Marco Rossetti, Rassegna di merito: giudice di pace Catania, 31 dicembre 2004, in Contratti, 2005, 4, p. 385, Utenza telefonica
Sommario: Il fatto – I precedenti
Il fatto
Un abbonato telefonico conveniva in giudizio il gestore, chiedendone la condanna alla restituzione delle spese di spedizione delle bollette telefoniche (nella specie, in tutto 7 euro più interessi), in quanto l’addebito all’utente era vietato dalla legge, e la clausola contrattuale che derogava a tale norma era vessatoria. [thrive_lead_lock id=’4487′]
Il giudice di pace ha accolto la domanda.
Le ragioni della decisione. La sentenza così motiva: «con riferimento alla (…) eccezione di improcedibilità della domanda per violazione della Legge n. 249/97, si rileva che pur riconoscendosi vigente la procedura prevista dalla Delibera n. 182/02 CONS, la quale, in esecuzione della citata legge, ha previsto che gli utenti singoli o associati, ovvero gli organismi di telecomunicazioni, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetto da un accordo di diritto privato o dalle norme in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’Autorità che intendano agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio», la «violazione» di tale previsione non si ritiene essere ostativa al fine di considerare validamente introdotto il giudizio innanzi a questo giudice.
Innanzitutto, si ritiene di condividere la decisione del G.d.P. di Ispica (in Gius n. 20/2004) per cui «Le procedure di conciliazione non sono obbligatorie e non possono impedire all’utente di rivolgersi direttamente all’Autorità Giudiziaria». Si consideri anche, che nella fattispecie, non essendo di fatto operative in loco le commissioni preposte alla conciliazione, l’osservanza delle procedure previste, risulta oltremodo penalizzante per l’utente divenendo addirittura un deterrente per colui che intenda fare valere un proprio diritto.
Inoltre, come detto, il tentativo di conciliazione è previsto per le controversie che hanno tratto causa dalla dedotta «violazione di un … diritto o interesse protetto da un accordo di diritto privato o dalle norme in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’Autorità», non, come nel caso in esame, dalla violazione di una norma di legge (…).
Le richieste di parte attrice sono fondate sul disposto dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/72 il quale al comma 8 prevede che «le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo», chiarendo al comma 1, che «la fattura si ha per emessa all’atto della sua consegna o spedizione all’altra parte». Ne deriva che nessuna spesa di spedizione può essere addebitabile all’utente destinatario della fattura, se non in violazione della predetta norma.
Alle suddette conclusioni non osta quanto previsto dall’art. 14 delle condizioni generali di contratto sottoscritte dall’utente al momento della stipula ove è prevista l’assunzione a carico di costui delle spese suddette. Ciò deriva dal fatto che la clausola sottoscritta, siccome inserita in un contratto di massa, è da considerarsi vessatoria ai sensi e per gli effetti dell’art. 1469 quinquies n. 3 Codice civile, non avendo il contraente avuto la possibilità di incidere con la propria volontà modificativa in sede di stipula del contratto e, come tale, nulla e come non apposta.
I precedenti
Per l’intelligenza della questione, è opportuno ricordare che l’art. 1, comma 11, Legge 31 luglio 1997, n. 249 (recante «Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo») dispone: «l’Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro. Per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell’Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell’istanza all’Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione». A tale disposizione l’Autorità garante ha dato attuazione con grave ritardo, e precisamente con la Deliberazione 28 marzo 2001, n. 148 ha adottato il regolamento per la risoluzione delle controversie tra organismi di telecomunicazioni, mentre con la successiva Deliberazione 19 giugno 2002, n. 182, ha adottato il regolamento per la risoluzione delle controversie tra organismi di telecomunicazioni ed utenti. L’art., 3, comma 1, di tale regolamento dispone che «I » (il corecom è il comitato regionale per le comunicazioni, previsto dal medesimo regolamento; il Corecom è un organo dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nonché organo di consulenza e di gestione della regione in materia di sistemi convenzionali o informatici delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Il corecom è composto da un Presidente nominato dal Presidente della Giunta Regionale, sentita la competente commissione consiliare permanente, e da sei componenti designati dal Consiglio Regionale).
Anche in merito alla seconda delle massime di cui in epigrafe non constano precedenti editi. Va ricordato, al riguardo, che l’art. 21, comma 8, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nel disciplinare l’obbligo di emissione della fattura ai fini IVA, stabilisce che «le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo». [/thrive_lead_lock]