Alberto Maria Gambino, Diritto d’autore e nuovi processi di patrimonializzazione, in Dir. Industriale, 2011, 2, p. 114
L. 22-04-1941, n. 633
Diritto d’autore e nuovi processi di patrimonializzazione
Da una rassegna delle più recenti modifiche alla legge sul diritto d’autore emerge il vano tentativo operato dal legislatore italiano di poter incasellare nei vecchi paradigmi normativi le nuove esigenze di tutela legate all’innovazione tecnologica. Una soluzione più pragmatica ed efficace si è invece concentrata sul fattore dello sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno quale archetipo del bene autoriale da proteggere. Ne è conseguita così una progressiva stratificazione di matrice economica dei contenuti tutelati dell’opera dell’ingegno umano, che ha finito coll’incrinare il legame tra l’autore e le sue prerogative non patrimoniali. I nuovi processi e le nuove tecniche di patrimonializzazione del diritto d’autore vanno così a legittimare applicazioni speculative del diritto morale d’autore.
Sommario: La frammentaria e inefficace rincorsa legislativa (2004-2010) nell’era digitale – Il più pregnante rimedio recuperatorio delle utilità perdute – Conseguente ripiegamento del diritto d’autore sulle sue ragioni economiche – L’approdo: reificazione delle prerogative autoriali?
Convegno: “Il futuro della proprietà intellettuale” – Parma, 22 ottobre 2010
La frammentaria e inefficace rincorsa legislativa (2004-2010) nell’era digitale
Un approccio realistico o, se si preferisce, fenomenologico alle dinamiche dell’attività economica nel comparto della tutela autoriale induce a riconsiderare criticamente ciò che le realtà oggetto del diritto d’autore rappresentano sul mercato. Uno sguardo sul futuro risulta, dunque, possibile solo ove ci si rivolga al passato – e alle sue soluzioni normative; passato remoto e passato prossimo.
Come da un vaso di Pandora cominciamo allora ad estrarre cose belle e cose brutte. Iniziamo dalle prime: è il mondo della nostalgia, il mondo della legge del 1941; il mondo, insomma, delle cose semplici, dove la letteratura odorava di carta, la musica di vinile e la cinematografia di pellicola in acetato di cellulosa (1). I diritti dell’autore – nelle accezioni morale e patrimoniale – erano impregnati, impastati di questi elementi. La norma statuiva: i diritti sulle opere dell’ingegno sono tutelati “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Sembrava una disposizione innocente e innocua; anzi un’espressione che, stante il suo carattere elastico, non aveva tempo e si sarebbe adattata alle molteplici e innovative forme espressive che avrebbero assunto le opere dell’intelletto, oltre l’immaginario del legislatore (2).
Così non è stato.
La forma espressiva era infatti protetta in primis dal suo involucro materiale, certo, ma anche giuridico, in quanto presupposto dei meccanismi di tutela [thrive_lead_lock id=’4487′] tipici delle privative autoriali.
Valga una carrellata dei tentativi maldestri, che, nel passato prossimo, hanno contraddistinto l’incipiente esuberanza del legislatore italiano, convinto di poter incasellare nei vecchi paradigmi normativi le nuove esigenze di tutela correlate all’innovazione tecnologica ed informatica (3).
Si pensi alla parabola del contrassegno virtuale, che, introdotto dalla l. 21 maggio 2004, n. 128, avrebbe dovuto tutelare gli autori attraverso il meccanismo di un avviso unilaterale circa l’assolvimento degli obblighi di legge a carico di chi immetteva un’opera dell’ingegno in un sistema di reti telematiche (4). Tale formalità obbligatoria, inidonea a verificare l’effettivo numero di copie immesse sul mercato – come invece consente il tradizionale contrassegno SIAE, di cui all’art 181 bis l.a., apposto sull’esemplare in commercio (5) – è stata miseramente espunta dal nostro ordinamento per effetto della modifica apportata dall’art. 3 sexies della l. 31 marzo 2005, n. 43, ad un pugno di mesi dalla sua introduzione (6).
Altro e più noto tentativo fallimentare di adattare l’esistente apparato regolatorio alla mutata condizione tecnologica del diritto d’autore si è registrato nel file sharing. Questo, sanzionato all’art 171 ter l.a. nell’ambito di una tipologia – il peer to peer – che appariva caratterizzare l’immissione in rete di un’opera dell’ingegno, poi, con l’evoluzione dei sistemi di seconda generazione che utilizzano una rete di condivisione di file decentralizzata senza passare per un server centrale, è sfuggito all’applicazione della norma (7).
Una terza perfomance legislativa di misero spessore si legge nel nuovo art. 70 comma 1 bis l. aut. (introdotto dall’art. 2 della l. 9 gennaio 2008, n. 2) dove si autorizza “la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate (sic!), per uso didattico o scientifico”. Vicenda che ha dato la stura al fenomeno in voga tra i social network che va sotto il nome di “degradarte”, concorso online dove si premiano le caricature più creative (le degradazioni, dunque) delle opere più famose, a cominciare dalla Gioconda di Leonardo (8). Per quel poco di comune senso di pudore che ancora resiste, a quella norma il Ministero per i Beni e le Attività culturali mai ha dato attuazione.
Un ultimo esempio (ma l’elenco potrebbe non finire qui) di improvvida rincorsa al digitale attraverso l’apparato normativo pensato per l’analogico, si registra nella vicenda della copia privata da videoregistrazione da remoto, che, nel calderone del c.d. decreto “Mille-proproghe” del 31 dicembre 2007, ha visto l’ordinamento giuridico italiano arricchirsi di una disposizione (quella del nuovo art. 71 septies l.a.) che così recita: “Per i sistemi di videoregistrazione da remoto il compenso […] è dovuto dal soggetto che presta il servizio ed è commisurato alla remunerazione ottenuta per la prestazione del servizio stesso” (9). Norma che, con tutte le buone intenzioni del caso (l’esigenza di garantire il prelievo Siae sulle copie da apparecchio remoto di fonogrammi e videogrammi), determina l’anomala introduzione della figura dell’intermediario-prestatore di servizio, del tutto estranea allo schema normativo della riproduzione privata ad uso personale (10) (per quanto, poi, la recente sentenza della Corte di giustizia CE del 21 ottobre 2010 sul caso Padawan (11), valorizzi proprio tale ruolo).
Il più pregnante rimedio recuperatorio delle utilità perdute
Preso atto della fallacia e l’astrusità di un meccanismo sanzionatorio fondato sulla presunta analogia tra le situazioni definite nella legge sul diritto d’autore e le nuove fattispecie provenienti dalle prassi telematiche, si è ritenuto di individuare nello sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno il cuore di una efficace tutela autoriale al cospetto dell’information technology. L’archetipo del nuovo approccio trova le sue radici nei ragionamenti della Corte svedese, che, chiamata a decidere sulla legittimità dei siti torrent, decideva con consueto pragmatismo. Aldilà, infatti, dei tecnicismi avanzati dalla difesa di The Pirate Bay, che facevano leva sul fatto che il loro servizio era soltanto quello di ospitare “chiavi utili” per rintracciare file condivisi all’interno di migliaia di macchine collegate attraverso internet, la Corte condannava i responsabili del sito in quanto questi erano a conoscenza dello scambio illegittimo e, stante l’estesa accessibilità del loro sito, decisivo appariva il fatto che l’intera operazione era condotta dagli stessi in modo organizzato per scopi commerciali (12).
Anche sul piano del diritto interno la genesi del mutamento di prospettiva si rintraccia nello slittamento dal concetto di “fine di lucro” a “fine di profitto” (utilità) (13), che in chiave civilistica significa l’abbandono del modello della tutela aquiliana per dolo o per colpa a favore dell’esplorazione di nuove potenzialità proprie dell’istituto dell’arricchimento senza causa (14).
Esempio che viene dal mercato italiano si condensa nell’accordo tra la federazione dei pubblici esercizi (FIPE) e la società consortile dei produttori di fonogrammi (SCF) che, ai fini della corresponsione a questi ultimi dell’equo compenso per la diffusione di musica nei pubblici esercizi, ha accolto il paradigma che tale diffusione si configuri come ulteriore atto di comunicazione al pubblico comunque derivante dall’uso della fissazione dell’opera sul suo supporto originario atto a consentire il successivo sfruttamento della musica da parte del pubblico esercizio (15).
Conseguente ripiegamento del diritto d’autore sulle sue ragioni economiche
La macro conseguenza di tale metamorfosi nella percezione normativa della natura dell’opera autoriale, attraverso una sua progressiva patrimonializzazione, si trova nella dinamica della stratificazione di matrice economica dei contenuti tutelati dell’opera dell’ingegno umano. Valga ancora quale esempio l’intervento normativo operato dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 sui finanziamenti pubblici alla cinematografia che, per la prima volta in Italia, legittima espressamente il collocamento pianificato di marchi e prodotti nelle scene di un’opera cinematografica, così lasciando tali film a forme di finanziamento privato, che, nelle modalità del product placement, finiscono per incidere con il contesto narrativo del film e, dunque, con la libertà creativa degli autori (16).
L’evoluzione normativa dei diritti legati al mondo delle immagini in movimento è emblematica.
L’art. 45 l.a. attribuisce “a chi ha organizzato la produzione” l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, a consacrazione delle rilevanza del processo industriale, con l’organizzazione tipica dell’impresa, quale elemento decisivo a monte dell’opera filmica (con dinamica analoga alla stessa “fissazione” ricordata per l’opera musicale), con la correlativa salvaguardia all’art. 44 dei diritti morali dell’autore del soggetto, lo sceneggiatore, l’autore della musica, il regista. Il nuovo art. 78 ter affianca alla figura del produttore di opera cinematografica quella del produttore di opere audiovisive o sequenze di immagini in movimento, attribuendogli la titolarità dei diritti esclusivi di “riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni” (17). L’insidia dell’espressione “in qualunque modo o forma” si svela. L’autorizzazione può riguardare la riproduzione parziale attraverso le modalità telematiche. Ma ciò che può anche possedere una logica per taluni settori, come quello dei videogiochi, dove è flebile la separatezza tra produttore e autore dell’opera (del resto i videogiochi inizialmente erano annoverati nella generica categoria dl software), segna la definitiva sopraffazione dell’interesse del primo sul secondo, in antitesi alla tradizionale applicazione rigorosa e ristretta dell’art. 47 in ordine alla facoltà di modifica del produttore. Le “modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico” di cui al comma 1 dell’art. 47 l.a., sfociano nell’art. 78 ter nella tipologia delle riproduzioni parziali in qualunque modo o forma, così segnalando il nuovo orizzonte dello sfruttamento economico dell’immagine in movimento (18). Ma con lo scivolamento progressivo dalle facoltà di adattamento dell’opera dell’ingegno alle facoltà di sfruttamento, si finisce coll’incrinare il legame tra l’autore e le sue prerogative morali, specie nella conformazione del diritto all’integrità dell’opera (19).
L’approdo: reificazione delle prerogative autoriali?
Il quadro delineato trova la sua cornice ideale nell’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che – rubricato come “Diritto di proprietà” – proclama al punto 2 che “La proprietà intellettuale è protetta”, così sistematicamente confermando il processo di reificazione e, dunque, definitiva patrimonializzazione dell’opera autoriale, con la conseguenza che non interessi ex se l’integrità del corpus mechanicum, ma l’idoneità di una sua rappresentazione esteriore a sfruttare inesplorate potenzialità economiche (20).
Quanto rimane allora agganciata a quel passato remoto, con cui si è intrapreso il percorso, la definizione normativa di integrità dell’opera? Integrità non solo materiale – si pensi al progressivo decadimento qualitativo che, specie per l’ascolto della musica, le nuove tecnologie hanno comportato rispetto ai precedenti supporti di riproduzione (è nota tra i cultori della materia, la maggiore qualità del suono di un disco in vinile rispetto a quello compattato in un file) – ma anche di indole strutturale, ove ad esempio si verifichi che l’opera si manifesti nella sua fisica integrità, ma il contesto, le modalità, l’utilizzo nell’esposizione possano pregiudicare l’autore, nella misura in cui l’intervento sia idoneo a falsare il carattere e il significato dell’opera nel giudizio del pubblico. La casistica individua effetti risarcitori patrimoniali nella lesione del diritto morale in relazione a quei casi in cui il vulnus all’integrità dell’opera comporti vicende di degrado tale da riflettersi sull’artista creatore, con riferimento sia ad imperfezioni fisiche (per i casi di masterizzazioni difettose) che al contesto distributivo (come l’abbinamento dell’opera a campagne promozionali di altri prodotti e servizi), così soffocando l’emersione di particolari spunti definitori di nuovi danni alla personalità artistica dell’autore (21). Il che finisce per segnalare definitivamente la coloritura economicistica del tratto morale, che meccanicamente riflette la prassi di parametrare il danno sul prezzo della mancata monetarizzazione del consenso.
In questa tendenza si iscrive il d.m. 30 dicembre 2009 del Ministro per i Beni e le Attività culturali di rideterminazione dei compensi per copia privata (22), che prevede il prelievo di una somma forfettaria su ogni apparecchio di memoria venduto, commisurata all’estensione della memoria stessa, da attribuire alla Siae che poi la ripartirà tra i titolari dei diritti di privativa, con ciò consacrando una sorta di riparazione preventiva e presuntiva per l’eventualità che con tali dispositivi si copino opere coperte da privative (fattispecie che, peraltro, come chiarito dalla sentenza della Corte di Giustizia dello scorso 21 ottobre, non può consentire applicazioni indiscriminate) (23). Il che – come evidente – lascia sullo sfondo l’eventualità che la copiatura delle opere dell’ingegno possa comportare altresì una menomazione dell’integrità delle stesse tale da riflettersi sull’interesse morale dell’autore (24).
La lettura del sistema normativo, mai a fondo rivisitato secondo le dinamiche delle nuove tecnologie informatiche, risente così dei processi di patrimonializzazione dell’opera dell’ingegno, plasticamente rappresentati dalla distribuzione tramite social network e servizi basati su pubblicità (25). Dati ormai irreversibili, punto di non ritorno, che segnano il ribaltamento dei valori economici in campo, relegando ad una funzione ancillare l’opera dell’ingegno autoriale ormai costretta dentro le esigenze di profitto dell’industria dell’entertainment (26). L’esempio dei videogiochi, che ormai rappresentano il 30% della distribuzione dell’opera musicale, è lì a confermare la rivoluzione (27).
La conclusione, a questo punto, è altrettanto marmorea: i nuovi processi e le nuove tecniche di patrimonializzazione del diritto d’autore vanno a confutare la tesi ormai lontana e nostalgica che il rapporto ideale fra autore e opera permanga in capo all’autore a prescindere dalle vicende circolatorie dei diritti a contenuto patrimoniale. Oggi l’ordinamento implicitamente o esplicitamente, con occhio e lettura realistici, ha infatti finito per legittimare applicazioni speculative del diritto morale d’autore.
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(1) È lo stesso mondo rimpianto da V. Franceschelli, ne Il buon droit d’auteur d’antant e l’odioso diritto d’autore oggi, in Riv. dir. ind., 2008, I, 151 ss.
(2) L’espressione “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” pare consentire, dunque, che la normativa autoriale non sia messa in crisi dalla “sfida portata dalle nuove tecnologie” (così F. Tozzi, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sui contenuti creativi on line nel mercato unico ed equilibrio del sistema del diritto di autore – pirateria ed offerta lecita: alcune brevi considerazioni, in Dir. aut., 2009, 115).
(3) Risultava del tutto inascoltato l’appello a non legiferare a mo’di “vestito di arlecchino” di M. S. Spolidoro, Una nuova riforma per il diritto d’autore nella società dell’informazione, in Corr. giur., 2003, 848 ss. Non che se la passino meglio, tuttavia, altri ordinamenti: v. G. Votano, Internet fra diritto d’autore e libertà di comunicazione: il modello francese, in Dir. inf., 2009, 533 ss.; cfr., anche, S. Alvanini, La disconnessione da Internet come sanzione per il download illegale, in Dir. ind., 2010, 176 ss.
(4) Cfr. P. Di Fabio, La nuova disciplina del contrassegno (cd bollino) SIAE, in Dir. aut., 2004, 22 ss.
(5) Si vedano, da ultimo, S. Alvanini, Il contrassegno SIAE: un obbligo illegittimo?, in questa Rivista, 2009, 279 ss., la quale solleva dubbi sulla legittimità del D.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31, nella parte in cui estende l’obbligo del contrassegno a soggetti e supporti non contemplati dall’art. 181 bis l.a. (per il testo del D.P.C.M., ibidem, 275 ss.) e F. Voltan, Il contrassegno SIAE e i riflessi della sentenza Schwibbert in Italia, ibidem, 93 ss., cui adde Id., La nuova giurisprudenza dopo la sentenza Schwibbert in Italia, ibidem, 578 ss.
(6) Norma che ravvisa la soluzione alternativa nella “sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori”.
(7) Per una recente rassegna sulla casistica in materia di peer to peer si veda S. Lavagnini, La proprietà intellettuale in Internet, in AIDA, 2009, spec. 224 ss. Cfr., anche, D. De Angelis, Le licenze collettive estese e la condivisione di opere dell’ingegno sulle reti peer to peer, in Dir. aut., 2009, spec. 411 ss.
(8) Cfr.: www.lab.nova100.ilsole24ore.com/degradarte.
(9) Art. 71 septies l.a., come modificato dall’art. 5, commi 2 ter e 2 quater, l. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione con modifiche del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248 (c.d. “Milleproroghe”).
(10) L’anomalia è segnalata da F. Tozzi, Il diritto d’autore nel nuovo ambiente tecnologico. La copia privata, mentre è condivisa da A. Zoppini, La nuova disciplina della copia privata da remoto, entrambi in Scenari e prospettive del diritto d’autore, a cura di A.M. Gambino e V. Falce, Roma, 2009, rispett. 188 e 105 ss., consultabile anche online all’indirizzo: http://www.librari.beniculturali.it/ upload/documenti/DirittoAutoreOKpw.pdf?l=it.
(11) Per il testo v. www.comparazionedirittocivile.it.
(12) E. De Tullio, commento sub artt. 1-5 l. 21 maggio 2004, n. 128, in C. Galli-A.M. Gambino, Codice ipertestuale della proprietà intellettuale, Torino, in via di pubblic., cui adde per la bibliografia sul punto e il parallelo approccio della giurisprudenza italiana, F. Merla, Diffusione abusiva di opere in internet e sequestro preventivo del sito web: il caso “The Pirate Bay”, in Dir. inf., 2010, 448 ss. Per il particolare orientamento della giurisprudenza spagnola si veda D. Mula, “Il p2p è come un prestito”, carenze dell’ultima sentenza spagnola in tema di diritto al link, in DIMT (Diritto Mercato e Tecnologia, rivista online consultabile all’indirizzo: www.dimt.it); ivi il testo della sentenza.
(13) In tema, M. Lillà Montagnani, Dal peer to peer ai sistemi di Digital Rights Management: primi appunti sul melting pot della distribuzione on-line, in Dir. aut., 2007, 2 ss.
(14) Cfr.: A. Nicolussi, Proprietà intellettuale e arricchimento ingiustificato: la restituzione degli utili nell’art. 45 Trips, in Europa e diritto privato, 2002, 406 ss; C. Castronovo, La violazione della proprietà intellettuale come lesione del potere di disposizione. Dal danno all’arricchimento, in Dir. ind, 2003, 7 ss.; P. Sirena, L’efficienza dei rimedi civilistici a tutela del diritto d’autore: prospettive di una ridefinizione sistematica, in AIDA, 2003, 552 ss.; A. Plaia, Allocazione contrattuale del rischio e tutela civile della proprietà intellettuale, in Danno e resp., 2008, 499 ss.
(15) La Convenzione FIPE-SCF è attualmente online all’indirizzo: www.fipe.it/fipe/accordi-e-/convenzione-scf.pdf. Sul principio, pacifico, della necessità di autorizzazione per consentire la percezione dell’opera ad un pubblico più esteso, si veda – ma con riferimento al web – G. Mari, Brevi cenni in tema di web radio broadcasting e webcasting, in Dir. aut., 2009, 547 ss.
(16) Sul tema particolare si veda S. Salvetti, Il product placement cinematografico nel nuovo branded entertainment, in Riv. dir. ind., 2009, I, 52 ss. Per un primo commento sull’attuazione della direttiva 2007/65/CE con il d.lgs. 15 marzo 2010, n. 44, che tra l’altro disciplina il product placement v. R. Razzante, Il product placement, in Dir. inf., 2010, 33 ss.
(17) Cfr. A. Musso, Il rispetto dei diritti d’autore e connessi nell’attuazione italiana della Direttiva n. 2007/65/CE sui servizi di media audiovisivi, in Dir. inf., 2010, 218 ss. Si veda anche L. Mansani, Le finestre di utilizzo delle opere audiovisive, in AIDA, 2009, 308 ss., che rileva l’inefficacia del modello tradizionale delle finestre temporali a causa della diversificazione delle modalità distributive dell’opera cinematografica ed il conseguente slittamento verso la regolazione convenzionale.
(18) Viene ovviamente a mente il sito di You Tube, che infatti ha sollevato i primi contenziosi in materia, su cui si veda L. Guidobaldi, YouTube e la diffusione di opere protette dal diritto d’autore: ancora sulla responsabilità dei providers tra hoster attivi, conoscenza dell’illecito e obbligo di sorveglianza, in Dir. inf., 2010, 278 ss.
(19) Sulla non idoneità della formula “adattamento cinematografico” a coprire vicende di “sfruttamento cinematografico”, v. le ancora attuali pagine di V. Sgroi, Facoltà del produttore del film in materia di modifiche necessarie per l’adattamento cinematografico, in Dir. aut., 1967, 28 s.
(20) Più coerente con i nuovi scenari tecnologici sarebbe stato rubricare il tema della proprietà intellettuale anche con l’espressione “diritto all’accesso” (cfr. M. Ricolfi, Le nuove frontiere della proprietà intellettuale. Da Chicago al cyberspazio, in AA.VV., Diritto ed economia della proprietà intellettuale, Padova, 1998, 83 ss.; S. Stabile, Internet e diritto d’autore: il cyberspace e la mondializzazione delle opere, in Dir. ind., Milano, 1999, 87 ss.; R. Romano, L’opera e l’esemplare nel diritto della proprietà intellettuale, Padova, 2001, 183 ss.; A. Stazi, “Marketplace of ideas” e “accesso pluralistico” tra petizioni di principio e ius positum, in Dir. inf, Milano, 2009, 635 ss.).
(21) Il percorso è stato già svolto in A.M. Gambino, Il danno non patrimoniale da lesione del diritto d’autore, in Responsabilità civile. Danno non patrimoniale, diretto da S. Patti, a cura di S. Delle Monache, Torino, 2010, 513 ss.
(22) Il testo è consultabile online all’indirizzo: http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1263481888506_d1.pdf
(23) Cfr. nota 11.
(24) Per la vicenda dei contenuti informativi incorporati nelle opere multimediali, si veda A. Contaldo, Il diritto d’autore e l’editoria elettronica: la tutela dell’opera in digitale, in Dir. aut., 2007, spec. 336 ss.
(25) Si vedano, da ultimo, P. Di Mico, Il rapporto tra diritto di autore e social network: un nuovo capitolo, ma non l’ultimo, in Dir. aut., 2010, 262 ss. e M. Lillà Montagnani, A new Interface between Copyright Law and Technology: How User-Generated Content will Shape the Future of Online Distribution, in Cardozo Arts and Entertainment Law Journal, 2009, 719 ss.
(26) Situazione che a questo punto non rispecchia più (o soltanto) la natura del diritto d’autore, che – come ricorda ancora oggi attenta dottrina – si struttura, invece, attorno “all’interesse dell’autore come creatore dell’opera ed all’interesse del pubblico cui l’opera, per la sua natura e funzione, è destinata” (M. Fabiani, Il diritto di autore tra informazione e conoscenza. La sfida della proprietà intellettuale nell’era digitale. Un seminario di Studi all’Università Europea di Roma, in Dir. aut., 2009, 503).
(27) Cfr. F. P. Regoli, I videogiochi ed i videoclips nella recente disciplina legislativa, in Dir. aut., 2007, 80 ss.
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