L’azione di adempimento, prima delineata dalla giurisprudenza amministrativa e poi disciplinata dal legislatore

Guglielmo Passarelli di Napoli, L’azione di adempimento, prima delineata dalla giurisprudenza amministrativa e poi disciplinata dal legislatore, in “Temi di diritto amministrativo – orientamenti didattici”, AA.VV., Editoriale Scientifica 2014.

L’azione di adempimento, prima delineata dalla giurisprudenza amministrativa e poi disciplinata dal legislatore

(nota a Tar Lombardia, sez. IV, 4 settembre 2012, n. 2220)

Sommario: 1. Fatto. – 2. Diritto. – 3. Azione di adempimento: testo originario del codice ed orientamenti, dottrinali e giurisprudenziali, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 160/2012. – 4. Azione di adempimento, come introdotta dal secondo correttivo. – 5. Fonti normative e giurisprudenziali. – 6. Rinvii mobili. – 7. Bibliografia essenziale.

1. Fatto.

Un’associazione attiva nel settore ambientale (con particolare riferimento alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, al monitoraggio ed alla diffusione delle informazioni ambientali, alla tutela della salute umana dall’inquinamento atmosferico, ed al miglioramento delle condizioni di vita in ambito urbano) aveva proposto ricorso avverso la Regione Lombardia ed il Ministero dell’Ambiente per l’accertamento della mancata adozione, da parte della regione stessa, di un piano per la qualità dell’aria conforme all’art. 9 comma 1 del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 155, o in subordine, di un piano o un programma conforme all’art. 8 c. 3 del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 351, nonché per la condanna della regione all’adozione di un piano per la qualità dell’aria conforme all’art. 9 c. 1 del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 155. Ove necessario, chiedeva l’annullamento di una serie di atti adottati dalla regione Lombardia e relativi alla qualità dell’aria.

Infatti, il d.lgs. 4 agosto 1999, n. 351, adottato per dare attuazione alla Direttiva 1996/62/CE, ha delegato alle Regioni l’adozione dei predetti “piani o programmi”, da trasmettersi al Ministero dell’Ambiente, individuando le relative modalità di redazione, nel D.M. 1 ottobre 2002, n. 261.

Il d.lgs. 13 agosto 2010, n. 155 ha poi recepito la Direttiva 2008/50/CE, confermando il ruolo delle Regioni nella redazione dei predetti piani, nonché l’obbligo di trasmissione al Ministero. In particolare, l’art. 9 del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 155 prevede che il piano contenga “le misure necessarie ad agire sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza su tali aree di superamento ed a raggiungere i valori limite nei termini prescritti”; e che in caso di superamento la Regione provveda ad integrare il Piano, con l’individuazione di misure atte a raggiungere i valori limite nel più breve tempo possibile. La regione Lombardia ha poi adottato la legge regionale 11 dicembre 2006, n. 24, il cui art. 2 ha comma 2 ha previsto, tra l’altro, l’emanazione di un programma regionale di interventi per la qualità (nel proseguo, P.R.I.A.).

L’associazione ricorrente lamenta dunque il mancato adempimento da parte della Regione Lombardia alle disposizioni, comunitarie nazionali e regionali, dettate in materia di “qualità dell’aria”. La ricorrente ha chiesto, in particolare, l’accertamento della mancanza di un piano per la qualità dell’aria, e la condanna alla sua adozione.

2. Diritto.

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 4 settembre 2012, n. 2220.

Giustizia amministrativa – Azione di adempimento – Condizioni di ammissibilità.

La domanda tesa ad una pronunzia che imponga l’adozione del provvedimento satisfattorio non è ammissibile se non accompagnata dalla rituale e contestuale proposizione dell’azione di annullamento del provvedimento negativo o dal rimedio avverso il silenzio.

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:- … II.1) Il Collegio deve preliminarmente svolgere talune considerazioni in ordine alla corretta qualificazione dell’azione proposta, in applicazione di quanto disposto dall’art. 32 c.p.a., che conferisce al giudice il potere di qualificare la domanda, al di là del nomen iuris utilizzato dalle parti, attribuendo rilievo al contenuto sostanziale della stessa.

La ricorrente definisce espressamente la propria domanda, quale “accertamento” della difformità dell’attività pianificatoria regionale in materia di inquinamento atmosferico, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, citando a supporto dell’ammissibilità della stessa i principi espressi da Cons. Stato, Ad. Plen., 29.7.2011 n. 15 (v. pag. 16 ricorso principale e 12 della memoria del 31.5.2012).

Il Collegio non ritiene tuttavia di essere in presenza di un’azione di accertamento, quanto invece di una c.d. azione di condanna atipica. La ricorrente richiede infatti di accertare l’esistenza di un inadempimento, a cui porre rimedio con una pronuncia costitutiva di condanna ad un facere, e cioè all’adozione di piani conformi alla normativa vigente, ciò che rappresenta la sostanziale pretesa a cui aspira l’associazione ricorrente.

In tema di pronunce dichiarative, deve infatti distinguersi tra l’accertamento compiuto dal giudice a fronte dell’esperimento di azioni costitutive o di condanna, ciò che rappresenta il momento cognitivo della sussistenza dei presupposti per l’emissione della sentenza, e le azioni di mero accertamento, volte cioè ad eliminare uno stato di incertezza, che di per sé è idoneo a garantire la soddisfazione della situazione giuridica dedotta in giudizio, a prescindere da qualsiasi ulteriore statuizione.

Come chiarito da autorevolissima dottrina processual-civilistica, con l’azione meramente dichiarativa l’attore tende esclusivamente a procurarsi la certezza giuridica di fronte ad uno stato di incertezza che gli è pregiudizievole, all’uopo chiedendo che si dichiari esistente un suo diritto o inesistente un diritto altrui, indipendentemente dall’effettiva realizzazione, e cioè dalla condanna. In tali azioni il bisogno di tutela giurisdizionale è pertanto soddisfatto dalla sola immutabilità dell’accertamento contenuto nella sentenza, in modo che l’interesse legittimo del ricorrente trovi una compiuta tutela nella mera affermazione della sussistenza della pretesa fatta valere.

La funzione di accertamento si esplica pertanto unicamente onde rimuovere un’incertezza pregiudizievole dell’attore, ad opera della dichiarazione giudiziale.

La stessa Ad. Plen. n. 15/2011 invocata dalla ricorrente, ha evidenziato che nelle pronunce meramente dichiarative “la funzione di accertamento non si appalesa strumentale all’adozione di altra pronuncia di cognizione”, che invece nella fattispecie de quo è stata richiesta.

La ricorrente non ha pertanto proposto una vera e propria azione di mero accertamento, come dimostra il fatto che ha richiesto, successivamente all’accertamento della mancata adozione del piano da parte della Regione, la condanna a provvedere in tal senso (v. pag. 15 memoria del 31.5.2012).

II.2) Il Collegio deve a questo punto interrogarsi sull’ammissibilità in astratto di un’azione nella quale il ricorrente chieda, previo accertamento dell’inadempimento degli obblighi imposti dalla normativa in materia, la condanna dell’Amministrazione ad un facere, ossia all’adozione degli atti conformi.

Con la sentenza n. 3 del 23.3.2011 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha dato risposta positiva al quesito, facendo leva sulla disciplina dettata dal c.p.a., il quale ha ampliato le tecniche di tutela dell’interesse legittimo, mediante l’introduzione del principio della pluralità di azioni. Alla tutela di annullamento, si sono infatti aggiunte quella di condanna, dichiarativa, ed in materia si silenzio-inadempimento, l’azione di condanna all’adozione del provvedimento, previo accertamento, nei casi consentiti, della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio. L’architettura del codice ha pertanto superato la tradizionale limitazione della tutela dell’interesse legittimo al solo modello impugnatorio, ammettendo l’esperibilità di pronunce dichiarative, costitutive o di condanna, idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa.

I predetti principi sono stati recepiti e prontamente attuati dalla giurisprudenza di primo grado, la quale ha avuto modo di affermare che “non è condivisibile l’obiezione secondo cui, non trovando riscontro la possibilità di una pronuncia di condanna all’adozione dell’atto tra le rubricate azioni di cognizione (artt. 29, 30 e 31), la statuizione di condanna atipica prevista dall’art. 34 riguarderebbe i soli casi in cui il ricorrente pretenda l’esatto adempimento di obbligazioni rientranti nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva”, concludendo che la portata generale da attribuirsi all’art. 34 c.p.a. consente di ritenere che le azioni di adempimento tipiche previste dal codice, non vadano considerate disposizioni eccezionali, ma quali esemplificazioni di un’azione ammessa in via generale (Tar Lombardia, Milano, Sez. III 8.6.2011 n. 1428).

II.3) Chiarito quanto precede, in ordine all’astratta ammissibilità di un’azione di condanna atipca nel processo amministrativo, il Collegio deve verificare se, in concreto, sussistano le condizioni per la sua proposizione.

L’art. 30 c.p.a. prevede in proposito che, salvi i casi di giurisdizione esclusiva, ed in presenza di una condanna al risarcimento dei danni (“negli altri casi di cui al presente articolo”), l’azione di condanna debba essere proposta “contestualmente ad altra azione”, e pertanto non in via autonoma.

La stessa citata sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., n. 3/2011 ha ribadito che la domanda di condanna può essere proposta solo contestualmente ad altra azione, in guisa da dar luogo ad un simultaneus processus che obbedisce ai principi di concentrazione processuale ed economica dei mezzi giuridici. La domanda tesa ad una pronuncia che imponga l’adozione del provvedimento satisfattorio non è pertanto ammissibile se non accompagnata dalla rituale e contestuale proposizione della domanda di annullamento del provvedimento negativo, o del rimedio avverso il silenzio.

Lo stesso testo preliminare del c.p.a. predisposto dall’apposita Commissione istituita presso il Consiglio di Stato, pur prevedendo l’azione di adempimento, poi espunta nella versione finale, ne richiedeva tuttavia l’esercizio contestualmente all’azione di annullamento, o avverso il silenzio.

II.4) Nella fattispecie di che trattasi l’azione di condanna atipica proposta dalla ricorrente va pertanto dichiarata inammissibile, per non essere stata proposta contestualmente ad un’azione di annullamento, né ad un’azione avverso il silenzio.

La ricorrente, in via principale, non ha infatti impugnato alcun atto, limitandosi a proporre, in via subordinata, un’azione di annullamento di atti che non hanno peraltro alcuna valenza provvedimentale.

Con il ricorso principale si è infatti impugnata una mera comunicazione della Regione, emanata onde riscontrare un’istanza di accesso al P.R.I.A. vigente, nella quale la resistente si è limitata ad evidenziare che sul sito web erano pubblicati, con i relativi aggiornamenti, “i Piani vigenti e le misure intraprese”.

Analogamente, con i motivi aggiunti, si è impugnata una nota di riscontro ad un’ulteriore istanza di accesso, nella quale la Regione ha ribadito che “il piano regionale lombardo attualmente vigente è costituito dall’insieme degli strumenti di pianificazione e di attuazione sopra specificati”.

La ricorrente non ha pertanto impugnato alcun provvedimento lesivo, ma mere comunicazioni, in evasione alle proprie istanze di accesso, al cui annullamento non avrebbe alcun interesse.

Ai fini dell’ammissibilità dell’azione proposta nel presente ricorso si sarebbero invece dovuti impugnare, nei termini di decadenza, i piani regionali di cui la ricorrente sostiene l’inadeguatezza, o in alternativa si sarebbe dovuto promuovere un’azione avverso il silenzio serbato dalla Regione in ordine alla mancata adozione, o aggiornamento, di un determinato strumento pianificatorio. Quanto precede è confermato dall’esame dei motivi di ricorso, nei quali ci si duole sostanzialmente tanto delle carenza degli strumenti pianificatori vigenti, che avrebbero potuto essere contestati con l’azione di annullamento, quanto del loro mancato aggiornamento, che avrebbe potuto essere richiesto con la proposizione di un’azione avverso il silenzio.

III) Nelle more del giudizio, con Delib. G.R. n. 2603 del 30 novembre 2011, si è dato avvio al procedimento di approvazione del P.R.I.A., ed a quello della relativa V.A.S. Tale delibera ha espressamente precisato che il P.R.I.A. “rappresenta lo strumento di pianificazione e programmazione per Regione Lombardia in materia di qualità dell’aria, come strumento specifico mirato alla prevenzione dell’inquinamento atmosferico e alla riduzione delle emissioni a tutela della salute e dell’ambiente”, che costituisce attuazione delle previsioni comunitarie di cui alla Direttiva n. 50/2008 e del D.Lgs. n. 155 del 2010, e che è soggetto a V.A.S., in base all’art. 6 c. 1 e 2 lett. a) del D.Lgs. n. 155 del 2010

Con i motivi aggiunti notificati in data 19.3.2012 la ricorrente, premesso che l’impugnata nota n. 1452 del 19.1.2012 “contiene numerosi rinvii al predisponendo strumento PR.I.A.”, in relazione alle dette circostanze sopravvenute, ed in particolare ai “ritardi nella procedura di redazione e approvazione”, ha espressamente chiesto “la fissazione di una tempistica vincolante per le prossime fasi” (v. pag. 29 e ss.), indicando i relativi termini (15 giorni per la redazione del documento di definizione dell’ambito di influenza del P.R.I.A., 45 giorni per il P.R.I.A. e il connesso Rapporto Ambientale, ulteriori 45 giorni per la sua approvazione), e chiedendo la nomina di un commissario ad acta per il caso di mancato rispetto dei medesimi.

Con decreto n. 2876 del 3.4.2012 sono stati individuati i soggetti e gli Enti territorialmente competenti chiamati a partecipare alla Conferenza di Valutazione del P.R.I.A., prevedendo che la stessa dovrà articolarsi in almeno due sedute.

Nella memoria depositata in vista dell’udienza di merito la ricorrente ha poi presentato un’istanza di conversione dell’azione proposta nel presente giudizio, in un’azione avverso il silenzio, in applicazione dell’art. 32 c.p.a.

IV) Prima di esaminare la detta istanza di conversione, il Collegio osserva incidentalmente che, anche ritenendo, come vorrebbe la ricorrente, che l’azione proposta sia di mero accertamento, il ricorso dovrebbe comunque essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in considerazione dell’adozione dei predetti provvedimenti regionali.

Tali atti non menzionano alcun precedente P.R.I.A., che sarà pertanto adottato ex novo, e non semplicemente aggiornato; l’avvio del procedimento per la sua approvazione costituisce pertanto un oggetto nuovo, rispetto allo scenario prospettato al momento della proposizione del gravame, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, la quale osserva che tali atti rivestono “natura sostanzialmente confessoria e ricognitiva dell’inadempimento”, con ciò dando atto dell’importanza e del rilievo delle modifiche sopravvenute.

La D.G.R. n. 20603/2011 ed il decreto n. 2876/2012, hanno pertanto fatto venire meno il presupposto dell’azione di accertamento a suo tempo presentata, ed il correlato interesse ad agire, il quale richiede, in tali azioni, uno stato di incertezza oggettiva, la cui rimozione costituisce il risultato utile, giuridicamente rilevante, e non conseguibile se con l’intervento del giudice (Cass. Civ. Sez. II 26.5.2008 n. 13556).

La stessa dottrina secondo cui, anche nel processo amministrativo, al di là delle azioni tipiche, sarebbe ammissibile anche quella di accertamento, in quanto coessenziale alla giuridicità del sistema, ha tuttavia giustificato l’assunto ritenendo che tale azione si fonda sull’interesse alla certezza dell’esistenza di una situazione, che invece, nella fattispecie, si è medio tempore modificata. Tale orientamento ha affermato che l’ammissibilità di azioni atipiche, e quindi di quella di accertamento, si fonda sul principio dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., norma applicabile nel processo amministrativo con gli opportuni adattamenti, in forza del rinvio esterno di cui all’art. 39, riconoscendo come vi sia comunque una norma nel c.p.a., che presuppone il medesimo principio generale dell’art. 100 c.p.c., quello cioè dell’interesse a ricorrere ex art. art. 35, comma 1 lett. b) e c), secondo il quale il giudice dichiara d’ufficio il ricorso inammissibile quando è carente l’interesse, o improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione [..].

3. Azione di adempimento: testo originario del codice ed orientamenti, dottrinali e giurisprudenziali, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 160/2012.

Per quanto interessa in questa sede, la sentenza in esame è uno dei casi più recenti in cui sia stata affrontata la problematica relativa all’azione di adempimento: è da precisare che il caso è antecedente all’innovazione introdotta con il cd. secondo decreto correttivo al codice del processo amministrativo (vedi oltre). Il Tar Lombardia, in mancanza di una norma che ammetta espressamente l’azione di adempimento, si conforma all’orientamento giurisprudenziale prevalente ed afferma che, in primo luogo, l’azione esercitata dall’associazione ricorrente era una vera e propria azione di adempimento e non di mero accertamento, atteso che la ricorrente non si era limitata a chiedere l’accertamento dell’obbligo della regione di adottare il piano, ma aveva chiesto anche la condanna della stessa ad adottarlo. In secondo luogo, che un’azione di condanna all’adozione di un provvedimento amministrativo, ancorché non espressamente prevista dal c.p.a., deve ritenersi ammissibile, atteso che l’art. 34 c.p.a. prevede la possibilità di una condanna atipica. In terzo luogo, che l’azione di condanna – come espressamente previsto dall’art. 30 c.p.a. – salvi i casi di giurisdizione esclusiva, deve essere proposta “contestualmente ad altra azione”, e pertanto non in via autonoma. Nel caso di specie, l’azione di condanna all’adozione del piano è stata ritenuta proposta in via autonoma e, pertanto, in quanto tale inammissibile; è stata però accolta l’azione avverso il silenzio, successivamente proposta nel corso del giudizio, sicché è stato dichiarato l’obbligo della regione di provvedere all’adozione del PRIA.

Il progetto originario del codice, elaborato dalla Commissione costituita presso il Consiglio di Stato, prevedeva anche un’azione di adempimento ed un’azione di accertamento; e l’introduzione di tali azioni nel processo amministrativo costituiva una delle innovazioni di maggior rilievo. Tali azioni sono state escluse dal testo definitivo, per scelta del Governo, che ha ritenuto sufficiente la tutela assicurata dalle azioni sopra elencate. Si è dunque discusso se il legislatore avesse inteso confermare il principio della tipicità delle azioni esperibili dinanzi al g.a.; secondo la dottrina più autorevole, e secondo la stessa giurisprudenza, non è affatto detto che le azioni esperibili dinanzi al g.a. siano solo quelle previste dal c.p.a., perché – ai sensi dell’art. 34 co. 1 lett. c) – il g.a. può condannare la p.a. non solo al pagamento di somme di denaro ed al risarcimento del danno, ma anche all’adozione “delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio”, ciò che sembra riconoscere proprio quell’azione di adempimento che si era inteso escludere (in tal senso, Clarich)(1).

Nello stesso senso anche Torchia, secondo cui il criterio della “idoneità” è tra i più flessibili e polimorfi, perché attribuisce rilievo decisivo agli effetti della pronuncia ed al loro collegamento con la soddisfazione della situazione soggettiva ritenuta, nel giudizio, meritevole di protezione: sicché il giudice non potrà prescindere dall’apprezzamento dell’assetto di interessi come conformato dall’azione amministrativa e, ove questa sia affetta da illegittimità, dalla prefigurazione di quell’assetto “come avrebbe dovuto essere”(2). Anche Caringella(3) ha ritenuto che, data per acquisita la valenza sostanziale dell’interesse legittimo (quale interesse ad un ben concreto bene della vita), il principio di effettività della tutela giurisdizionale esige che le azioni esperibili siano ritagliate sulla base degli interessi (e non viceversa). Sicché devono ritenersi proponibili tutte le azioni necessarie a garantire un’effettiva tutela dell’interesse sostanziale, anche se non espressamente previste dalla legge; di qui l’ammissibilità delle azioni atipiche, e – secondo questo Autore – l’atipicità del contenuto delle stesse azioni tipiche (si veda, a tal riguardo, Cons. Stato, sez. VI, n. 2755/2011).

In giurisprudenza, va ricordata la pronunzia con cui l’Adunanza plenaria si è mostrata propensa ad ammettere l’esperibilità di un’azione di adempimento non prevista dal c.p.a. (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 15/2011, in materia di scia, anche se il legislatore ha poi disposto diversamente); Tar Puglia, Bari, sez. III, n. 1807/2011, che ha espressamente ammesso un’azione di adempimento finalizzata ad ottenere il rilascio del permesso di costruire, proprio in applicazione dell’art. 34 co. 1 lett. c) c.p.a., essendosi ritenuto che – in caso di attività del tutto vincolata, e qualora alla p.a. non residui neanche una discrezionalità tecnica – assieme all’impugnativa del provvedimento di diniego possa essere proposta anche la domanda di accertamento della pretesa sostanziale dedotta in giudizio, atteso che il giudizio amministrativo deve ormai ritenersi esteso al rapporto sostanziale. Pronunzie più recenti, che ammettono l’azione di adempimento, sono Cons. Stato, sez. V, n. 6002/2012; e, per l’appunto, la già citata Tar Lombardia, Milano, sez. IV, n. 2220/2012.

4. Azione di adempimento, come introdotta dal secondo correttivo.

Tuttavia, dopo l’entrata in vigore del cd. secondo correttivo (d.lgs. n. 160/2012), l’azione di adempimento deve ritenersi ormai espressamente prevista dal nostro codice del processo amministrativo. Infatti, il c.d. secondo correttivo ha aggiunto, all’art. 34 co. 1 lett. c) (norma che disciplina il tipo di pronunzia che il giudice adotta in caso di accoglimento della domanda risarcitoria) la precisazione in forza della quale L’azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata, nei limiti di cui all’articolo 31, comma 3, contestualmente all’azione di annullamento del provvedimento di diniego o all’azione avverso il silenzio”. Pertanto, non sembra potersi dubitare del fatto che l’azione di adempimento è ormai espressamente prevista(4); è stato osservato(5) come il legislatore abbia, in sostanza, recepito quanto affermato da Cons. Stato, Ad. Plen., n. 3/2011.

Al tempo stesso, il legislatore ha recepito quei saggi orientamenti giurisprudenziali, in forza dei quali – quanto meno nei casi in cui la p.a. gode di un potere discrezionale o tecnico discrezionale – l’azione di adempimento non può essere ammessa.

Infatti, dalla norma si evince in primo luogo che la domanda risarcitoria in forma specifica, ove comporti l’adozione di provvedimenti amministrativi, non può essere autonoma, ma deve necessariamente essere esercitata contestualmente all’azione di annullamento o all’azione avverso il silenzio (come era stato anticipato dal Tar Lombardia, Milano, nella sentenza n. 2220/2012). L’inammissibilità dell’azione di adempimento autonoma è verosimilmente dovuta al fatto che il provvedimento non può essere chiesto direttamente al giudice amministrativo, ma va chiesto prima alla p.a.. In altre parole, alla p.a. deve essere data almeno la possibilità di provvedere; se ha espressamente respinto l’istanza del privato, l’azione di adempimento potrà essere esercitata assieme a quella di annullamento del diniego; se è rimasta inerte, l’azione di adempimento potrà essere esercitata assieme a quella di accertamento dell’obbligo di provvedere. Tale imposizione è necessaria per impedire che la p.a. sia, di fatto, esautorata dall’esercizio di una funzione sua propria; e, per altro verso, per impedire che il g.a. sia, in sostanza, trasformato in un amministratore, addossandogli così un ruolo improprio (esigenza che, come si vedrà subito, è alla base anche dell’inammissibilità di tale azione quando la p.a. gode di poteri discrezionali o tecnico discrezionali).

In secondo luogo, infatti, si esclude che la p.a. possa essere condannata al rilascio di un provvedimento quando gode di poteri discrezionali o tecnico discrezionali, come si evince dalla clausola secondo cui l’azione è esercitata nei limiti di cui all’articolo 31, comma 3 (come era stato intuito dal Tar Puglia, Bari, sez. III, n. 1807/2011). Si ricordi che l’art. 31 comma 3 c.p.a. è una norma relativa all’azione per l’accertamento dell’obbligo della p.a. di provvedere, in forza della quale “Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione”. Secondo l’orientamento nettamente prevalente, la norma in questione conferma l’orientamento giurisprudenziale formatosi sull’art. 2 l. n. 241/1990, come modificato dal d.l. 35/2005, convertito in legge n. 80/2005. Il suddetto decreto legge aveva introdotto la previsione in forza della quale – nei giudizi avverso il silenzio – in forza della quale il giudice amministrativo poteva conoscere della fondatezza dell’istanza; e, secondo l’orientamento nettamente maggioritario, era in primo luogo da escludere che il g.a. potesse conoscere della fondatezza dell’istanza quando la p.a. godeva di poteri discrezionali in senso proprio(6); ma era da escludere anche che tale potere potesse essere esercitato quando la p.a. era chiamata ad effettuare valutazioni tecnico discrezionali(7). Infatti, in caso contrario, il g.a. non si sarebbe limitato a controllare la valutazione tecnica effettuata dalla p.a. ma avrebbe effettuato per la prima volta quella scelta tecnica che l’Amministrazione non aveva mai espletato.

Per quanto concerne l’azione di adempimento, è in primo luogo evidente la ratio della sua inammissibilità, qualora la p.a. goda di un potere discrezionale in senso proprio. La discrezionalità, come è noto, consiste – secondo l’opinione oggi dominante – nella ponderazione e nel contemperamento dei vari interessi (pubblici e privati) in conflitto. Ove si ammettesse l’azione di adempimento anche quando la p.a. è chiamata ad effettuare tale ponderazione e contemperamento di interessi diversi, il giudice amministrativo si trasformerebbe, di fatto, in un amministratore, senza alcuna legittimazione democratica o possibilità di controllo politico – amministrativo; in altre parole, verrebbe alterato l’equilibrio dei poteri(8). Si può inoltre osservare che una generalizzata ammissibilità dell’azione di adempimento eluderebbe il principio in forza del quale i casi in cui il g.a. gode di una giurisdizione estesa al merito sono solo quelli tassativamente indicati dalla legge (art. 7 comma 6 c.p.a.).

Deve ritenersi opportuna anche l’esclusione dell’ammissibilità dell’azione di adempimento qualora la p.a. debba effettuare valutazioni tecnico discrezionali (deve ritenersi che l’inciso “quando risulta che [..] non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione” abbia voluto escludere il potere del giudice amministrativo di accertare la fondatezza dell’istanza ove la p.a. goda di discrezionalità tecnica, e non abbia provveduto ad effettuare gli accertamenti di propria competenza). Anche tale limite appare necessario per evitare di addossare al giudice amministrativo un compito improprio ed esorbitante dalla funzione giurisdizionale. Come osservato da autorevole dottrina(9), la discrezionalità tecnica pervade ampi campi dell’agire amministrativo, e non può condividersi la tesi secondo cui l’attività amministrativa caratterizzata da discrezionalità tecnica sarebbe da considerare senz’altro attività vincolata, sol perché non è apprezzamento di interessi. Ciò sia perché, in presenza di una normazione sempre più incerta e disordinata, non può negarsi l’esistenza di una discrezionalità “ermeneutica”; sia perché anche la determinazione degli elementi di fatto che costituiscono il presupposto per l’esercizio del potere rientra nell’ “oggetto del potere”. Questo Autore porta ad esempio la tutela del paesaggio: «il potere di tutelare ciò che è “paesaggio”, ancorché finalisticamente predeterminato (e vincolato) dall’art. 9 Cost. e dal codice di settore del 2004, si sostanzia e si risolve in realtà proprio nella decisione di ciò che, di volta in volta, costituisce o non costituisce “paesaggio”, e ciò non solo nella definizione (deduttiva) del presupposto di fatto (il notevole interesse paesaggistico delle aree) descritto solo genericamente dalla legge per l’esercizio di quel potere, ma anche nella stessa definizione ricostruttiva (induttiva) della nozione di “paesaggio” usata dalla legge. … E l’esercizio di questo potere — che si estrinseca nella valutazione ricostruttiva dei presupposti della legge — ha una connotazione intrinsecamente “politica”, che impinge, sia pur indirettamente, alla linea della responsabilità politica che dal funzionario conduce all’indirizzo del Ministro e, quindi, al Governo e, infine, al Parlamento». Dunque, anche le valutazioni tecnico discrezionali (e non solo quelle discrezionali in senso proprio) devono ritenersi riservate alla p.a., senza che il giudice amministrativo possa sostituirsi ad essa, magari per mezzo di un CTU; altrimenti, il giudice amministrativo si trasformerebbe in un amministratore, violando il principio di separazione dei poteri, che invece va tenuto fermo perché restano attuale le ragioni che lo giustificano: distribuzione equilibrata e bilanciamento dei poteri, specializzazione tecnica e legittimazione democratica. Come osserva ancora questo Autore, ammettere l’azione di adempimento «anche a fronte di attività tecnico-discrezionali riservate all’amministrazione, condurrebbe ad un sistema a “governo dei giudici” e a un diverso equilibrio istituzionale, in cui la decisione finale di gestione amministrativa sarebbe in definitiva riservata al potere giurisdizionale, non solo nei suoi aspetti formali-procedurali (di controllo di legalità) e logico-razionali (di non eccesso di potere, logicità, proporzionalità, ragionevolezza), ma anche nei suoi aspetti decisori (discrezionali e valutativi) riservati all’esecutivo. C’è nel sistema un punto (di equilibrio istituzionale) al di là del quale l’opposizione e la pretesa del singolo devono essere fatti valere non più in termini di azione giurisdizionale, ma in termini di azione civica di partecipazione democratica ai meccanismi decisionali pubblici. La dilatazione della tutela giurisdizionale sposta questo punto di equilibrio istituzionale e, assolutizzando il reclamo giudiziario individuale, affievolisce le tutele partecipative democratiche, che rivengono nel rispetto della decisione pubblica assunta dagli organi e dai funzionari competenti, secondo il principio di legalità, la garanzia di cura imparziale dell’interesse generale».

Ci si può domandare se la norma, per come formulata, vieti l’azione di adempimento anche nel caso in cui occorrano adempimenti di natura istruttoria: in dottrina si è ritenuto che il limite in questione dovrebbe valere solo nei giudizi avverso il silenzio, giudizi che per loro natura non consentono accertamenti di particolare complessità(10).

La giurisprudenza più recente, che ha applicato l’art. 34 c.p.a. nella sua nuova formulazione, ha confermato i limiti sopra illustrati. Al riguardo, va ricordata Cons. Stato, sez. V., n. 1799/2013, secondo cui l’azione di esatto adempimento è ammissibile, nei confronti della p.a., quando quest’ultima si propone non già come ente dotato di supremazia o tanto meno titolare di prerogative di carattere politico, ma come qualsiasi altro soggetto di diritto, destinatario di obblighi. Altra pronunzia da segnalare è costituita da Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 848/2013, secondo cui l’azione di adempimento di cui all’art. 34 c.p.a. può essere esercitata per ottenere la restituzione del bene immobile illegittimamente espropriato (nel caso di specie, nell’atto di riassunzione del giudizio già oggetto di declinatoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario, il ricorrente si era limitato alla richiesta di risarcimento del danno per irreversibile trasformazione del fondo, ma il tenore di tale petitum non è stato ritenuto ostativo alla restituzione del fondo, proprio in forza dell’art. 34 c.p.a.). In altro interessante caso, il Tar Umbria, con sentenza n. 474/2013, ha – in applicazione dell’art. 34 c.p.a. – condannato la Regione all’inserimento di un farmaco nell’ETOR (elenco terapeutico ospedaliero regionale) ritenendo che la Regione non avesse, al riguardo, alcuna discrezionalità, neanche di tipo tecnico, dovendo semplicemente adeguarsi alle scelte ed alle prescrizioni stabilite dall’AIFA.

5. Fonti normative e giurisprudenziali*.

*(Delle fonti normative e giurisprudenziali di seguito trascritte si riportano unicamente le disposizioni di immediato rilievo rispetto all’argomento trattato).

d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo):

Articolo 34 (Sentenze di merito): “1. In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:

a) [..]

b) [..]

c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell’articolo 2058 del codice civile. L’azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata, nei limiti di cui all’articolo 31, comma 3, contestualmente all’azione di annullamento del provvedimento di diniego o all’azione avverso il silenzio;
(lettera così modificata dall’articolo 1, comma 1, lett. e),d.lgs. n. 160 del 2012)

(Omissis)”.

Articolo 31 (Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità): 1. [..]

2. [..]

3. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.

(Omissis)”

Cons. Stato, Ad. Plen., 23.03.2011, n. 3, in www.giustizia-amministrativa.it;

Cons. Stato, Ad. Plen., 29.07.2011, n. 15, in www.giustizia-amministrativa.it;

Cons. Stato, sez. V, 27.11.2012, n. 6002, in www.giustizia-amministrativa.it;

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sent., 04-09-2012, n. 2220, in www.giustizia-amministrativa.it;

Tar Puglia, Bari, sez. III, 25.11.2011, n. 1807, in www.giustizia-amministrativa.it.

6. Rinvii mobili.

D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 2014.

– Ambito delle giurisdizioni e nuovi poteri del giudice ordinario e del giudice amministrativo (p. 533 ss.);

– interesse legittimo/diritto soggettivo come criterio di riparto della giurisdizione (p. 517 ss.);

– origini e sviluppi della giurisdizione amministrativa nell’ordinamento nazionale (p. 507 ss.);

– giurisdizione amministrativa esclusiva (p. 531 ss.).

7. Bibliografia essenziale.

Carbone A., Azione di adempimento, disponibilità della situazione giuridica e onere della prova, in www.giustamm.it;

Carbone A., L’azione di adempimento è nel Codice. Alcune riflessioni sul D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 (c.d. Secondo Correttivo), in www.giustamm.it;

Caringella F., Il sistema delle tutele dell’interesse legittimo alla luce del codice e del decreto correttivo, in Urb. e app., 1/2012, pagg. 14 ss.;

Carpentieri P., Azione di adempimento e discrezionalità tecnica (alla luce del codice del processo amministrativo), in Dir. proc. amm. n. 2/2013, pagg. 385 ss;

Clarich M., Commento all’art. 29 del Codice del processo amministrativo “Azione di annullamento”, in www.giustizia-amministrativa.it;

Di Modugno N., Fermenti di novità in tema di azioni proponibili nel processo amministrativo tra codice e secondo correttivo, in www.giustamm.it;

Patroni Griffi F., Riflessioni sul sistema delle tutele nel processo amministrativo riformato, in www.giustizia-amministrativa.it;

Torchia L., Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., n. 12/2010, pagg. 1319 ss.;

Torchia L., Condanna e adempimento nel nuovo processo amministrativo (nota a Tar Lombardia, Milano, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428), in Giorn. dir. amm., n. 11/2011, pagg. 1187 ss.

1 M. Clarich, Commento all’art. 29 del Codice del processo amministrativo “Azione di annullamento”, su www.giustizia-amministrativa.it;

2 L. Torchia, Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., n. 12/2010, pagg. 1319 ss.;

3 F. Caringella, Il sistema delle tutele dell’interesse legittimo alla luce del codice e del decreto correttivo, in Urb. e app., n. 1/2012, pagg. 14 ss.;

4 A. Carbone, L’azione di adempimento è nel Codice. Alcune riflessioni sul D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 (c.d. Secondo Correttivo), in www.giustamm.it.

5 N. Di Modugno, Fermenti di novità in tema di azioni proponibili nel processo amministrativo tra codice e secondo correttivo, in www.giustamm.it.

6 Per una disamina degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sul punto, sia consentito rinviare a G. Passarelli, Lezioni di diritto amministrativo, Altalex, 2013, cap. 11, §.5, 10.5. ss.

7 Tar Campania, Napoli, II, 21 gennaio 2007, n. 795.

8 P. Carpentieri, Azione di adempimento e discrezionalità tecnica alla luce del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2/2013, pagg. 385 ss.

9 P. Carpentieri, Op. e loc. cit..

10 A. Carbone, Op. e loc. cit.