Avv. Manlio Mallia, Chiesa e diritto d’autore in Italia, in Il Diritto d’Autore n. 3, 2008, pag. 382-404 e Archiv fur Katholisches Kirchenrechtpag, 2008, pag. 131-143.
LA MUSICA SACRA E IL DIRITTO D’AUTORE
Il Concilio Vaticano II, dopo il lungo declino causato dalle conseguenze della rivoluzione borghese, ha lanciato l’avvincente sfida di arricchire, con nuove composizioni espressamente concepite per la liturgia rinnovata, il repertorio tradizionale della musica sacra.
Il capitolo VI della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia del 4 dicembre 1963, interamente dedicato alla musica sacra, afferma esplicitamente che “il fine della musica sacra è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli” (112) e che “il patrimonio della musica sacra sia conservato e incrementato con grande cura” (114).
La musica sacra è, quindi, intesa, più che come forma d’arte, come modalità di glorificazione divina, tanto che è necessario che “i musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra”. “I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica e siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche” (121).
La Chiesa considera dunque la musica sacra, il Thesaurus musicae sacrae, un patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte e deve essere conservato ed incrementato con la massima cura.
La musica sacra, composta per la celebrazione del culto divino, di cui è parte integrante, è strettamente legata alla liturgia ed alla spiritualità cristiana, caratterizza tutta la storia del Cristianesimo e comprende al suo interno diversi generi, enumerati dall’Istruzione sulla musica sacra nella liturgia emanata dalla Sacra Congregazione dei riti il 5 marzo 1967 per l’attuazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium: canto gregoriano, polifonia classica e moderna, musica composta per organo ed altri strumenti ammessi.
Essa non va confusa con la musica religiosa, che costituisce una libera interpretazione del sentimento religioso, ma non risponde allo spirito e alle esigenze del culto ed è quindi molto più libera e varia nel linguaggio e nello stile.
Il ruolo della musica sacra, che costituisce “mezzo privilegiato per facilitare una partecipazione attiva dei fedeli all’azione sacra”, è stato sottolineato da Papa Giovanni Paolo II, nel chirografo “Mosso dal vivo desiderio” del 22 novembre 2003, che ricordava anche la necessità che “la musica, secondo le direttive del Concilio, conservi e incrementi il suo ruolo all’interno delle celebrazioni liturgiche, tenendo conto del carattere proprio della liturgia come della sensibilità del nostro tempo e delle tradizioni musicali delle diverse regioni del mondo1”.
[thrive_lead_lock id=’4487′]Joseph Ratzinger, ancor prima di divenire Papa Benedetto XVI, ha dedicato alla musica sacra pagine vibranti: “Una Chiesa che si riduca solo a fare della musica “corrente” cade nell’inetto e diviene essa stessa inetta. La Chiesa ha il dovere di essere anche “città della gloria”, luogo dove sono raccolte e portate all’orecchio di Dio le voci più profonde dell’umanità. La Chiesa non può appagarsi del solo ordinario, del solo usuale: deve ridestare la voce del Cosmo, glorificando il Creatore e svelando al Cosmo stesso la sua magnificenza, rendendolo bello, abitabile, umano2”.
Durante la visita al Pontificio Istituto di musica sacra del 13 ottobre 2007, Papa Benedetto XVI ha sottolineato le tre caratteristiche che contraddistinguono la musica sacra liturgica: “la santità, l’arte vera e l’universalità, ossia la possibilità di essere proposta a qualsiasi popolo o tipo di assemblea. Proprio in vista di ciò, l’Autorità ecclesiastica deve impegnarsi ad orientare sapientemente lo sviluppo di un così esigente genere di musica, non ‘congelandone’ il tesoro, ma cercando di inserire nell’eredità del passato le novità valevoli del presente, per giungere ad una sintesi degna dell’alta missione ad essa riservata nel servizio divino”.
Il Concilio non ha voluto cancellare la grandiosa tradizione della musica sacra, fenomeno purtroppo verificatosi in alcuni Paesi, ma ha voluto incoraggiare e orientare lo sviluppo e l’incremento di questo eccelso genere musicale proprio in considerazione delle sue peculiari caratteristiche e potenzialità.
Dopo questo breve excursus si può tranquillamente affermare che il Concilio e i Pontefici non si sono stancati di chiedere la collaborazione dei compositori a creare nuove opere di altissimo livello artistico destinate alla liturgia, attività che, secondo le parole di Papa Giovanni Paolo II “richiede creatività poetica e compositiva per svelare al cuore dei fedeli il significato profondo del testo di cui la musica è strumento3”.
La Chiesa ha esclusiva competenza nello stabilire i principi generali posti a fondamento della musica sacra, da disciplinare quale parte integrante del culto; la Santa Sede non ha però mai imposto canoni estetici ai compositori di musica sacra lasciando loro piena libertà di scelta dei mezzi tecnici e artistici ed indicando solo lo spirito animatore e le caratteristiche funzionali cui devono attenersi le opere nell’ambito dello svolgimento della liturgia.
Alcune eminenti personalità hanno peraltro lamentato l’assenza di uno specifico organismo pontificio di vigilanza sulla musica sacra e, specificatamente, sulla musica liturgica4.
Molta è, peraltro, l’importanza riconosciuta dalla Chiesa alla formazione musicale e liturgica dei maestri, dei musicisti e dei cantori di musica sacra: autorevoli pressioni sono state anche esercitate in vista della creazione di scuole di musica sacra o dell’introduzione di corsi di musica sacra presso i conservatori5.
A questo proposito è necessario introdurre il discorso sul rapporto tra sentimento religioso e diritto d’autore: non si può non ricordare, infatti, che i compositori di musica liturgica mancano quasi del tutto delle fonti di reddito riservate ad altri artisti e nella maggior parte dei casi della possibilità di vedere la loro opera eseguita anche in luoghi diversi ed in momenti differenti da quelli in cui la liturgia la colloca.
E’ il caso di ricordare le parole pronunciate dal Cardinale della Costa, a proposito dell’arte figurativa, in occasione della settimana d’arte sacra tenutasi a Firenze nel 1938: “Gli artisti hanno bisogno di pane onorato per sé e per la propria famiglia”; “come un tempo devono essere forniti loro i mezzi economici senza i quali non si possono sperare né commettere opere d’arte”; “se sarà così, i professionisti, tolti alle preoccupazioni angustianti di cui è feconda la vita quotidiana, attenderanno con animo lieto a quelle artistiche produzioni che da loro esigiamo6”.
Le parole del Cardinale della Costa riflettono perfettamente anche la condizione dei compositori di musica liturgica, che – come evidenziato dagli studiosi dell’epoca7 – mancano delle probabili fonti di guadagno, delle soddisfazioni e dei riconoscimenti morali spesso riservati agli artisti delle arti figurative, che possono esitare le loro opere anche in ambienti diversi dalla Chiesa, mentre il compositore di musica sacra, spesso sconosciuto alla stessa massa dei fedeli, ha un solo ambiente in cui far eseguire la sua opera.
La difficoltà di rapporto tra tutela dei diritti d’autore e musica sacra è stata probabilmente accentuata anche dall’atteggiamento tenuto in passato da alcuni titolari di uffici ecclesiastici, i quali avevano aspramente criticato il comportamento degli autori che intendevano tutelare i loro diritti economici.
Nel 1932, e cioè alcuni anni prima delle accorate parole pronunciate dal Cardinale della Costa, le istruzioni fornite circa l’esecuzione della musica sacra nelle chiese chiedevano agli Ordinari di curare che durante le funzioni liturgiche si eseguissero solo le composizioni moderne di musica sacra i cui autori ed editori avessero dichiarato per iscritto che l’esecuzione delle loro opere non era soggetta al diritto d’autore.
Secondo un’opinione diffusa ciò ha favorito l’impoverimento della musica liturgica moderna e la fama conservatrice dei musicisti di Chiesa.
Negli ambienti più consapevoli della serietà del problema8 si è così fatta strada l’idea che fosse necessario fissare un preventivo di spesa per la musica eseguita durante le cerimonie liturgiche, al fine di garantire una decente remunerazione a professionisti esperti in tutti i casi in cui il pur lodevole volontariato degli esecutori non assicurasse una adeguata preparazione musicale.
In questa ottica è senz’altro coerente prevedere il riconoscimento di un diritto d’autore alla musica che viene eseguita “in sede da concerto”, ossia per quella parte della musica “paraliturgica” relativa alla sfera del culto e consona alla santità dei luoghi in cui viene eseguita, seppure diversa dalla musica sacra in senso stretto, costituita dalle formule e dai canti funzionali e dai canti assembleari.
Occorre evidenziare che, quando i musicisti erano, come nel Medioevo, chierici che svolgevano la duplice funzione di compositori ed esecutori, essi, anche se non ricevevano una retribuzione individuale, trovavano accoglienza e sostentamento all’interno del proprio Ordine religioso. Oggi le opere create dai compositori di musica sacra sono assai spesso inedite, o vengono pubblicate da case editrici collegate alla Santa Sede o dipendenti dagli ordini religiosi, di modo che se, da un lato, si consente che la musica sacra venga affidata a chi comprende e conosce la liturgia che essa è destinata ad accompagnare, dall’altro lato risulta più difficile che allo sviluppo del Thesaurus musicae sacrae possano contribuire anche compositori contemporanei laici.
Quando si parla di diritto d’autore per la musica sacra della liturgia e nella liturgia si pensa ad una cultura musicale di altissimo livello, che Papa Benedetto XVI sembra deciso a voler reinstaurare, secondo l’insegnamento del Concilio, ovunque sia possibile.
Per questa ragione si comprende la necessità del rispetto dei principi elementari del diritto d’autore, che costituisce la forma di incoraggiamento più sincero e consapevole, oltre che convincente per tutti i compositori. Ove manchi questo rispetto è quasi inevitabile che manchino compositori di alto livello che scrivano per la liturgia.
LA LEGISLAZIONE ITALIANA SUL DIRITTO D’AUTORE
Va innanzi tutto condivisa l’opinione espressa da Winfried Schulz9, secondo il quale la legge sul diritto d’autore dello Stato della Città del Vaticano non può valere come fondamento giuridico di un qualsiasi obbligo giuridico e finanziario che vincoli la Chiesa universale.
Per quel che riguarda l’Italia devono essere quindi prese in esame le disposizioni della legge sul diritto d’autore 22 aprile 1941, n. 633.
Quanto al rapporto tra diritto d’autore e musica sacra non è prevista dalla legge 633 alcuna eccezione o limitazione ai diritti esclusivi dell’autore, anche se ciò sarebbe stato possibile esercitando la facoltà concessa dal legislatore comunitario ai sensi della lettera g) del comma 2 dell’art. 5 della direttiva 2001/29/CE, in forza della quale gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni ai diritti degli autori “quando si tratti di un utilizzo durante cerimonie religiose”.
La protezione assicurata dalla legge italiana dovrebbe quindi valere anche per i compositori di musica sacra, che in base agli articoli 12 e 15 della legge 633 sono titolari – oltre che degli irrinunciabili diritti morali di cui ha parlato il Presidente Assumma – del diritto esclusivo di utilizzare economicamente le loro opere, compreso il diritto di pubblica esecuzione, ma non hanno mai ricevuto alcun compenso.
Secondo alcuni commentatori10 il diritto a ricevere questo compenso sarebbe negato da una discutibile interpretazione analogica dell’art. 71, che prevede una eccezione ai diritti esclusivi dell’autore in favore delle bande musicali e delle fanfare dei corpi armati dello Stato, fattispecie assolutamente inapplicabile in via analogica al caso in esame.
La dottrina, per giustificare la pratica disapplicazione del diritto d’autore nel territorio italiano, con riferimento soprattutto alla musica sacra propriamente detta, che sia stata composta espressamente per la liturgia, ha individuato due strade11.
Si è, da un lato, suggerito di considerare gli accompagnamenti musicali delle cerimonie religiose – specie nel caso di formule, canti funzionali ed assembleari – come una forma collettiva di professione della fede, sottratta in quanto tale alla normativa sul diritto d’autore. Il rito religioso non è considerato, in sostanza, una manifestazione pubblica, ma l’esercizio in pubblico del culto o la professione di fede in forma associata, dato che l’utilizzo della musica non è destinato all’ascolto dei presenti, ma è dedicato a Dio.
Da un altro lato – non essendo possibile dimenticare che chi crea musica sacra è, spesso, al massimo grado, un autore e che dovrebbe essere tutelato come tale – si è proposto di equiparare alle esecuzioni compiute a fini di beneficenza e istruzione le esecuzioni musicali aventi ad oggetto prevalentemente la musica sacra, effettuate con il fine di culto ed organizzate da enti ecclesiastici senza scopo di lucro. Ciò in quanto il Concordato, quando effettua alcune classificazioni in materia di imposizione fiscale, equipara il fine di culto e di religione ai fini di beneficenza e di istruzione.
Alla luce di tale seconda impostazione si è ritenuto applicabile alla musica sacra il secondo comma dell’art. 15 della legge 633, che esclude dall’ambito delle pubbliche esecuzioni soggette alle disposizioni a tutela del diritto d’autore quelle effettuate, tra l’altro, nelle scuole, nei convitti e negli istituti di ricovero, purché non compiute a scopo di lucro.
Certamente più persuasivo, ma tale da esentare dagli obblighi previsti dalla legge 633 solo una parte della musica sacra eseguita nella liturgia, è il riferimento12 all’art. 16 della legge 20 maggio 1985, n. 222 che, agli effetti delle leggi civili, considera attività di religione o di culto quelle dirette, tra l’altro, all’esercizio del culto: in quanto parte integrante e necessaria della liturgia e del culto divino l’utilizzo di una serie di canti e formule della musica sacra rientra a pieno titolo nell’autonomia della Chiesa, e può considerarsi sottratto come tale all’ordinamento statuale in base alle norme concordatarie.
D’altra parte, nel reclamare un compenso per l’esecuzione della musica sacra nella liturgia sulla base della difesa del diritto di proprietà dell’autore sulla propria opera, è stato coerentemente sostenuto che non deve essere ignorato l’aspetto sociale della proprietà.
Un valido riferimento a questo riguardo può essere costituito dalla sentenza del 1978 della Corte Costituzionale tedesca13, che ha dichiarato il parziale contrasto con l’art. 14 della Costituzione (che sancisce il diritto alla proprietà) dell’art. 52 della legge sul diritto d’autore (che consentiva la regolare esecuzione di musica sacra, anche senza scopo di lucro, senza il riconoscimento di alcun compenso all’autore).
Nell’affermare la necessità di una remunerazione ai 18 compositori che avevano lamentato l’incostituzionalità della normativa tedesca, la sentenza in questione ha tuttavia negato ai ricorrenti la possibilità di vietare la pubblica esecuzione delle loro opere e non ha inteso sottoporre a compenso qualsiasi genere di musica sacra, affermando il principio in base al quale solo dal modo e dal significato dell’esecuzione si può stabilire se il bene della collettività giustifichi o meno l’esclusione di un compenso all’autore. E’ quindi chiaro che deve essere rispettato in ogni caso il carattere particolare della musica liturgica, le cui finalità vanno oltre gli aspetti puramente economici e giuridici. In questa prospettiva il giudizio sul carattere delle singole esecuzioni spetta solo alla Chiesa, che ha il compito di determinare la funzione liturgica e quindi il significato della musica sacra in vista del bene comune.
Per individuare dal punto di vista del diritto d’autore le diverse tipologie di utilizzo della musica nell’ambito del culto ci soccorre l’analisi compiuta da Winfried Schulz14 e Gabriele Steinschulte15, che hanno effettuato una netta distinzione tra canti liturgici ufficialmente prescritti (generalmente liberi dal diritto d’autore) e canti liturgici ufficialmente ammessi (rilevanti per il diritto d’autore) ed hanno definito tre diverse categorie di musica liturgica eseguita durante le funzioni religiose.
La prima categoria è rappresentata dai cd canti funzionali e formule ufficialmente prescritti per il culto che sono parte fissa integrante della liturgia, provengono di regola da una antica tradizione e non sono quindi soggetti anche per questa ragione al diritto d’autore. Va comunque notato che, anche nel caso in cui si intenda utilizzare opere protette, gli autori che abbiano messo a tal fine queste musiche a disposizione della Chiesa – che nella sua sovranità giuridica sulla liturgia attua in concreto il suo ordinamento attraverso l’introduzione di tali formule – non possono rivendicare alcun compenso. L’unica precauzione richiesta è quella di acquisire all’origine dall’autore i necessari diritti di utilizzazione, con l’avvertenza che la sua opera non riceverà alcuna tutela economica.
La seconda categoria è costituita dai canti assembleari, che non sono soggetti ad autorizzazione a titolo di diritti d’autore, trattandosi di una espressione di culto compiuta personalmente dal singolo partecipante alla celebrazione.
Una esecuzione soggetta a diritto d’autore richiede sempre, in effetti, un artista che esegua personalmente l’opera ed ascoltatori che usufruiscano di essa attraverso l’esecuzione, con la conseguenza che il canto popolare durante il culto non può essere considerato una esecuzione per cui si possa pretendere l’assolvimento di un diritto d’autore.
Diverso è il discorso per le forme musicali artistiche della musica liturgica (il Thesaurus musicae sacrae del Concilio Vaticano II), che meritano invece ampia considerazione sotto il profilo del diritto d’autore, in quanto esso costituisce un giusto riconoscimento delle creazioni dello spirito e uno stimolo efficace e adatto a promuovere in concreto la musica sacra contemporanea.
E’, infatti, difficile chiedere nuove composizioni ad autori moderni chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescerne il patrimonio senza riconoscere loro un diritto d’autore.
Anche per questa ragione – oltre che per introdurre un certo livello di omogeneità nei comportamenti, che dovrebbero essere consapevolmente indirizzati a favorire la creazione e la promozione della nuova musica sacra – è stata auspicata l’emanazione di norme canoniche al riguardo, per fornire una normativa-quadro da applicare in concreto da parte delle singole Chiese locali.
LE SOCIETA’ DI AUTORI E LA MUSICA SACRA
In materia di musica sacra la problematica dei rapporti tra le società di autori e le autorità ecclesiastiche è da tempo presente in molti Paesi dell’Unione Europea.
Assai diversificato a livello internazionale è il modo di assolvere questi compensi, come dimostrato dallo studio svolto da Christian Kroeber nel 200116.
Ciò avviene anche in considerazione delle oggettive difficoltà incontrate nella quantificazione del numero e del valore delle utilizzazioni delle singole opere e nella determinazione, oltre che delle tariffe, anche di corretti criteri di ripartizione dei compensi, in assenza di una informativa analitica sulle opere utilizzate.
Nei Paesi del Nord e del Centro Europa sono state utilizzate in prevalenza licenze forfetarie, di regola concordate con le Chiese locali: a titolo orientativo si ricorda che la Chiesa cattolica tedesca ha concluso fin dal 1953 accordi con la GEMA e che pure in Svizzera (nel 1966) e in Austria (nel 1971) sono stati raggiunti accordi, che prevedono anche l’impegno delle diocesi di fornire i programmi delle esecuzioni.
E’ doveroso ricordare che anche in questi Paesi si è riusciti a regolare i diritti per la musica liturgica più per il potere di persuasione di alcune influenti personalità che per una generale consapevolezza della loro necessità.
In questi Paesi – nei quali si è comunque fatto strada il principio secondo cui il riconoscimento del valore della musica sacra passa anche per la sua valorizzazione economica e dove un linguaggio musicale più moderno è entrato a far parte della vita liturgica quotidiana accanto alle opere della tradizione – gli effetti degli sconvolgimenti post-conciliari nel campo della musica liturgica sono stati meno gravi che nei Paesi del Sud Europa, dove la creatività dei compositori contemporanei non è stata adeguatamente stimolata, nonostante i ripetuti inviti rivolti dai Papi e del Concilio agli artisti contemporanei a porre le loro capacità al servizio della liturgia.
Nei Paesi del Sud Europa di solida tradizione cattolica, come la Spagna e l’Italia, la divaricazione venutasi a creare fin dagli anni Venti tra musica sacra e diritto d’autore ha così deluso le legittime aspettative dei compositori di poter contare su un giusto compenso come corrispettivo della loro attività creativa, ma ha soprattutto indebolito, fino ad esaurirle, le prospettive di sviluppo e arricchimento del Thesaurus musicae sacrae, che – adoperando le parole di Gabriele Steinschulte – rischia di essere coltivato solo da un ristretta elite artistica in grado di prescindere da aspirazioni e problemi “terreni”.
Gli effetti di lunga durata prodotti da questa situazione sono stati avvertiti dagli osservatori più avveduti, i quali hanno ripetutamente condannato i discutibili esperimenti che hanno introdotto nella musica liturgica una lunga serie di banalità mutuate dalla musica leggera di consumo.
CONCLUSIONE
Il significato trascendente e lontano dalle logiche del profitto che ispira le utilizzazioni del repertorio musicale effettuate da organismi ed enti in vario modo collegati alla Chiesa ha indotto la S.I.A.E a concludere con essi una serie di accordi che prevedono per queste realtà condizioni di assoluto favore.
Il primo di tali accordi, peraltro regolato dalle leggi dello Stato della Città del Vaticano, è stato concluso nel 1994 con la Radio Vaticana, il cui compito primario è, come è noto, quello di diffondere nel mondo il messaggio evangelico e la parola del Papa.
Altri accordi in materia di diffusione radiofonica e televisiva del repertorio musicale sono stati conclusi dalla SIAE con le emittenti televisive collegate a Rete Blu e Tele Pace e con il network radiofonico Radio Maria, cui è riservato il trattamento tariffario privilegiato riservato alle radio comunitarie, in considerazione delle rilevanti istanze di carattere religioso di cui esso è espressione.
In tale contesto, e con l’obiettivo di trovare un raccordo tra le esigenze spirituali e socio-formative della Chiesa e quelle materiali degli autori, la S.I.A.E. e la Conferenza Episcopale Italiana hanno raggiunto nel 1998 un accordo con il quale sono stati definiti, a condizioni di particolare favore in considerazione della peculiarità della materia, i compensi per diritti d’autore dovuti da Diocesi, Parrocchie ed altri Enti con finalità di educazione cristiana, che svolgano, senza scopo di lucro, attività finalizzate alla formazione globale della persona umana e utilizzino a tal fine il repertorio musicale della S.I.A.E..
Costituiscono, in particolare, l’oggetto di tale accordo le utilizzazioni sotto forma di musica d’ambiente e le vere e proprie manifestazioni musicali che abbiano luogo in ambienti di proprietà o, comunque, di pertinenza degli Enti ecclesiastici od anche in luoghi pubblici, se ed in quanto si tratti di eventi organizzati dagli Enti ecclesiastici stessi.
Non sono comprese nell’ambito dell’accordo le esecuzioni musicali che avvengono durante le cerimonie religiose, siano esse riconducibili alla musica sacra in senso stretto che alla c.d. musica religiosa, anche se, in armonia con il dato normativo, una serie di esecuzioni di musica sacra effettuate nell’ambito dei riti liturgici può comportare il loro assoggettamento al diritto d’autore.
Al riguardo è interessante notare che le principali emittenti televisive nazionali forniscono con una certa regolarità alla S.I.A.E. informazioni di dettaglio in merito alle esecuzioni musicali avvenute nell’ambito delle Sante Messe da esse trasmesse, per consentire la corretta attribuzione dei compensi spettanti ai compositori associati alla S.I.A.E. ed alle società di autori che le hanno affidato il mandato di amministrazione per il territorio italiano e le cui opere siano state eseguite nel corso delle cerimonie religiose.
Forte della comprovata sensibilità a trattare una materia così delicata e straordinaria, la S.I.A.E. conferma la sua disponibilità ad esaminare con le competenti Autorità ecclesiastiche tutti i complessi aspetti della questione, al fine di verificare la possibilità di costruire – nel rispetto delle peculiarità della musica sacra e delle prerogative della Chiesa italiana – uno schema contrattuale semplificato di estremo favore, che agevoli e promuova il massimo sviluppo di questa elevatissima forma d’arte e consenta di soddisfare le aspettative di chi vive della propria arte ed è pronto a metterla al servizio di una così alta missione.
Sono convinto che, in materia di diritto d’autore sulle composizioni di musica sacra, la Chiesa e le società di autori condividano una grande responsabilità di ordine morale e culturale: a mio avviso la strada della negoziazione di un accordo in materia sarebbe senz’altro la più rapida e sicura per addivenire al riconoscimento del valore, non solo storico, ma anche attuale, formativo ed aggregante, della musica sacra, nella consapevolezza che il raggiungimento di tale obiettivo deve presupporre un riconoscimento che abbia una sua precisa valenza anche sul piano economico.
Per la S.I.A.E. non si tratta solo di un mandato di carattere giuridico ricevuto dai suoi associati che essa è tenuta ad adempiere nel rispetto della legge italiana e degli accordi internazionali. L’idea di disciplinare la materia in via convenzionale con le competenti Autorità della Chiesa italiana nasce dalla convinzione che un accordo di questo tipo gioverebbe in primo luogo alla diffusione della musica sacra e all’alta missione che essa è chiamata a svolgere e darebbe anche un forte impulso alla creazione di nuove opere da parte di autori che non si sono finora cimentati con questo genere musicale per l’assenza di qualsiasi forma di gratificazione, anche di carattere morale, che potesse valorizzare adeguatamente la loro creatività.
1 Lettera apostolica del 4 dicembre 2003 nel XL Anniversario della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia.
2 Rapporto sulla fede, Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, Edizioni San Paolo, 1985.
3 Discorso del Santo Padre ai partecipanti al Congresso internazionale di musica sacra, promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura (27 gennaio 2001).
4 MISERACHS GRAU V., Chiesa e musica sacra. Passato, presente e futuro, in www.organisti.it/articolo_Miserachs.html.
5 ibidem.
6 LUCAS A., La musica liturgica, in “L’Avvenire d’Italia” del 28 gennaio 1938.
7 CARTONI A., Il diritto d’autore nella musica liturgica, in “Il diritto d’autore” n. 1 del 1938, pag. 35-38.
8 MISERACHS GRAU V., Chiesa e musica sacra. Passato, presente e futuro, in www.organisti.it/articolo_Miserachs.html.
9 SCHULZ W., Il diritto d’autore nella Città del Vaticano e la protezione della proprietà intellettuale nella Chiesa, in “Der Schutz des geistigen Eigentums in den Schriften von Winfried Schulz”, Peter Lang GmbH, Frankfurt am Main, 1997, pag. 149-160.
10 SCHULZ W., Sul diritto d’autore per i compositori di musica liturgica, in “Der Schutz des geistigen Eigentums in den Schriften von Winfried Schulz”, Peter Lang GmbH, Frankfurt am Main, 1997, pag. 175-178.
11 CHIMIENTI L., Lineamenti del nuovo diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 2004, pag. 281-282.
12 MORETTI M., Esecuzioni di opere musicali tutelate dal diritto d’autore nelle Chiese aperte al culto pubblico, in “Il diritto d’autore“ n. 2 del 2007, pag. 173-195.
13 SCHULZ W., La protezione del diritto d’autore nella musica sacra in una recente sentenza della Corte Costituzionale della Germania Federale, in “Der Schutz des geistigen Eigentums in den Schriften von Winfried Schulz”, Peter Lang GmbH, Frankfurt am Main, 1997, pag. 67-77.
14 SCHULZ W., La protezione del diritto d’autore nella musica sacra in una recente sentenza della Corte Costituzionale della Germania Federale, in “Der Schutz des geistigen Eigentums in den Schriften von Winfried Schulz”, Peter Lang GmbH, Frankfurt am Main, 1997, pag. 67-77.[/thrive_lead_lock]