Danno al trasportato ed azione diretta nei confronti dell’assicuratore della r.c.a.

Marco Rossetti, Danno al trasportato ed azione diretta nei confronti dell’assicuratore della r.c.a., in Danno e Resp., 2008, 2, p. 239

Danno al trasportato ed azione diretta nei confronti dell’assicuratore della r.c.a.

Sommario: 1. Premessa – 2. La legittimazione passiva rispetto alla domanda del trasportato – 3. Azione diretta e convenzione CARD: siamo ancora nell’area dell’assicurazione della responsabilità civile? – 4. Il litisconsorzio

1. Premessa

La sentenza che si annota costituisce uno dei primi interventi su una delle norme più tormentate del nuovo codice delle assicurazioni: quell’art. 141 il quale disciplina il risarcimento dei danni patiti dal trasportato. Di questa norma è controverso praticamente tutto, sia sul piano sostanziale che processuale.

Sotto il primo profilo è discusso:

(a) se la norma abbia o no introdotto a carico dell’assicuratore del vettore una ipotesi di responsabilità oggettiva;

(b) quale sia il contenuto della prova liberatoria che l’assicuratore deve fornire per liberarsi dalla presunzione di colpa a carico del vettore;

(c) se il fatto del terzo costituisca o meno caso fortuito;

(d) come operi il limite del massimale.

Sul piano processuale, è controverso se:

(e) il trasportato abbia o meno l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, ove diverso dal vettore;

(f) il trasportato abbia o meno l’azione ordinaria ex art. 2054 c.c. nei confronti del vettore o del terzo responsabile; [thrive_lead_lock id=’4487′]

(g) nel giudizio promosso contro l’assicuratore del vettore debba essere chiamato anche quest’ultimo.

La sentenza del tribunale campano affronta e risolve un problema di natura processuale, e cioè se la nuova norma consenta o meno al trasportato, che sia rimasto vittima di un sinistro, di proporre la propria domanda di risarcimento nei confronti del proprietario del veicolo antagonista e dell’assicuratore di quest’ultimo.

A tale problema il giudicante ha dato risposta affermativa, attraverso un ragionamento che può così riassumersi:

(a) la legge consente all’assicuratore del responsabile di intervenire nel giudizio promosso dal trasportato contro l’assicuratore del vettore, al fine di negare la responsabilità del proprio assicurato;

(b) in questo caso, il litisconsorzio va integrato nei confronti del proprietario del veicolo antagonista;

(c) ciò vuol dire che il legislatore ha ammesso la possibilità che la lite introdotta dal trasportato possa svolgersi nei confronti di soggetti diversi rispetto all’assicuratore del vettore;

(d) se ciò può accadere per effetto di una scelta discrezionale dell’assicuratore del veicolo antagonista, a fortiori dovrà ritenersi possibile per effetto di una scelta discrezionale del trasportato-danneggiato;

(e) ergo, deve ritenersi che quest’ultimo abbia la facoltà, ma non l’obbligo, di promuovere l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del vettore.

Il giudice campano perviene quindi alla conclusione che il trasportato, se vuole, può convenire in giudizio a sua discrezione sia l’assicuratore del veicolo antagonista, sia quello del vettore, sia tutti e due, come appunto era avvenuto nel caso di specie (1).

La sentenza è certamente apprezzabile per lo sforzo profuso nel ricostruire sul piano sistematico una norma oggettivamente poco chiara, e perviene ad una soluzione cha indubbiamente ha dalla sua le ragioni del buon senso e della praticità, soluzione che anche chi scrive aveva ritenuto in un primo momento ammissibile, sebbene in forma dubitativa (2).

Tuttavia una più approfondita riflessione, stimolata proprio dal caso deciso dalla sentenza qui in rassegna, mi pare renda ineludibile accedere alla soluzione opposta, e ritenere che il trasportato possa esperire l’azione diretta nei soli confronti dell’assicuratore del vettore, non già nei confronti dell’assicuratore del veicolo antagonista.

Vediamo il perché.

2. La legittimazione passiva rispetto alla domanda del trasportato

Per chiarezza espositiva, è opportuno esaminare partitamente i tre problemi processuali indicati al par. precedente, e cioè:

– chi sia l’assicuratore passivamente legittimato rispetto all’azione diretta;

– chi sia (e se ci sia) il litisconsorte necessario nell’azione diretta contro l’assicuratore del vettore;

– se sia ammesso il cumulo dell’azione diretta con quella ordinaria (ex art. 2054 c.c.), e chi sia legittimato passivo rispetto a quest’ultima.

In ordine al primo problema la sentenza qui in rassegna ritiene che sussista una legittimazione cumulativa dell’assicuratore del vettore e di quello del veicolo antagonista, Questa tesi, come accennato, presta il fianco a due ordini di critiche: sia sul piano dell’interpretazione letterale, sia per gli effetti cui condurrebbe.

2.1. Sul piano dell’interpretazione letterale è doveroso ricordare che l’art. 141 cod. ass. afferma recisamente: «l’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro » (art. 141, comma 3, cod. ass.).

La legge non disciplina qualsiasi “azione” di cui sia divenuto titolare il trasportato in conseguenza del sinistro, ma prende in considerazione unicamente la “azione diretta”.

La “azione diretta”, ai sensi dell’art. 144 cod. ass. (rubricato appunto “azione diretta”) è quella concessa dalla legge alla vittima del sinistro nei confronti dell’assicuratore del responsabile, azione che in mancanza di una norma ad hoc la vittima non potrebbe mai vantare nei confronti dell’assicuratore della r.c. del danneggiante, per principio pacifico e risalente (3).

Se dunque l’art. 141 cod. ass. prende in esame la “azione diretta” spettante al trasportato-danneggiato per stabilire che questa «è esercitata nei confronti » dell’assicuratore del vettore, in virtù del generale principio inclusio unius, exclusio alterius deve concludersi che la vittima non abbia altre azioni dirette. In particolare, non abbia la possibilità di promuovere l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del veicolo antagonista.

2.2. Oltre che sul piano letterale, la tesi della legittimazione cumulativa ed alternativa tra i due assicuratori (quello del vettore e quello dell’antagonista) rispetto alla domanda dell’assicurato appare non convincente sul piano degli effetti, perché conduce ad una interpretatio abrogans, ovvero ad una disapplicazione di fatto, dell’art. 141 cit..

Infatti il comma 3, ultima parte, dell’art. 141 cod. ass., stabilisce che «l’impresa di assicurazione del responsabile civile [recte, del terzo responsabile] può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo [recte, del vettore], riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ».

Or bene, se fosse consentito al trasportato scegliere quale assicuratore convenire (quello del vettore, quello dell’antagonista o tutti e due insieme) questa norma dovrebbe essere o inapplicabile, oppure inutile.

Processualmente, infatti, non potrebbero darsi che tre possibilità:

(a) l’assicuratore dell’antagonista è stato convenuto unitamente e cumulativamente con l’assicuratore del vettore.

In questo caso un intervento in causa non sarebbe nemmeno concepibile, giacché tutti e due gli assicuratori sono già parti del medesimo processo.

(b) L’assicuratore dell’antagonista è stato convenuto in un giudizio diverso ed autonomo rispetto a quello promosso contro l’assicuratore del vettore.

In questo caso, ove il primo intendesse intervenire nel giudizio promosso contro il secondo, l’interveniente si vedrebbe sistematicamente opporre una eccezione di litispendenza, che renderebbe di fatto inapplicabile l’art. 141 cod. ass..

(c) Il trasportato ha convenuto in giudizio unicamente l’assicuratore del vettore.

In questo caso, se fosse vera la tesi qui contestata (e cioè che il trasportato conserva la facoltà di convenire in giudizio sia l’uno che l’altro degli assicuratori astrattamente coinvolti), il comma terzo dell’art. 141 cod. ass. si rivelerebbe una norma perfettamente inutile, in quanto l’intervento del coobbligato solidale nel giudizio promosso contro uno dei condebitori già in passato era consentito dall’art. 107 c.p.c. (ricorrendo una tipica ipotesi di “comunanza di causa”).

In conclusione, ad accedere alla tesi sostenuta dalla sentenza qui in rassegna, la previsione dell’intervento dell’assicuratore dell’antagonista nel giudizio promosso contro l’assicuratore del vettore sarebbe o di impossibile attuazione, ovvero un inutile doppione dell’art. 107 c.p.c..

È noto tuttavia che quando una norma è astrattamente suscettibile di più interpretazioni diverse, l’interprete deve preferire quella che consente alla norma di produrre degli effetti, piuttosto che quella la quale renderebbe la norma priva di effetti concreti e quindi inutile.

Dunque il sillogismo articolato dalla sentenza che si annota mi sembra dovrebbe essere capovolto: non è esatto dire che se il legislatore ha consentito l’intervento in causa dell’assicuratore dell’antagonista, a fortiori egli potrà essere convenuto direttamente dal trasportato. In realtà è vero il contrario: proprio perché non è consentito al trasportato convenire in giudizio l’assicuratore dell’antagonista, il legislatore ne ha previsto la possibilità di intervento, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di previsioni ad hoc: la facoltà di intervenire sarebbe discesa pianamente dall’art. 107 c.p.c..

3. Azione diretta e convenzione CARD: siamo ancora nell’area dell’assicurazione della responsabilità civile?

La conclusione cui si è appena giunti (il trasportato danneggiato ha azione “diretta” solo nei confronti dell’assicuratore del vettore) sta e cade con le implicite premesse su cui si fonda, e cioè:

(a) la garanzia prestata dall’assicuratore del vettore rientra nell’area della assicurazione di responsabilità civile;

(b) di conseguenza l’azione dalla legge eccezionalmente concessa al danneggiato nei confronti dell’assicuratore del vettore rientra nel genus dell’azione “diretta” di cui all’art. 144 cod. ass..

In dottrina è stato tuttavia affacciato il dubbio che il sistema dell’assicurazione del terzo trasportato – così come quello dell’indennizzo diretto – abbia ormai di fatto abbandonato l’area dell’assicurazione della responsabilità civile, per trasformarsi in una assicurazione contro i danni a favore del terzo.

Questa opinione viene fondata sulle ragioni che seguono.

L’art. 141, comma 4, cod. ass. consente all’assicuratore del vettore di rivalersi delle somme pagate al danneggiato nei confronti dell’assicuratore dell’effettivo responsabile. Nessun dubbio potrebbe sussistere sul fatto che l’assicuratore paghi in nome e per conto di altri, se gli fosse consentito recuperare dal responsabile tutto quello che ha pagato. Così tuttavia non è: infatti il sistema delle rivalse tra assicuratore del vettore ed assicuratore dell’antagonista consente al primo, in determinati casi, di recuperare una somma del tutto diversa e scollegata da quella effettivamente pagata al trasportato, somma che potrebbe essere non solo inferiore, ma anche superiore a quest’ultima.

Vediamolo dunque più in dettaglio, questo sistema, per poi stabilire se esso sia tale da trasformare l’assicurazione della r.c. del vettore in una vera e propria assicurazione contro i danni a favore del trasportato. Se così fosse, infatti, non sarebbe concepibile alcuna azione “diretta” di quest’ultima nei confronti dell’assicuratore del vettore, e la domanda proposta dal trasportato sarebbe una comune azione contrattuale proposta dall’assicurato (non contraente) nei confronti del proprio assicuratore danni. Di conseguenza, ove la verifica che ci accingiamo sommariamente a fare dovesse avere esito positivo, dovrebbe pervenirsi ad una soluzione analoga a quella adottata dalla sentenza qui in rassegna, sia pure sulla base di una diversa motivazione. Sarebbe infatti possibile in tal caso sostenere che l’azione concessa al trasportato dall’art. 141, comma 2, cod. ass., non costituendo una azione “diretta” (ai sensi dell’art. 144 cod. ass.), ma una comune azione di adempimento ex art. 1218 c.c., si cumula con quella diretta spettante al trasportato nei confronti dell’assicuratore dell’antagonista, ai sensi dell’art. 144 cod. ass., piuttosto che sostituirsi ad essa.

Proviamo dunque a stabilire se il sistema della legge consenta una simile soluzione.

Il quarto comma dell’art. 141 cod. ass. stabilisce che la rivalsa dell’assicuratore del vettore debba avvenire «nei limiti ed alle condizioni previste dall’art. 150 », dettato in tema di indennizzo diretto.

Quest’ultima norma, a sua volta, demanda ad un regolamento di attuazione la determinazione dei «princìpi per la cooperazione tra le imprese di assicurazione », per tali intendendosi le regole attraverso le quali dovranno avvenire i rimborsi.

Il regolamento, approvato con d.P.R. 18 luglio 2006 n. 254, demanda ad una convenzione da stipulare direttamente tra le imprese assicuratrici il contenuto ed i limiti delle rivalse, stabilendo però alcune regole particolari:

(a) la rivalsa deve avvenire attraverso il sistema della “stanza di compensazione”, nel quale ciascuna impresa compensa i propri crediti verso tutte le altre con i contro-crediti che ciascuna di queste ultima avrà globalmente totalizzato verso la prima;

(b) nel caso di danno a cose la compensazione avviene «sulla base di costi medi che possono essere differenziati per macroaree territorialmente omogenee in numero non superiore a tre »;

(c) nel caso di danni a persone, la compensazione può avvenire «anche sulla base di meccanismi che prevedano l’applicazione di franchigie a carico dell’impresa che ha risarcito il danno ».

A questi princìpi ha dato attuazione la “CARD – Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto”. L’art. 38 di tale convenzione, con espresso riferimento ai danni patiti dal trasportato, prevede che i risarcimenti liquidati dall’assicuratore del vettore al trasportato (sia per danni a cose che alla persona) «vengono rimborsati attraverso un forfait stabilito annualmente dal Comitato Tecnico previsto dal Regolamento di attuazione dell’art. 150 »; ed aggiunge che «il forfait non viene riconosciuto quando il danno effettivamente liquidato al trasportato sia inferiore o uguale ad una franchigia stabilita dallo stesso Comitato ».

La previsione di un rimborso forfettario in favore dell’assicuratore del vettore (quegli, cioè, che ha sostenuto l’onere del risarcimento al trasportato) può far sì che il risarcimento per l’assicuratore del vettore possa trasformarsi in una operazione non neutra: esso si trasformerà in un guadagno, se l’indennizzo pagato dovesse essere inferiore al forfait, ed in una perdita nel caso opposto. Lo scollegamento tra il risarcimento pagato alla vittima e la misura della rivalsa nella stanza di compensazione non mi sembra però possa portare a concludere che nel caso di specie ci si trovi dinanzi ad una assicurazione contro i danni, per varie ragioni.

La prima è che sarebbe ben strano che il legislatore avesse voluto introdurre una così significativa riforma dell’assicurazione della r.c.a. senza adottare al riguardo alcuna norma esplicita.

La seconda ragione è che lo iato tra indennizzo pagato dall’assicuratore del vettore e misura della rivalsa è elemento che non prova affatto la sussistenza di una assicurazione contro i danni, anzi prova troppo: ed infatti anche l’assicuratore contro i danni ha diritto di surrogazione ex art. 1916 c.c. nei confronti del responsabile, surrogazione che non può eccedere la misura dell’indennizzo pagato. Dunque il problema di giustificare dogmaticamente il forfait di cui all’art. 13 d.P.R. 245/041 sussisterebbe anche ove si volesse qualificare l’assicuratore del vettore come un assicuratore danni a favore del trasportato.

Quindi, ricapitolando:

(a) l’assicurazione disciplinata dall’art. 141 cod. ass. è e resta un’assicurazione della responsabilità civile, non contro i danni;

(b) l’azione prevista dall’art. 141, comma 2, cod. ass. è un’azione “diretta”, rientrante nel tipo dell’azione prevista dall’art. 144 cod. ass.;

(c) tale azione si sostituisce, e non si cumula, a quella che spetterebbe nei casi ordinari al danneggiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile, ex art. 144 cod. ass..

Quanto alla circostanza che l’assicuratore del vettore col sistema del forfait potrebbe recuperare dall’assicuratore del responsabile importi maggiori o minori rispetto a quello effettivamente pagato, essa non snatura il tipo contrattuale, ma costituisce più semplicemente una prestazione in luogo di adempimento ex art. 1197 c.c., imposta ex lege per evidenti finalità pratiche.

4. Il litisconsorzio

Risolta nei termini che precedono la questione della legittimazione passiva, diventa agevole dare risposta agli altri problemi posti dall’art. 141 e sopra ricordati, vale a dire:

– chi sia (e se ci sia) il litisconsorte necessario nell’azione diretta contro l’assicuratore del vettore;

– se sia ammesso il cumulo dell’azione diretta con quella ordinaria (ex art. 2054 c.c.).

La soluzione della prima questione appare quasi obbligata, una volta che si sia fatta rientrare l’azione del trasportato di cui all’art. 141, comma 2, cod. ass., nel genus dell’azione diretta di cui all’art. 144 cod. ass.. Quest’ultima norma stabilisce infatti che «nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno », e poiché l’azione contro l’assicuratore del vettore è una “azione diretta”, essa esige che sia convenuto anche il responsabile, che si presume essere il vettore ex art. 2054, comma 1, c.c..

Anche la soluzione della seconda questione non sembra complessa.

Per effetto della verificazione di un sinistro stradale la vittima diviene creditore nell’ambito di due diversi rapporti giuridici: uno ex delicto col danneggiante, l’altro ex lege con l’assicuratore di quest’ultimo. Limitare l’azionabilità della pretesa al solo assicuratore del vettore significa sopprimere l’azionabilità di un diritto di credito ex delicto, e ciò porrebbe seri problemi di conformità al dettato dell’art. 24 Cost..

Inoltre, interpretando alla lettera l’art. 141 cod. ass., ne deriverebbe la soppressione della solidarietà tra i coautori del fatto illecito, di cui all’art. 2055 c.c.. È tuttavia noto che la solidarietà tra più condebitori costituisce un beneficio per il creditore, ed escluderla significherebbe creare un conflitto tra il codice e la legge delega (l. 29 luglio 2003, n. 229). Quest’ultima infatti, all’art. 4, comma 1, lettera (b), prevedeva quale criterio direttivo per la redazione del codice la «tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli (…), avendo riguardo anche alla correttezza (…) del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio ». Orbene, escludere il beneficio della solidarietà tra condebitori non mi sembra una misura intesa a tutelare «consumatori e contraenti più deboli »: riterrei pertanto non vietato dalla lettera, ed anzi consono alla ratio della legge, interpretare l’art. 141 cod. ass. nel senso che il trasportato vittima del sinistro conservi integre tutte le proprie ragioni di credito nei confronti del vettore, ex art. 2054 c.c..

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(1) In senso contrario, peraltro, si veda Trib. Roma 24 luglio 2007, Accardo c. SAI, inedita.

(2) Sia consentito il rinvio a Rossetti, Commento all’art. 141 cod. ass., in La Torre (a cura di), Le assicurazioni, Milano, 2007, 834 e ss.

(3) In tal senso, ex multis, Cass. 20 aprile 2007, n. 9516, inedita; Cass. 8.3.2007 n. 5306, inedita; Cass., 3 ottobre 1996, n. 8650, in Resp. civ. prev., 1998, 468, con nota di Pogliani, Il «convitato di pietra » nell’assicurazione di responsabilità; Cass. 1 marzo 1990, n. 1572, in Arch. circolaz., 1990, 867; Cass. 19 giugno 1987, n. 5376, in Arch. civ., 1988, 47;Cass. 28 febbraio 1972, n. 602, inedita; Cass. 24 aprile 1969, n. 1341, inedita; Cass. 25 febbraio 1969, n. 618, inedita; Cass. 27 aprile 1968, n. 1337, in Assicurazioni, 1969, II, 2, 21; Cass. 4 marzo 1968, n. 708, in Assicurazioni, 1969, II, 2, 18. [/thrive_lead_lock]

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