Operazioni soggettivamente inesistenti, interposizione fittizia e nuovo sistema penale tributario

Andrea Perini, Operazioni soggettivamente inesistenti, interposizione fittizia e nuovo sistema penale tributario, in Dir. Pen. e Processo, 2001, 11, 1411

Operazioni soggettivamente inesistenti, interposizione fittizia e nuovo sistema penale tributario

Trib. Pinerolo, 07 marzo 2001

Sommario: Problemi vecchi e nuovi in materia di operazioni soggettivamente inesistenti: interposizione fittizia… – (Segue) ….. e interposizione reale – Orientamenti giurisprudenziali in materia di operazioni soggettivamente inesistenti – L’impatto della nuova fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti – La pronuncia del Tribunale di Pinerolo

Note introduttive: la genesi della fattispecie

Il tema delle fatture soggettivamente inesistenti, ossia concernenti operazioni effettivamente avvenute ma coinvolgenti soggetti diversi rispetto a quelli risultanti documentalmente, appare non molto dissodato tanto dalla dottrina quanto dalla giurisprudenza, tradizionalmente assorbito nel più frequentato (e statisticamente più ricorrente nella prassi) tema della fatturazione di operazioni oggettivamente inesistenti.

Sintomatica, al riguardo, è la storia della fattispecie, non espressamente contemplata dall’art. 50 del decreto istitutivo dell’I.V.A. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) che si limitava a tipizzare l’emissione di «fatture per operazioni inesistenti» e l’indicazione nelle fatture dei corrispettivi e delle relative imposte in misura superiore a quella reale. Di qui la scaturigine del dibattito, pur circoscritto, attorno all’idoneità di tale fattispecie a colpire ogni forma di divergenza tra la realtà commerciale e l’espressione documentale di essa (1), ivi compresa la falsa indicazione dell’emittente o del destinatario della fattura (2).

In sede di riforma del sistema, ad opera del d.l. 10 luglio 1982, n. 429, poi convertito nella l. 7 agosto 1982, n. 516, il legislatore intese risolvere espressamente la questione tipizzando (in seno all’art. 4 n. 5) non la sola emissione di fatture o altri documenti per operazioni in tutto o in parte inesistenti ma altresì l’indicazione « di nomi diversi da quelli veri in modo che ne risulti impedita l’identificazione dei soggetti cui si riferiscono (le operazioni, n.d.a. )» (3). Tale formulazione della norma ha poi attraversato indenne la «miniriforma» del 1991, il cui impatto sulla disposizione in esame fu di esclusiva natura formale, trasfondendo nella novella lett. d dell’art. 4 la inalterata formulazione del previgente n. 5 del medesimo articolo. 

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Dunque, la lett. d dell’art. 4 l. n. 516 del 1982 nella sua seconda parte puniva l’utilizzazione e l’emissione di fatture e altri documenti recanti l’indicazione di nomi diversi da quelli veri, ossia, in sostanza, l’attribuzione di determinati atti a soggetti diversi da quelli che effettivamente pongono in essere le operazioni, risolvendosi in una ipotesi di falsità materiale realizzata attraverso la contraffazione di documenti fiscalmente rilevanti (4).

Da ultima, la recente riforma introdotta dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 ha chiaramente inteso riproporre la fattispecie in esame prevedendo, in seno alla norma definitoria di cui all’art. 1 lett. a (5), che per «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» siano da intendere anche le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo emessi a fronte di operazioni che « riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi ». Tale definizione va così a completare (almeno prima facie) le fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2) e di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8).

 

Problemi vecchi e nuovi in materia di operazioni soggettivamente inesistenti: interposizione fittizia…

Lo stretto apparentamento tra gli enunciati della vecchia e della nuova fattispecie contribuisce a riproporre le perplessità già avanzate in passato in merito all’idoneità della norma a colpire non soltanto situazioni di «interposizione fittizia» ma a dispiegare la propria valenza tipizzante fino ad abbracciare altresì casi di «interposizione reale» (6).

Al riguardo, infatti, indubbia appare la precipua vocazione della fattispecie a colpire l’interposizione fittizia di soggetti che, apparentemente parti di un rapporto commerciale, in realtà fungano da mero «paravento» per dissimulare l’effettivo contraente. Come la dottrina ha esattamente osservato, in tale ambito si è al cospetto di una ipotesi speciale rispetto al più generale istituto della simulazione (7), essendo l’interposizione fittizia null’altro che un caso particolare di simulazione (8), e – più precisamente – di simulazione relativa soggettiva (9). Sul punto, infatti, la dottrina ha chiarito che, in linea di principio, si ha simulazione allorquando «i contraenti creano, con la propria dichiarazione, le parvenze esteriori di un contratto, il contratto simulato, del quale tuttavia non vogliono gli effetti (art. 1414, 1° comma), oppure creano le parvenze esteriori di un contratto diverso da quello da essi voluto e che è, perciò, un contratto dissimulato» (10).

Dunque, viene a realizzarsi uno scollamento tra la realtà effettuale ed economica dell’operazione e l’immagine che di tale realtà viene data ai soggetti estranei all’operazione, ai quali viene fatto apparire un contratto riguardante il venditore e l’interposto quando in realtà la transazione avviene tra il soggetto venditore e l’interponente. Ed in quest’ottica si comprende anche il significato della clausola antielusiva di cui all’art. 37 comma 3d.P.R. n. 600 del 1973, laddove è sostanzialmente prevista null’altro che la prevalenza della sostanza sull’apparenza: «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato (…) che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona» (11).

 

(Segue) ….. e interposizione reale

Assai più problematica appare invece la riconducibilità alla fattispecie de qua dell’interposizione reale di un soggetto, situazione nella quale non sussiste alcun profilo di simulazione (12) ma, secondo la risalente definizione di Francesco Ferrara, «si attua quando l’interposto acquisisce da un terzo un diritto per trasferirlo all’interponente» (13). Ciò porta esattamente altra dottrina ad affermare che nell’interposizione reale «l’attribuzione degli effetti economici all’interponente non avviene in forza di un criterio (per così dire) automatico di imputazione a titolo originario (…) ma richiede comunque un atto dispositivo da parte dell’interposto o, in mancanza, una sentenza costitutiva» (14). Dunque, fenomeno assolutamente eterogeneo rispetto alla simulazione (15) e riguardo al quale, in ambito amministrativo, la dottrina è unanime nel riconoscere l’inapplicabilità della norma antielusiva di cui all’art. 37 comma 3 d.P.R. n. 600 del 1973 (16).

D’altro canto, notevolissima è la differenza tra le due forme negoziali, in quanto «il patto fiduciario ha efficacia meramente obbligatoria, non efficacia reale: vincola le parti tra loro, ma non è opponibile ai terzi» (17). Tanto è vero che si afferma essere proprio questa la principale nota distintiva tra interposizione fittizia e reale: «nella fittizia sussiste un’intesa à trois , che involge anche il terzo; nella reale, il terzo contraente non è coinvolto nel patto d’interposizione» (18).

Nonostante le evidenziate differenze sul piano teorico, talvolta la Corte di cassazione ha affermato – almeno a livello di principio – l’idoneità della previgente ipotesi di frode fiscale a tipizzare altresì casi di interposizione reale(19), anche se una analisi della giurisprudenza formatasi sotto la vigenza dell’art. 4 lett. d l. n. 516 del 1982 lascia intravedere come l’ipotesi di frode fiscale in questione abbia prevalentemente trovato applicazione in ambito di interposizione fittizia, nonostante l’estrapolazione di massime dal significato talora sibillino.

 

Orientamenti giurisprudenziali in materia di operazioni soggettivamente inesistenti

Emblematico il caso in cui la Suprema Corte (20) ha individuato una violazione dell’art. 4 n. 5 d.l. n. 429 del 1982 (poi conv. dalla l. n. 512 del 1982 e riformato nel 1991) allorquando « sono emesse o utilizzate fatture recanti indicazioni di nomi diversi da quelli veri, e ciò accade in ogni caso di interposizione perché in tal modo risulta impedita l’identificazione del vero soggetto cui realmente le fatture si riferiscono ». Nonostante una certa ambiguità della massima, l’effettiva portata della pronuncia è desumibile dall’analisi della fattispecie concreta, nella quale si verteva inequivocabilmente in un caso di interposizione fittizia (21). Significativi, sul punto, sono altresì gli sporadici casi sottoposti all’attenzione della magistratura di merito (22), mentre particolarmente esaustiva risulta essere una recente pronuncia della Corte di cassazione (23), secondo la quale si ravvisa il delitto di cui all’art. 4 lett. d l. n. 516 del 1982 ogniqualvolta si ponga in essere un negozio simulato, sia esso relativo od assoluto, stipulato al fine di evadere le imposte sui redditi o l’imposta sul valore aggiunto o di conseguire un indebito rimborso a terzi.

In particolare, la Suprema Corte ha testualmente affermato che «al fine della identificazione del momento consumativo del reato di cui all’art. 4 lett. d (già n. 5) l. 516/82, occorre distinguere, come meglio si dirà, tra fatture totalmente false (simulazione assoluta oggettiva), nelle quali prezzo e bene, o servizio, acquistato sono tutti inesistenti, e fatture parzialmente false. Queste ultime sono caratterizzate dal fatto che il prezzo in esse indicato è stato realmente pagato dall’acquirente: a) ad un soggetto diverso da quello che lo ha incassato, il quale potrà, quindi, evitare di dichiararne l’ammontare al fisco (simulazione relativa soggettiva); b) per controprestazioni diverse da quelle apparenti (simulazione relativa oggettiva)».

 

L’impatto della nuova fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti

Buona parte delle questioni interpretative testé evidenziate sembra ora destinata a trovare, se non soluzione, quanto meno un netto ridimensionamento in conseguenza della netta compressione dell’area applicativa della fattispecie emergente dalla riformulazione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti avutasi con il d.lgs. n. 74 del 2000. E ciò non certo a causa della rimodulazione del concetto di «operazione inesistente» di cui all’art. 1 lett. a del decreto sul quale già ci siamo soffermati, bensì in conseguenza della ricostruzione operata dal legislatore della fattispecie di cui all’art. 2 in chiave di tutela della veridicità della dichiarazione presentata dal contribuente.

Ed infatti, è noto come la riforma abbia comportato un abbandono della filosofia che ispirò il legislatore penale tributario del 1982 e, quindi, sia venuta meno – almeno in via tendenziale – la repressione del mero «sintomo» dell’evasione per privilegiare un sistema imperniato sulla criminalizzazione della non veridicità delle dichiarazioni fiscalmente rilevanti (24).

In tale contesto, un ruolo di particolare spicco è attribuito proprio alla fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, assodato che ad essa il legislatore della riforma affida le maggiori istanze repressive descrivendo l’unica figura di delitto priva sia di soglie di punibilità che di un evento comunque qualificante quale quello tipizzato dall’art. 10.

Sennonché, proprio in conseguenza di tale novella impostazione di fondo, tra l’altro inserita in una prospettiva di maggior valorizzazione del principio di necessaria offensività (25), il legislatore ha ritenuto di prescindere da qualsiasi comportamento tenuto dal contribuente prima della presentazione della dichiarazione, optando per la criminalizzazione della falsa fatturazione solo se ed in quanto sfoci nella presentazione di una dichiarazione (dei redditi e/o Iva) non conforme a verità (26). Inequivoca, sul punto, non solo la lettera dell’art. 2 ( ivi compreso il nomen juris della fattispecie), ma altresì la disposizione dell’art. 6 che esclude la punibilità del tentativo (tra gli altri) per il delitto de quo . Ed ormai noti, al riguardo, sono i problemi in tema di successione di norme nel tempo sui quali la giurisprudenza (27) (anche delle Sezioni Unite della Cassazione (28)) e la dottrina (29) hanno dovuto confrontarsi.

Ciò che appare non revocabile in dubbio, in proposito, è quindi la restrizione dell’area dell’illecito penale nei confronti dei soggetti che facciano uso (e, quindi, ricevano ) delle fatture documentanti operazioni (in tutto o in parte) inesistenti: nei loro confronti la repressione penale è subordinata alla presentazione di una dichiarazione che annoveri elementi passivi fittizi espressione della falsità di tali fatture.

 

La pronuncia del Tribunale di Pinerolo

In questo novello contesto normativo interviene la pronuncia del Tribunale di Pinerolo in commento, che si segnala non solo per rappresentare una delle rare pronunce in materia ma, soprattutto, per la lucidità con la quale – pur in pochissime battute – risolve la questione dell’impatto della novella disciplina sul tema delle operazioni soggettivamente inesistenti.

Preso atto che, nel caso di specie, non appariva dubitabile né la realtà oggettiva sottostante all’operazione (la quale era effettivamente intervenuta, pur concernendo un soggetto diverso rispetto a colui che emise la fattura), né l’inerenza della stessa all’esercizio dell’attività imprenditoriale (e quindi la sua rilevanza ai fini della determinazione dell’imposta), il Tribunale ha concluso per l’insussistenza della fattispecie in quanto la fatturazione delle operazioni, pur indubbiamente «inesistenti» – soggettivamente – giusta la definizione di cui all’art. 1, non si è tuttavia risolta nell’indicazione di elementi passivi fittizi.

Assodata la «realità» dei costi sostenuti, il Tribunale ha correttamente ritenuto atipica la condotta dell’utilizzatore delle fatture relative ad operazioni inesistenti in quanto «monca» del necessario sbocco: l’indicazione in dichiarazione di costi non effettivamente sostenuti. Ed assai significativa, sul punto, è la uniformità di vedute tra il Tribunale e lo stesso pubblico ministero (30).

Ciò sul piano oggettivo della fattispecie, mentre vale la pena segnalare – incidentalmente – la perfetta congruenza, sul punto, altresì dell’elemento soggettivo del delitto in questione (31), il quale si limita a tipizzare il perseguimento del fine di evasione in capo al soggetto agente e non altresì il fine di consentire a terzi l’evasione: in proposito, è chiaro che recepire in dichiarazione il contenuto di fatture documentanti costi effettivamente sostenuti ma attribuiti ad un fornitore diverso rispetto a quello effettivo non provoca evasione in capo all’utilizzatore ma – al più – in capo al fornitore, le cui vendite non risultano documentate. Dunque, anche dal punto di vista dell’elemento soggettivo, la condotta sottoposta al vaglio del Tribunale di Pinerolo risulta atipica ai sensi della fattispecie di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000.

Tale ordine di idee non rende comunque vana la definizione di operazione soggettivamente inesistente contenuta nell’art. 1 lett. a, definizione che invece dispiega la propria valenza tipizzante in seno all’art. 8 del decreto, laddove continua ad assumere rilevanza penale la mera condotta di emissione di fatture o altri documenti a fronte di operazioni inesistenti (32), e dove non a caso è prevista – sul piano dell’elemento soggettivo – la volontà diconsentire a terzi l’evasione fiscale.

Certo, la novella disposizione, così come puntualmente interpretata dal Tribunale di Pinerolo, apre forse dei vuoti di tutela non immediatamente percepiti – e quindi ponderati – dal legislatore, ma è questo un portato – forse inevitabile, almeno in qualche misura – della maggior attenzione all’offensività delle fattispecie tipizzate dalla riforma.

In particolare, e come peraltro già segnalato (33), la riformulazione delle ipotesi di dichiarazione fraudolenta ha comportato per certi versi un ingessamento delle fattispecie rispetto alle previgenti analoghe figure di frode fiscale, irrigidimento che può dar luogo a qualche sbavatura o a qualche vuoto normativo foriero di perplessità. Ed il caso in esame si candida forse ad esserne un esponente (34).

Nondimeno, al Tribunale di Pinerolo va riconosciuto il merito di non aver ceduto alla tentazione di operare una sorta di «supplenza giudiziaria» rispetto all’operato del legislatore, mettendo a nudo un potenziale punto di criticità del sistema che solo il legislatore, forse in quell’ottica di rivisitazione del sistema che da più parti (35) si reclama, potrà spingersi a colmare.

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(1) Per l’affermativa, cfr. Cass., Sez. III, 24 ottobre 1986, Ceci, in Cass. pen., 1988, 364.

(2) In questo senso, cfr. Cass., Sez. III, 17 giugno 1982, in Il Fisco, 1985, 750; Cass., Sez. III, 1° aprile 1987, in Boll. trib., 1987, 1663; App. Milano, 9 giugno 1988, in Giur. merito, 1989, 164; Trib. Milano, 28 ottobre 1987, in Rass. trib., 1989, II, 72. Ma in senso parzialmente difforme, cfr. Cass., Sez. III, 14 marzo 1990, in Il Fisco, 1991, 648. In argomento, per tutti, P. Dell’Anno-R. Tito, I reati tributari in materia di imposte dirette e I.V.A., Milano, 1992, 134 ss.

(3) Cfr. Trib. Milano, 28 settembre 1998, in Il Fisco, 1999, 5278; Cass., Sez. III, 16 dicembre 1986, De Benedettis, in Rass. trib., 1988, II, 1049; Trib. Viterbo, 28 maggio 1987, in Il Fisco, 1987, 6640.

(4) Cfr. A. D’Avirro-U. Nannucci, I reati nella legislazione tributaria, Padova, 1984, 537; A. Nappi, Falso e legge penale, Milano, 1989, 74. Diversamente, parrebbe, F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, agg. a cura di L. Conti, II, Milano, 1995, 376.

(5) Sulla quale, per tutti, B. Tinti, Le definizioni normative contenute nell’art. 1 del d.lgs. n. 74 del 2000, in AA.VV., La riforma del diritto penale tributario Questioni applicative, a cura di C. Santoriello, Torino, 2001, 11 ss.

(6) In argomento, su posizioni peraltro differenti, cfr. A. D’Avirro, Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, in AA.VV., La riforma del diritto penale tributario (D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), a cura di A. D’Avirro-U. Nannucci, Padova, 2000, 62; A. Lanzi-G. Bersani, I nuovi reati tributari, Torino, 1995, 236; F. Dassano, La dichiarazione fraudolenta tra autonomia di disciplina e regole di contesto, in AA.VV., La riforma del diritto penale tributario, cit., 106; G. De Vero, Le fattispecie di frode fiscale previste dalle lettere a-e dell’art. 4 l. 7 agosto 1982, n. 516, in AA.VV., Diritto penale tributario, a cura di G. Fiandaca-E. Musco, Milano, 1997, 190; V. Napoleoni, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario, Milano, 2000, 58; A. Tencati, Precisazioni sulla nozione di «operazione inesistente» (testo vigente l. n. 516/82), in Il Fisco, 2000, 982; A. Traversi-S. Gennai, I nuovi delitti tributari, Milano, 2000, 175.

(7) Per tutti, Galgano-Peccenini-Franzoni-Memmo-Cavallo Borgia, Simulazione, Nullità del contratto, Annullabilità del contratto, in AA.VV., Commentario del codice civile, a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1998, 9; Scardulla, voce Interposizione di persona, in Enc. dir., XXII, 1972, 143, ove ulteriori riferimenti.

(8) In proposito, è appena il caso di rilevare come sarebbe fuori luogo evocare l’indiscussa distinzione tra falsità e simulazione, argomento in linea di principio certamente valido ma non calzante al caso di specie: assodato che la fatturazione di un’operazione deve di norma avvenire ad operazione compiuta (cfr. il combinato disposto degli artt. 21 comma 4 e 6 d.P.R. n. 633 del 1972), nella fattura occorre dar conto di un negozio già perfezionatosi anche negli effetti. Sul tema dei rapporti tra falso e simulazione, cfr. A. Alessandri, Osservazioni sulle notizie false, esagerate o tendenziose, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1973, 720 ss.; F. Carnelutti, Teoria del falso, Padova, 1935, 49: «si mentisce quando si narra, si simula quando si dichiara il volere (…) non occorre molta riflessione per accorgersi che solo il documento narrativo ammette il mendacio mentre il documento dispositivo non può essere se non contraffatto»; G. Zuccalà, Il delitto di false comunicazioni sociali, Padova, 1954, 21 e 43. Recentemente, v. pure i chiari rilievi di F. Iacoviello, Il falso ideologico per omissione, in Cass. pen., 1996, 1426. Giova infatti ricordare che falso ed induzione in errore, e quindi falso ed inganno, sono concetti assolutamente non coincidenti. Come lucidamente rileva A. Nappi, Falso e legge penale, cit., 3 ss., infatti, l’inganno può essere perpetrato o meno attraverso una comunicazione, comunicazione che a sua volta potrà constare o meno di un enunciato dichiarativo. Essendo poi logicamente prospettabile una falsità solamente con riferimento ad enunciati dichiarativi (non quindi in enunciati cd. «performativi»), dovrà concludersi che il falso esaurisce solamente una porzione delle condotte ingannatorie perpetrate attraverso delle comunicazioni; comunicazioni che a loro volta rappresentano una parte soltanto delle ipotizzabili condotte ingannatorie. Sul punto, v. Cass., Sez. III, 12 ottobre 1982, Servino, in Giur. it., 1983, 309; Cass., Sez. V, 2 ottobre 1980, in Vita not., 1981, 1111; Cass., Sez. V, 13 maggio 1983, Zocco, in Giust. pen., 1985, II, 146; Fuochi Tinarelli, Atti dispositivi: ammissibilità del falso ideologico, in Foro it., 1990, II, 389; A. Nappi, A proposito di una falsità impossibile, in Giur. it., 1983, II, 309; Id., Atti «dispositivi» e falsità ideologica, ibidem, II, 245; Secci, Non configurabilità del falso ideologico nelle decisioni amministrative di un organo collegiale, ivi, 1980, II, 73 ss.

(9) L. Nanni, L’interposizione di persona, Padova, 1990, 109 ss.; F. Galgano, op. cit., 9; F. Gallo, Trusts, interposizione ed elusione fiscale, in Rass. trib., 1996, I, 1044, Pacitto, Attività negoziale. Evasione ed elusione tributaria: spunti problematici, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1987, 732; Scardulla, op. cit., 143-144.

(10) Così F. Galgano, op. cit., 6. Nello stesso senso, L. Nanni, L’interposizione di persona, cit., 110 ss., ove numerosi riferimenti alla dottrina civilistica, assolutamente concorde con questa conclusione che discende direttamente dalla risalente ricostruzione del negozio simulato operata da Francesco Ferrara (sul quale, infra). Nella giurisprudenza, per tutte, recentissima (in tema di dividend washing) Cass., Sez. trib., 26 gennaio 2000, in Il Fisco, 2000, 10319; cui adde Trib. Napoli, 16 gennaio 1993, in Foro it. Rep, voce Simulazione civile, 1993, 5. Ulteriori riferimenti in L. Nanni, L’interposizione di persona, cit., 109, nota 62.

(11) Riconduce, infatti, tale previsione ai principi generali in tema di simulazione, F. Gallo, Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusive, in Dir. pratica trib., 1992, I, 1769.

(12) F. Galgano, op. cit., 35; L. Nanni, L’interposizione di persona, cit., 38.

(13) Così F. Ferrara, Della simulazione nei negozi giuridici, Roma, 1922, 220 ss. Nello stesso senso, G. Giuliani, Interposizione, fiducia e dichiarazione dell’altrui appartenenza, sulle orme di un caso giurisprudenziale, in Giur. comm., 1994, II, 11; A. Lovisolo, Possesso di reddito ed interposizione di persona, in Dir. pratica trib., 1993, I, 1684.

(14) A. Lovisolo, Possesso di reddito ed interposizione di persona, cit., 1684.

(15) Per tale constatazione, pacifica in dottrina, per tutti, Scardulla, op. cit., 144. In giurisprudenza, nello stesso senso, Cass., Sez. II, 29 maggio 1993, Del Col c. Rotella, in Giur. comm., 1994, II, 5.

(16) Limpidamente, in tal senso, F. Gallo, Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusive, cit., 1770 ss.; Id., Trusts, interposizione ed elusione fiscale, cit., 1045; Marchese, A margine di un caso di «esterovestizione» fra società di comodo, interposizione nel possesso del reddito e divieto della doppia imposizione, in Dir. pratica trib., 1995, II, 716. Né mancano conferme giurisprudenziali, proprio in ambito fiscale, di tale importante principio, riaffermato proprio in presenza di operazioni di interposizione reale ed a torto qualificate come di interposizione fittizia: cfr. (in materia di usufrutto azionario) Cass., Sez. trib., 26 gennaio 2000, n. 3979, in Il Fisco, 2000, 10319; Comm. trib. 1° grado Ivrea, 28 giugno 1995, in Riv. dir. trib., 1996, 1182; Comm. reg. Torino, 6 maggio 1997, in Rass. trib., 1997, II, 1308; Comm. prov. Torino, 3 luglio 1997, ibidem, 1312. Vero leading case è poi divenuta la vicenda del Napoli Calcio e della (presunta) interposizione fittizia di società sponsor cessionarie del diritto all’immagine di noti campioni dello sport, vicenda risoltasi con la constatazione dell’esistenza di una interposizione reale e, quindi, con il venir meno di qualsiasi ipotesi di censura: cfr. Comm trib. 1° grado Napoli, 20 dicembre 1993, in Fiscovideo, Comm trib. 2° grado Napoli, 6 settembre 1994, in Fiscovideo. Per la (ormai pacifica) esclusione dell’usufrutto azionario dalla sfera della frode fiscale, cfr. Trib. Udine, 3 ottobre 1996, in Il Fisco, 1997, 2716; Proc. Rep. Trib. Vicenza, 22 agosto 1995, ivi, 1995, 9385; Trib. Udine, 5 luglio 1997, ivi, 1997, 13321; Trib. Pordenone, 12 luglio 1997, ibidem, 1997, 9991; Trib. Ivrea, 5 maggio 1997, ibidem, 1997, ….; Proc. Rep. Trib. Ravenna, 3 settembre 1994, ivi, 1994, 8189; Trib. Milano, 19 giugno 1996, ivi, 1997, 5233; App. Trieste, 15 luglio 1998, ivi, 1998, 11921.

(17) F. Galgano, op. cit., 36. In giurisprudenza, nello stesso senso, Cass., 29 novembre 1985, in Mass. Foro it., 1985, 5058.

(18) G. Giuliani, Interposizione, fiducia e dichiarazione dell’altrui appartenenza, cit., 17.

(19) Cfr. Cass., Sez. III, 16 dicembre 1986, cit.; Cass., Sez. III, 22 gennaio 1998, in Fiscovideo.

(20) Cass., Sez. III, 16 dicembre 1986, in Rass. trib., 1988, II, 1049 ss.

(21) Infatti, nel caso di specie sussisteva un negozio di compravendita di apparecchi videogiochi tra società venditrice di tali apparecchi (soggetto A) e certo R.F (soggetto B) al quale venivano intestate le relative fatture di acquisto. Tuttavia, tale R.F. risultava, nella realtà, soltanto soggetto fittiziamente interposto dal momento che vero acquirente dei videogiochi era certo D.B. (soggetto C) proprietario di una sala giochi nella quale R.F. era dipendente: ergo interposizione fittizia del soggetto B in capo al quale mai si verificò alcun effetto contrattuale legato alla cessione del videogioco. D’altra parte, in nessun momento dell’operazione emergeva il ruolo del soggetto C (il reale acquirente), dando luogo altresì a quell’impossibilità di identificare il vero contraente dissimulato che costituisce altro elemento del reato in questione. Da ultimo ad analoghe conclusioni giunge Cass., Sez. III, 11 gennaio 2000, in Il Fisco, 2000, 6473 ss., relativamente ad uno studio di prefattibilità di un progetto agroalimentare eseguito e fatturato dalla società «A» alla società «B» ma in realtà prestato a favore della società «C». E’ il caso di porre in evidenza che, già in precedenza, secondo la Suprema Corte (Cass., Sez. III, 17 giugno 1982, ivi, 1988, 750 ss.) con l’accezione «fatture per operazioni inesistenti» (di cui all’art. 50 comma 4d.P.R. n. 633 del 1972 abrogato dall’art. 13 comma 1 d.l. n. 429 del 1982, conv. con modif. con l. n. 516 del 1982) il Legislatore intendeva colpire non soltanto la totale mancanza della operazione fatturata, ma anche ogni tipo di divergenza fra la realtà commerciale e l’espressione documentale della stessa. In fatto, la società «A» aveva ceduto partite di gomma alla società «B» dalla quale peraltro riceveva regolarmente il pagamento della merce fatturando però la merce stessa ad altre ditte alcune delle quali inesistenti ed altre reali. Nel caso di specie, quindi, un soggetto appariva essere acquirente della merce che, invece, era pagata da altro e diverso soggetto: dunque, ancora interposizione fittizia.

(22) Cfr. Trib. Viterbo, il quale con sentenza 28 maggio 1987 (in Il Fisco, 1987, 6640 ss.) considera «Operazioni del tutto o in parte inesistenti» non soltanto le «operazioni (in tutto o in parte) mai assunte, ma anche quelle che, pur essendo realmente intercorse, lo siano state fra soggetti (in tutto o in parte) diversi da quelli indicati nella fattura». In particolare, vale la pena evidenziare il caso, forse più paradigmatico, di ritenuta sussistenza del reato ex art. 4 lett. d l. n. 516 del 1982 nell’ipotesi di contratti di leasing simulati e volti a dissimulare operazioni di finanziamento in denaro (Trib. Tortona, 13 maggio 1988, n. 119, in Riv. pen., 1988, 879 ss.) Il caso oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza vide il verificarsi delle seguenti due operazioni: la società A acquista dalla società B un macchinario (escavatore) e successivamente stipula un contratto di leasing (relativamente al macchinario acquistato) nei confronti di C ; la società X acquista macchinari (telecopiatrici) dalla società Y e indi stipula un contratto di leasing sempre con il soggetto C di cui al caso precedente. Nella realtà, tuttavia, in entrambi i casi l’operazione di compravendita dei beni non fu mai effettivamente realizzata tant’è che l’organo giudicante sul punto si esprime in tal guisa «L’acquisto dell’escavatore (…) e l’acquisto delle telecopiatrici (…) furono del tutto simulati ed inesistenti». Pertanto sempre secondo il tribunale di Tortona, «Costoro utilizzarono fatture (ciascuno secondo la rispettiva posizione di simulato venditore, di simulato acquirente, di simulato locatario), che davano per avvenuto un fatto mai verificatosi e perciò, almeno per questa parte, relative ad operazioni inesistenti». Conseguentemente, viene ravvisata la violazione dell’art. 4 comma 1 n. 5. Chiaro allora come, nel caso di specie, non sorgano dubbi circa la sussistenza del reato contestato dal momento che – sulla base di quanto accertato – il fine principale dell’operazione di simulazione sopra descritta fu la precostituzione di un’apparenza di credibilità (simulazione) per la successiva (inesistente) locazione. Il tutto, ovviamente, in evasione della disciplina in materia di Iva. Ad identiche conclusioni giunge anche il Tribunale di Udine (Trib. Udine, 17 ottobre 1990, in Il Fisco, 1990, 7721 ss.) per il quale si configura il reato di cui all’art. 4 comma 1 n. 5 d.l. n. 429 del 1982, conv. dalla l. n. 516 del 1982 allorquando l’operazione descritta nella fattura o nel documento sia diversa da quella effettivamente posta in essere, «ossia ogni qualvolta risulti una simulazione, anche solo relativa, del negozio posto in essere». In fatto, la ditta individuale «A» cedeva alla ditta «B» attrezzature frigorifere con regolare bolla di accompagnamento e fattura di vendita; successivamente «B» cedeva con analoghe modalità le medesime attrezzature a «C» ed ancora, allo stesso modo, «C» cedeva alla società «D» il bene; la società «D» concedeva in leasing il bene ad «A».

In realtà, gli accertatori verificarono che tali attrezzature frigorifere non si «mossero» mai dalla sede della ditta di «B» e tutta l’operazione ebbe come unico scopo quello di finanziare il soggetto «B». A puro titolo di completezza si sottolinea che nel caso in questione l’organo giudicante pur ravvisando tutti gli estremi ex art. 1414 comma 2, assolse B, C e D in quanto non si ravvisò nel loro modus operandi uno specifico dolo di evasione nei confronti dell’Erario.

(23) Cass., Sez. II, 2 ottobre 1998, Casadei, in Giur. imposte, 1998, 916 ss.

(24) Constatazione largamente condivisa. Per tutti, G. Bersani, Luci e ombre nella riforma del diritto penale tributario, in Dir. pratica trib., I, 2000, 1308 ss.; I. Caraccioli, Dalle contravvenzioni «prodromiche» ai delitti in «dichiarazione», il Il Fisco, 1998,109; L.D. Cerqua, La delega per la depenalizzazione settore per settore. F) Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, in questa Rivista , 1999, 1206; A. Manna, Prime osservazioni sulla nuova riforma del diritto penale tributario, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2000, 119 ss.; V. Napoleoni, I fondamenti, cit., 13 ss.; B. Tinti, Il disegno di legge delega per un nuovo sistema penale tributario, in AA.VV., La riforma del diritto penale tributario, Atti del Convegno di studi di Torino, 23 febbraio 1998, in Il Fisco, 1998, 5344 s.; A. Traversi-S. Gennai, I nuovi delitti tributari, cit., 93 ss. Sul punto, ci sia permesso altresì fare rinvio a A. Perini, Verso la riforma del diritto penale tributario: osservazioni sulla legge di delegazione, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1999, 701 ss.

(25) In proposito, rinviamo nuovamente a A. Perini, Verso la riforma del diritto penale tributario, cit., 682 ss. In giurisprudenza, in tema di frode fiscale, cfr. Cass., Sez. III, 18 ottobre 2000, Scairati, in Guida dir., 2001, 3, 79.

(26) Per tutti, L.D. Cerqua-C. Pricolo, La riforma della disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (I), in questa Rivista , 2000, 575; A. Diddi, Nuova normativa penal-tributaria. Prime riflessioni, in Giust. pen., 2000, II, 129; L. Ferlazzo Natoli-A. Buccisano, Luci e ombre sulla riforma tributaria penale, in Boll. trib., 2000, 1049; A. Manna, Prime osservazioni, cit., 123; E. Matsrogiacomo, La responsabilità dell’utilizzatore di fatture fittizie nella nuova normativa penale tributaria, in Il Fisco, 1999, 11260; G. Izzo, Dichiarazione fraudolenta mediante fatture o documenti per operazioni inesistenti, ivi, 2000, 5205; V. Napoleoni, I fondamenti, cit., 58 ss.; A. Traversi-S. Gennai, I nuovi delitti tributari, cit., 165 ss.

(27) Per tutte, Cass., Sez. III, 23 giugno 2000, in Giur. imposte, 2000, 1378; Cass., Sez. III, 5 maggio 2000, in Il Fisco, 2000, 8743; Cass., Sez. III, 31 maggio 2000, in Guida dir., 2000, 33, 56; Cass., Sez. III, 2 maggio 2000, in Giur. imposte, 2000, 1093; Cass., Sez. III, 18 maggio 2000, in Il Fisco, 2000, 13041; Cass., Sez. III, 27 aprile 2000, Bellavia, in Giur. imposte, 2000, 963; Cass., Sez. III, 18 ottobre 2000, Scairati, in Dir. pratica soc., 2001, 3, 66; Trib. Milano, 21 dicembre 2000, in Guida norm., 2001, 40, 24; Trib. Cagliari, 31 maggio 2000, in Il Fisco, 2000, 13044; Trib. Prato, 27 aprile 2000, ibidem, 10797; Trib. Pavia, 23 maggio 2000, ibidem, 10802.

(28) Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2000, Di Matteo, in Guida dir., 2000, 43, 55 e in Il Fisco, 2000, 12853.

(29) Per tutti, L. Bisori, Illiceità delle false fatturazioni dopo la depenalizzazione dei reati tributari (Nota a Cass., Sez. III, 29 maggio 2000, Bellavia), in questa Rivista , 2001, 79; I. Caraccioli, Dalla ritenuta «continuità» di criminalizzazione delle fatture false all’attesa delle Sezioni Unite e del decreto correttivo, in Il Fisco, 2000, 8738; Id., Costi fittizi 1999 e dichiarazioni 2000. Fatture false utilizzate in data anteriore al d.lgs. n. 74/2000Fattispecie applicabili e prescrizione, ibidem, 5203; L.D. Cerqua, Gli effetti dell’abrogazione di norme nella riforma dei reati tributari, in Dir. pratica soc., 2000, 11, 29 e ss.; Id., Utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti e continuità dell’illecito (Nota a Cass., Sez. III, 29 maggio 2000, Bellavia), ibidem, 17, 65 ss.; G. Izzo, Dubbi di costituzionalità sulla normativa transitoria della riforma sui reati tributari, in Il Fisco, 2000, 1695; Id., Quel che resta degli illeciti ex L. n. 516/82 dopo l’esercizio della delega ex L. n. 205/1999, ibidem, 3621; Id., Ulteriori problemi di diritto transitorio per i vecchi reati tributari, ibidem, 9512; B. Lo Giudice, Utilizzazione di fatture passive ed altri documenti per operazioni inesistenti Problemi di diritto transitorio, ibidem, 8006; V. Papillo-C. Santoriello, I rapporti fra la legge n. 516 ed il d.lgs. n. 74 del 2000: problemi di diritto transitorio, in AA.VV., La riforma del diritto penale tributario, cit., 175 ss.; R. Zannotti, La nuova disciplina dei reati tributari Il punto su alcuni aspetti di diritto transitorio, in Il fisco, 2000, 10648.

(30) In precedenza, nello stesso senso, cfr. il decreto di archiviazione emesso da Trib. Milano, 8 giugno 2000, in Guida dir., 2000, 34, 107.

(31) Cfr. altresì G. Maccagnani, Fatture soggettivamente false e mancanza di dolo di evasione nell’utilizzatore, in Il Fisco, 2000, 12544.

(32) Tale fattispecie è stata esattamente qualificata come continuum legislativo della previsione di cui all’art. 4 lett. d: V. Papillo-C. Santoriello, I rapporti fra la legge n. 516 ed il d.lgs. n. 74 del 2000, cit., 192.

(33) V. Napoleoni, I fondamenti, cit., 58 ss.; A. Perini, Verso la riforma del diritto penale tributario, cit., 719 ss. Cfr. altresì i rilievi di D’Avirro, Il delitto di dichiarazione fraudolenta, cit., 52.

(34) Cfr. i rilievi di V. Napoleoni, I fondamenti, cit., 55.

(35) Ad esempio, autorevolmente, I. Caraccioli, Sanzioni penal-tributarie La necessità di un «decreto correttivo» come per le sanzioni tributarie non penali, in Il Fisco, 2000, 7019; I. Caraccioli-G. Falsitta, Le «valutazioni estimative» della riforma penal-tributaria tra violazioni costituzionali ed ambiguità lessicali, ibidem, 10012.

Professore associato di Diritto penale nell'Università di Torino, Dottore commercialista. È docente di diritto penale commerciale e di diritto penale tributario nell’Università di Torino. Svolge attività di consulente tecnico nell'ambito di procedimenti penali in materia economica. È inoltre autore di monografie e di pubblicazioni su riviste specializzate in materia penale e tributaria, nonché relatore in seminari e convegni. Tra le sue pubblicazioni principali: Il delitto di false comunicazioni sociali", pubblicato nella "Collana di studi penalistici" editi dalla CEDAM, Padova, 1999; "Elementi di diritto penale tributario", III edizione riveduta ed ampliata, edito dalla Casa editrice Giappichelli, Torino, 1999; “La tipicità inafferrabile, ovvero elusione fiscale, “abuso del diritto” e norme penali”, in Rivista trimestrale di diritto penale dell'economia, 2012, n. 3, 731 e ss., (c.e. CEDAM, Padova); Voce "Reati tributari", in Digesto delle discipline penalistiche, VI volume di Aggiornamento, 2013, (c.e. UTET, Torino); “La società non necessaria come nuova frontiera dell’elusione fiscale penalmente rilevante?” (nota a Cass., sez. III pen., n. 19100/2013), in Rivista di diritto tributario, n. 4, 2013, parte III, pp. 68 e ss. (c.e. Giuffré, Milano).

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