell’animale” (16), soggetti legittimati passivamente in base all’art. 2052 c.c. sono il proprietario dell’animale ovvero, il titolare di un diritto reale minore o di mero godimento sul medesimo ovvero, infine, il titolare di un mero potere di fatto sullo stesso (17). Solo ai soggetti appena citati, difatti, può essere riferito il brocardo cuius commoda eius et incommoda (18) derivante, la loro responsabilità, dai vantaggi connessi all’utilizzazione dell’animale (19).

Da quanto precede, consegue, quindi, che l’obbligo di vigilanza ex art. 3 dell’ordinanza in esame ha carattere meramente specificativo e non innovativo del sistema apprestato dal legislatore in tema di tutela delle vittime da aggressioni di cani (20). L’obbligo in parola rientrerà difatti nel più ampio genus di “custodia” già codificato nella norma di cui all’art. 2052 c.c. (21).

Sicuramente apprezzabile è, invece, il secondo degli obblighi previsto nell’art. 3 dell’Ordinanza 12 dicembre 2006, ovvero di imporre ai proprietari, ai possessori ed ai detentori di cani c.d. “aggressivi” di stipulare polizza di assicurazione dalla r.c.

L’aggressione da parte di cani può, difatti, riverberarsi o ripercuotersi su di un numero elevato di persone in quanto chiunque può imbattersi nelle conseguenze dannose dell’aggressione da parte dell’animale, sotto un duplice aspetto: può essere la vittima dell’aggressione e, dunque, il danneggiato ovvero può essere il soggetto che è tenuto a rispondere quale possessore e detentore dell’animale e, dunque, il danneggiante.

Considerato che le conseguenze dannose derivanti dall’aggressione da parte di cani possono essere di una certa rilevanza in termini di quantum risarcitorio, lo strumento della assicurazione della responsabilità civile assume senz’altro una grande utilità rendendo più semplice per il danneggiato ottenere il risarcimento del danno e tenendo altresì indenne l’assicurato-danneggiante dal rischio di eventuali azioni civili (22). Ovviamente, l’obbligatorietà dell’assicurazione si prefigge lo scopo, anche in siffatta materia, di garantire ai danneggiati il risarcimento dei danni cui spesso si sottraevano possessori o detentori di cani pericolosi per incapacità finanziaria e patrimoniale.

4. Le sanzioni.

La violazione dei precetti dell’ordinanza in commento è regolata dall’art. 6, comma 1º, che dispone: “le violazioni delle disposizioni della presente ordinanza sono sanzionate dalle Amministrazioni competenti secondo i parametri territoriali in vigore”.

La lettera dell’articolo in esame si presta a qualche obiezione.

Innanzi tutto, il Ministro della Sanità avrebbe potuto intervenire in siffatta materia in modo più efficace stabilendo apposite sanzioni – di tipo civile, amministrativo e penale – valevoli per tutto il territorio nazionale nei casi di violazione dei comandi stabiliti nel testo normativo di cui si discute (23). L’aver affidato l’impianto punitivo alla potestà legislativa degli enti locali (Regioni e Province) significa, difatti, che unica sanzione comminabile ai trasgressori dei comandi previsti nell’ordinanza de qua sarà quella di tipo amministrativa (24); del resto, la potestà di stabilire sanzioni amministrative in materia sanitaria spetta, in relazione alle rispettive competenze, alle regioni ed alla province autonome (25).

Naturalmente, una sanzione amministrativa sarà comminabile solo nell’ipotesi in cui il contenuto dell’ordinanza in esame sarà recepito da una apposita amministrazione competente in quanto, in mancanza, l’intera ordinanza sarà equiparabile ad una sorta di “linea guida” (26).

Circa i normali rimedi di tipo civile e penale per le vittime di aggressioni da parte di cani, l’ordinanza del ministro Turco nulla aggiunge allo stato dell’arte.

In tema di sanzioni civili, si è già detto supra sull’applicazione delle regole della responsabilità aquiliana e, in particolar modo, dell’art. 2052 c.c. Dunque, tramite l’istituto della responsabilità civile si risarcirà il soggetto al quale è stato arrecato un danno ingiusto (27), eventualmente anche tramite il ripristino dello status quo ante, dissuadendo, così, chiunque intenda, volontariamente o colposamente, compiere, anche tramite l’utilizzo di cani, atti pregiudizievoli per i terzi (28).

Il sistema penale, d’altro canto, appresta anch’esso tutela alla vittima di aggressione da parte di cani. Innanzitutto, troveranno applicazione le norme codificate nel capo Iº, del titolo XIIº, del libro IIº, del codice penale, in tema di delitti contro la vita e l’incolumità individuale (29); inoltre, sarà applicabile la norma di cui all’art. 672 c.p., in tema di omessa custodia e mal governo di animali (30).

Da ultimo, ulteriore sanzione a carico del proprietario dell’animale è quella prevista nell’art. 5, comma 5º, che testualmente prevede: “il proprietario o il detentore di un cane di cui all’articolo 1, comma 1º, lettera b) e di cui al comma 1º del presente articolo che non è in grado di mantenere il possesso del proprio cane nel rispetto delle disposizioni di cui alla presente ordinanza deve interessare le autorità veterinarie competenti del territorio al fine di ricercare con le amministrazioni comunali idonee soluzioni di gestione dell’animale stesso ivi compresa la valutazione ai sensi dell’articolo 2, comma 6º, legge 14 agosto 1991, n. 281”.

La norma è stata sottoposta a serrata critica da parte dei rappresentanti delle associazioni a tutela degli animali in quanto renderebbe possibile, per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico, la possibilità di praticare l’abbattimento eutanasico dei cani esclusivamente in base alla razza di appartenenza degli stessi (31), capovolgendo così il dettato normativo di cui alla l. 281/1991 che permetteva invece l’abbattimento dei cani solo in base allo stato di salute degli stessi ovvero a mente della loro comprovata pericolosità (32).

1() Segnalo, da ultimo, la sciagura avvenuta a Rivara (To) in data 18 aprile 2007 in cui in cui una bambina di nove mesi è stata uccisa dai rottweiler dei genitori. Ampio spazio sui media hanno avuto anche i seguenti precedenti: nel luglio 2005, a Piacenza, un bambino di 5 anni veniva azzannato da uno Staffordshire terrier e riportava gravissime lesioni fisiche; nel febbraio 2006, in provincia di Pescara, una bambina di sei anni veniva aggredita da un rottweiler e riportava una ferita al volto suturata con 20 punti; nel novembre 2006, a Udine, un bambino di 3 anni veniva ferito gravemente da un rottweiler; nel febbraio 2007, sul Lago Maggiore, una bambina di 11 anni veniva aggredita da un cane di razza corsa e riportava gravi ferite alla testa ed al volto; nel marzo 2007, a Genova una bambina di 7 anni veniva azzannata da due rottweiler e riportava gravi lesioni fisiche: cfr., Corriere della Sera del 19 aprile 2007, pagg. 26 e 27.

2() L’on. Zanelli ha annunziato l’imminenza di un disegno di legge per regolare definitivamente la materia dei cani pericolosi: cfr., http://www.veterinari.it/print.php?sid=1818.

3() Tale ordinanza, titolata «Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressività di cani» è datata 3 ottobre 2005; è stata pubblicata nella G.U. n, 281 in data 2 dicembre 2005. Tale ordinanza è stata preceduta da quella a firma Sirchia del 27 agosto 2004, pubblicata nella G.U. n. 213 in data 2 dicembre 2004.

4() Il provvedimento è stato pubblicato nella G.U n. 10 del 13 gennaio 2007.

5() La frase del testo riportata in corsivo è testualmente indicata nelle premesse che precedono l’ordinanza Turco 12 dicembre 2006.

6() La pubblicazione del provvedimento in commento ha avuto ampio risalto dagli organi di informazione. Cfr., per tutti, http://www.corriere.it/Rubriche/Animali/2007/01_Gennaio/15/cani.htlm; http://repubblica.it/2007/01/sezioni/cronaca/cani-ordinanza-turco.htlm.

7() Sul tema dell’applicazione delle regole della responsabilità civile al mero detentore di animali segnalo, Trib. Perugia, 4 luglio 1998, in Rass. giur. umbra, 1999, 72, con nota di Bellucci: «Colui che tollera all’interno del proprio fondo la presenza di un animale (nella specie, un cane lupo) ha l’obbligo di adottare ogni cautela idonea a prevenire possibili aggressioni dello stesso ai danni di coloro che legittimamente accedono al luogo medesimo, indipendentemente dal fatto che l’animale sia o meno di sua proprietà o venga da lui utilizzato».

8() Sulla pericolosità di alcune razze di cani, v. Cass., 8 marzo 1990, n. 1840, in Mass. Giust. civ., 1990, fasc. 3, in Foro it., 1990, I, 3219: «i cani da guardia in genere, e quelli appartenenti anche per somiglianza alla razza dei pastori tedeschi in particolare, sono da considerarsi pericolosi e, quindi, rientranti nella disciplina di cui all’art. 672 c.p. (omessa custodia e malgoverno di animali)»; Cass., 26 giugno 1951, n. 1314, Cass., 15 maggio 1957, n. 1040; Cass., 2 luglio 1962, n. 43.

9() L’elenco dei cani considerati potenzialmente pericolosi è il seguente: American Bulldog, cane da pastore di Charplanina, cane da pastore dell’Anatolia, cane da pastore dell’Asia centrale, cane da pastore del Caucaso, cane da Serra da Estreilla, Dogo argentino, Fila brazileiro, Perro da canapo maioero, Perro da presa canario, Perro da presa Mallorquin, Pit bull, Pit bull mastiff, Pit bull terrier, Rafeiro do alentejo, Rottweiler e Tosa inu.

10() La legge 376/2000, pubblicata nella Gazz. Uff. del 18 dicembre 2000, n. 294, titolata «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping», prevede testualmente all’art. 1, rubricato «Tutela sanitaria delle attività sportive. Divieto di doping», che: 1.] L’attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei principi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping, con appendice, fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 29 novembre 1995, n. 522. Ad essa si applicano i controlli previsti dalle vigenti normative in tema di tutela della salute e della regolarità delle gare e non può essere svolta con l’ausilio di tecniche, metodologie o sostanze di qualsiasi natura che possano mettere in pericolo l’integrità psicofisica degli atleti. 2.] Costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. 3.] Ai fini della presente legge sono equiparate al doping la somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione di pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche indicati nel comma 2º […]». Sull’argomento, vedi Ariolli e Bellini, Disposizioni penali in materia di doping, Milano, 2005, 29 e ss.

11() La legge 20 luglio 2004, n. 189, pubblicata nella Gazz. Uff., 31 luglio 2004, n. 178, titolata «Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate» ha aggiunto al codice penale il titolo IX-bis – Dei delitti contro il sentimento per gli animali. In tema di maltrattamenti, il nuovo art. 544-ter c.p. (rubricato: «Maltrattamento di animali»), dispone che: «1.] Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. 2.] La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. 3.] La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al comma 1º deriva la morte dell’animale».

12() In base all’art. 5, comma 4º, i soggetti ai quali è vietato possedere cani aggressivi sono: i delinquenti abituali o per tendenza; le persone sottoposte a misure di prevenzione personale o a misura di sicurezza personale; le persone che abbiano riportata condanna, anche non definitiva, per delitto non colposo contro la persona o contro il patrimonio, punibile con la reclusione superiore a due anni; le persone che abbiano riportato condanna, anche non definitiva, per i reati di cui agli artt. 772, 544 ter, 544 quater, 544 quinquies c.p. e per quelli previsti dall’art. 2 l. 189/2004.

13() Sul tema dell’assicurazione della r.c. rinvio, per tutti, a Angeloni, Assicurazione della responsabilità civile, in Enc. del dir., III, Milano, 1958, 554 e ss.

14() Sul danno cagionato da animali, v., da ultimo, Felleti, La speciale responsabilità aquiliana prevista dall’art. 2052 c.c. per il danno cagionato da animali, in questa Rivista, 2007, 22 e ss.

15() Franzoni, Dei fatti illeciti, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 1993, sub art. 2052, 606 e ss.; Id., L’illecito, in Trattato della responsabilità civile diretto da Franzoni, Milano, 2004, 455 e ss.; Facci, Il danno cagionato da animali, in Le obbligazioni, II, Le obbligazioni da fatto illecito, a cura di Franzoni, Torino, 2004, 311 e ss.; Bianca, Diritto civile, La responsabilità, V, Milano, 1994, 723; Di Giovine, La R.C. per i danni cagionati da animali, in La responsabilità civile, a cura di Cendon, Torino, 1998, 389; Scognamiglio, Responsabilità per fatto altrui, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1968, 645; Jannarelli, La responsabilità civile, in Istituzioni di diritto privato, a cura di Bessone, Torino, 1995; Geri, Responsabilità civile da cose in custodia, animali e rovina di edificio, Milano, 1974, 328.

16() Cfr., Cass., 30 novembre 1977, n. 5226, in Giust. civ., 1978, I, 739: «il fondamento della responsabilità di cui all’art. 2052 deriva dal concetto di utilità che dall’animale ritrae il proprietario o chi se ne serve temporaneamente in forza di un diritto reale parziale (usufrutto, uso) o di un rapporto contrattuale (comodato, locazione) derivante anche da un titolo di mera cortesia, ma implicante pur sempre il diritto di utilizzazione di esso […]».; Cass., 4 dicembre 1998, n. 12307, cit., ove si legge in motivazione che: «[…] chiunque eserciti su di esso un potere effettivo di governo del tipo di quello che normalmente compete al proprietario, derivi questo da un rapporto giuridico o di fatto. Ne consegue che normalmente la responsabilità grava sul proprietario, perché questi «fa uso» dell’animale. Perché la responsabilità gravi su altro soggetto occorre, anzitutto, che il proprietario, giuridicamente o di fatto si sia spogliato di detta facoltà di «far uso» dell’animale, trasferendola ad un terzo. Qualora, invece, il proprietario continui a «far uso» dell’animale, sia pure tramite un terzo, e, quindi, egli abbia ingerenza nel governo dell’animale, poiché la responsabilità per danni cagionati da animali è solo espressione del principio ubi commoda, ibi et incommoda, il responsabile del danno rimane pur sempre il proprietario […]».

17() Cfr., per tutti, Felleti, ult. op. cit., 23.

In giurisprudenza, Cass., 9 gennaio 2002, n. 200, in questa Rivista, 2002, 1394, con nota di Citarella, Mandrie (moto)veicoli e responsabilità civile; e in Danno e resp., 2002, 387, con nota di Caputi: «il proprietario di un animale (o chi ne abbia l’uso) risponde ai sensi dell’art. 2052 c.c. sulla base non già di un proprio comportamento o di una propria attività, ma sulla base della mera relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra lui e l’animale, nonché del nesso di causalità sussistente fra il comportamento di quest’ultimo e l’evento dannoso, fattori – questi – di cui deve dare prova il danneggiato. Il limite di un tal tipo di responsabilità è rappresentato unicamente dal caso fortuito, di cui incombe prova al medesimo proprietario (o utilizzatore), e che non può attenere propriamente al comportamento del medesimo, ma a quello dell’animale»; Cass., 30 marzo 2001, n. 4742, in Nuova giur. civ., 2002, I, 412, con nota di Capecchi; Cass., 4 dicembre 1998, n. 12307, in Danno e resp., 1999, 475; in questa Rivista, 1999, 702, con nota di Citarella, La natura della responsabilità per danno cagionato da animali; in Foro it., 1999, I, 1938.

18() Franzoni, ult. op. cit., 458; Monateri, Le fonti delle obbligazioni. 3. La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, 1998, 1061; contra Bianca, ult. op. cit., 722 e ss., secondo il quale il brocardo non ha pregio alcuno rispetto al concetto di custodia.

19() Branca, Profili storici della responsabilità extra contrattuale, in Temi romana, 1967, I, 159 e ss., il quale evidenzia come l’animale, nell’antica Roma, «essendo uno strumento necessario all’esercizio dell’agricoltura, aveva un’altissima funzione satisfattoria, costituiva un autentico valore, come strumento di produzione, per il danneggiato a cui lo si dava invece d’una somma di denaro».

20() Vedi, Cass., 8 marzo 1990, n. 1840, cit.; Cass. pen., 1 marzo 1988, in Giust. pen., 1989, II, 90: «al fine di escludere l’elemento di colpa, di cui all’art. 672, comma 1º, c.p., rappresentato dalla mancata adozione delle debite cautele nella custodia di un cane da guardia, non basta che l’animale pericoloso si trovi in luogo privato o recintato, ma è necessario che in tale luogo non possano introdursi estranei (Nella specie è stato precisato, altresì, che vertendosi in materia penale, è inconferente il richiamo all’art. 2052 c.c., in quanto non bisogna stabilire se l’imputato ha fornito la prova liberatoria richiesta da detta norma per vincere la presunzione di responsabilità per danno cagionato da animali, ma soltanto accertare se sussiste o no il predetto elemento di colpa)».

21() La responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. è di tipo oggettivo.

La giurisprudenza pacificamente ammette che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 2052 c.c., non rilevano gli elementi soggettivi dell’illecito aquiliano, bensì il mero fatto di essere proprietario e di servirsi dell’animale. V., da ultimo, Cass., 19 marzo 2007, n. 6454, inedita, ove si legge in motivazione: «[…] La responsabilità del proprietario dell’animale, prevista dall’articolo 2052 c.c., è presunta, fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale (Cass., 12307/1998). Ne consegue che per i danni cagionati dall’animale al terzo il proprietario risponde in ogni caso ed in toto, a meno che non dia la prova del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, comprensivo anche del fatto del terzo o del fatto colposo del danneggiato che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno […]». Cfr., inoltre, Cass., 4 dicembre 1998, n. 12307, cit.: «la responsabilità del proprietario dell’animale, prevista dall’art. 2052 c.c., costituisce un’ipotesi di responsabilità oggettiva, fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale. Ne consegue che al proprietario (o all’utilizzatore) dell’animale che ha causato il danno, per andare esente da responsabilità, non è sufficiente fornire la prova negativa della propria assenza di colpa, ma deve fornire la prova positiva che il danno è stato causato da un evento fortuito (cioè imprevedibile, inevitabile, assolutamente eccezionale)»; Cass., 23 novembre 1998, n. 11861, cit.; Trib. Perugia, 16 marzo 1998, in Rass. giur. umbra, 1999, 56, con nota di Romano; Trib. Perugia, 3 ottobre 1998, in Rass. giur. umbra, 1999, 56, con nota di Romano; Cass., 9 dicembre 1992, n. 13016, in Arch. circolaz., 1993, 420.

22() Così Angeloni, ult. op. cit., 555.

23() Per Felicetti, Nuova ordinanza sui «cani pericolosi», in http://www.animalieanimali.it/primopiano.asp, il testo dell’articolo 6 dell’ordinanza equivale ad una sorta di rinuncia all’applicazione dell’art. 650 c.p. per chi disattende gli ordini dell’Autorità.

24() Cfr., Corte cost., 23 luglio 1991, n. 365, in Cons. Stato, 1991, II, 1319; in
in Giur. cost., 1991, 2910: «la materia delle sanzioni amministrative non è riservata allo Stato e può quindi formare oggetto di legislazione regionale, nelle materie di competenza regionale […]».

25() Corte cost., 25 marzo 1992, n. 123, in Giur. cost., 1992, 1041: «la potestà delle regioni e province autonome di sanzionare illeciti amministrativi ricadenti in materia sanitaria spetta ad esse, in relazione alle loro rispettive competenze sostanziali e le norme statali dettate in materia hanno efficacia suppletiva, finché le dette regioni e province medesime non abbiano adottato una propria disciplina; pertanto, l’art. 5, comma 1º 2 e 3 l. 14 agosto 1991, n. 281, non è in contrasto con gli art. 8, n. 21, e 16 d.p.r. 31 agosto 1972, n. 670 (statuto speciale Trentino-Alto Adige), stante l’erroneità del presupposto che il detto articolo, nello stabilire le sanzioni amministrative per l’inosservanza delle norme contenute nella legge stessa, in materia di iscrizione dei cani in apposita anagrafe, di abbandono di cani e gatti o di qualsiasi animale custodito e di commercio di cani e gatti a fine di sperimentazione, abbia dettato una disciplina non meramente suppletiva, bensì sostitutiva di quella di competenza provinciale».

26() Così Felicetti, Nuova ordinanza sui «cani pericolosi», cit.

27() Cfr., Cass., sez. un., 26 gennaio 1971, in Foro it., 1971, I, 342.

28() Facci, ult. op. cit., 6.

29() Cfr., per tutti, Trib. S. Maria Capua V., 6 giugno 1981, in Giust. pen., 1981, II, 651. «Ove le reti laterali di recinzione autostradale presentino uno stato di dissesto tale da favorire l’invasione delle corsie di percorrenza da parte di animali, rispondono del delitto di omicidio colposo dovuto alla predetta invasione le persone responsabili della manutenzione giornaliera del tratto autostradale. Nessuna responsabilità, invece, è configurabile a carico dei dirigenti del tratto medesimo stante la predisposizione di un adeguato ed articolato servizio di vigilanza».

30() Tale norma, testualmente prevede: «[I]. Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con [l’ammenda] da 25 euro a 258 euro. [II]. Alla stessa pena soggiace: 1) chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a pericolo l’incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta; 2) chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l’incolumità delle persone».

In giurisprudenza, in tema di applicazione dell’art. 672 c.p. ai cani, v. Cass., pen, 16 dicembre 1988, in Riv. polizia, 1999, 584: «in tema di custodia di animali, l’obbligo sorge ogni volta che sussista una relazione di possesso o di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, posto che l’art. 672 c.p. relaziona l’obbligo di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al possesso dell’animale, possesso da intendersi come detenzione anche solo materiale e di fatto senza che sia necessario che sussista una relazione di proprietà in senso civilistico (Fattispecie in tema di responsabilità per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane)»; Cass. pen., 13 novembre 1984, in Riv. pen., 1985, 437: «ai fini della contravvenzione prevista dall’art. 672 c.p., quando trattasi di animali domestici normalmente innocui, come i cani, la pericolosità in essi dev’essere accertata in concreto, di volta in volta, con specifico riferimento alla razza, all’indole e agli eventuali sintomi di malattia dell’animale. Tuttavia deve considerarsi pericoloso, anche se sano, un cane lupo, tipico animale da guardia».

31() Così Traiano, Cani aggressivi: la nuova ordinanza ministeriale, comunicato stampa LAV (Lega Anti Vivisezione), del 15 gennaio 2007, in http://www.lav.lombardia.it/pages/posts/cani-aggressivi-nuova-ordinanza-ministeriale237.php.

32() L’art. 2, rubricato «Trattamento dei cani e di altri animali di affezione», della l. 14 agosto 1991, n. 281, in Gazz. Uff., 30 agosto 1991, n. 203, titolata «Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo», prevede testualmente: «[1]. Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite viene effettuato, tenuto conto del progresso scientifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali. I proprietari o i detentori possono ricorrere a proprie spese agli ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici degli animali e di privati. [2]. I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1º dell’articolo 4, non possono essere soppressi. [3]. I cani catturati o comunque provenienti dalle strutture di cui al comma 1º dell’articolo 4, non possono essere destinati alla sperimentazione. [4]. I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore. [5]. I cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 1º dell’articolo 4, devono essere tatuati; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l’echinococcosi e altre malattie trasmissibili. [6]. I cani ricoverati nelle strutture di cui al comma 1º dell’articolo 4, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni, possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità. [7]. È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà. [8]. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sanitaria competente per territorio e riammessi nel loro gruppo. [9]. I gatti in libertà possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili. [10]. Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d’intesa con le unità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza. [11]. Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture di cui al comma 1º dell’articolo 4, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell’unità sanitaria locale. [12]. Le strutture di cui al comma 1º dell’articolo 4 possono tenere in custodia a pagamento cani di proprietà e garantiscono il servizio di pronto soccorso». [/thrive_lead_lock]

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