L’innovazione informatica tra brevettazione e diritto d’autore

Alberto Maria Gambino, L’innovazione informatica tra brevettazione e diritto d’autore, in Dir. Industriale, 2010, 2, p. 147

D.Lgs. 10-02-2005, n. 30

L’innovazione informatica tra brevettazione e diritto d’autore

Il tema dell’innovazione informatica e della sua tutela rimane ancora aperto, specie se si riflette con maggiore analiticità e coerenza sistematica sul ruolo che il brevetto potrebbe incarnare nello scenario del passaggio da un regime tradizionale della proprietà intellettuale al regime di accesso basato sulla garanzia della disponibilità temporale di beni e servizi.

Sommario: Software related inventions e brevetto – Il criterio dell'”effetto tecnico” – Il criterio del “contributo tecnico” – Il nuovo criterio della “inter-operabilità utile”

Software related inventions e brevetto

Il tema dell’innovazione informatica e della sua tutela si colloca all’interno dello scenario dei nuovi orientamenti e delle prospettive di evoluzione che segna il percorso di talune tipologie di beni immateriali, come il software, rispetto al quale era stata all’inizio ipotizzata la tutela brevettuale (1). Prendendo le mosse da tale “vecchio” orientamento, si rileva che, con riferimento ai programmi per elaboratore, la dottrina e la giurisprudenza avevano appoggiato la tesi della protezione brevettuale osservando che i programmi non rientravano nelle tipologie classiche delle opere dell’ingegno, in quanto creazioni utili aventi lo scopo di far funzionare delle macchine, e non quello di comunicare idee o sentimenti. Erano stati, altresì, messi in luce i limiti che una tutela autorali mostrava nei confronti di questa tipologia di nuovi beni giuridici: da un lato, la protezione risultava facilmente eludibile, in quanto sarebbe stata sufficiente una minima modifica formale del programma, irrilevante sul piano sostanziale, per rendere non applicabile la disciplina; dall’altro, si presentava come una tutela di eccessiva durata e che non lasciava spazio alle licenze obbligatorie.

La scelta, tuttora in vigore, circa la forma di tutela per questi “nuovi beni” è stata fatta dal legislatore comunitario nel 1991 con la direttiva 1991/250/CE (2), recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 518 del 1992, che ha incluso il software tra le opere dell’ingegno, assoggettandoli quindi alla tutela del diritto d’autore (3). L’art. 1 l. aut., così dunque emendato prevede che “Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna “.

Contenuto Riservato!

Iscriviti alla nostra newsletter per avere accesso immediato

Se sei già iscritto, inserisci nuovamente la tua email per accedere

Ora le opere della letteratura si rappresentano tradizionalmente in enunciati, sintagmi, espressioni di senso compiuto: si tratta cioè di un linguaggio intellegibile alla persona umana. Nella riscrittura normativa di una letteratura “tecnologica”, dove l’aggettivo non qualifica il sostantivo, ma ne designa l’essenza stessa, si rileva – o così parrebbe – l’emergenza di un linguaggio non intellegibile all’uomo.

L’art. 52, n. 2 della Convenzione di Monaco sul Brevetto Europeo (C.B.E.) del 5 ottobre 1973 stabilisce la non brevettabilità dei programmi “come tali”; la novellata legge sul diritto d’autore, appronta all’art. 2, n. 8, tutela per i “programmi per elaboratore in qualsiasi forma espressi ” (4). La stessa ultima norma prevede l’esclusione dalla tutela autorale di “idee e principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce ” (5). Il termine programma “comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso ” (6).

Il testo riformato della legge sul diritto d’autore, tuttavia, nonostante abbia esteso al software la tutela propria del diritto d’autore, ha esplicitamente riconosciuto le peculiarità dei programmi per elaboratore, prevedendo degli accorgimenti normativi ad hoc, diretti a disciplinare le facoltà esclusive riconosciute al creatore del programma, ad integrazione della normativa già vigente per le opere artistiche e letterarie (7).

Ora si è posto il problema se con riferimento alle software related inventions (programmi per computer che impartiscono all’hardware delle istruzioni per svolgere delle nuove operazioni) non fosse opportuno ipotizzare lo strumento brevettuale, come del resto avviene negli Stati Uniti, ma anche nell’Ufficio Europeo Brevetti (UEB) e negli uffici nazionali della maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea. Una proposta di direttiva in tal senso è stata rigettata quattro anni or sono (8). Ci si domanda oggi, se tale scelta sia stata lungimirante considerando in particolare che la protezione brevettuale non si limita a impedire la copia del programma (come nel copyright) ma si focalizza sulle idee di soluzione, di portata più ampia, così da non risultare più sufficiente discostarsi dalla sua forma espressiva (scrittura) per poterne aggirare la protezione.

L’approccio d’indagine si orienta, in chiave pragmatica, nello scandagliare i percorsi giurisprudenziali (9) – se così si possono chiamare – dell’UEB (10). Parametro valutativo sarà, stante il citato tenore dell’art. 1 l. aut., quello tipicamente “letterario”, dunque il punto di vista (il giudizio) del fruitore (lettore).

Il criterio dell'”effetto tecnico”

Il leading case riferisce la vicenda di immagini originali alterate, caricaturizzate non per mano umana, ma per mano elettronica (software) (11). Sarebbe brevettabile la mano dell’artista? No. E un pennello elettronico, meccanico? Probabilmente sì. La funzione che l’elaboratore svolge sembra essere deduttivamente analoga. Il software non si traduce in un mero metodo matematico, ma attua un procedimento tecnico capace di produrre un risultato utile, secondo un’ottica pragmatica. In altri termini, si evidenzia un procedimento che agisce su res, entità fisiche (immagini fissate su segnali elettrici), trasformandole. Tale apparato (elaboratore e programma) è rivendicabile in quanto non è incluso nello “stato della tecnica”. Se il principio che consente la brevettabilità di tutto ciò che informaticamente trasforma una realtà fosse però inteso in senso estensivo si finirebbe per offrire la privativa brevettuale a tutti i programmi per elaboratore, in quanto in re ipsa essi producono effetti trasformativi su una realtà.

L’orientamento chiarisce, dunque, nella vicenda relativa ad un apparecchio per radiografie ai “raggi x” finalizzato a calibrare il dosaggio così da evitare il sovraccarico del macchinario (12). Un programma software definisce la formula magica: ma l’apporto non consiste solo nell’elaborare dati informativi, bensì nell’alterare il funzionamento dell’hardware (apparecchio per radiografie). Si passi questo esempio: è come se si approntasse un apparato che getta liquidi refrigeranti sull’apparecchio radiografico bollente. La dinamica sottesa alla fattispecie mostra che non si tratta più di una generica trasformazione della realtà, ma di un “effetto tecnico” che devia dal normale utilizzo del mezzo, e ciò a prescindere dalla novità intrinseca degli apparati che a ciò contribuiscono. Il criterio dell'”effetto tecnico” si perfeziona nel caso relativo ad un dizionario elettronico immagazzinato nel processore di un hardware (13). Si pensi ad un elaborato scritto con linguaggio ampolloso e locuzioni complesse: un correttore di bozze “umano” può certamente migliorare il testo. Un correttore informatico sarebbe brevettabile? Lo sarebbe, se si trattasse di un apparato che migliora lo stato della tecnica, offrendo una soluzione al problema: si pensi ad un apparecchio che fosse in grado di avvertire lo scrittore per una perdurante assenza di punteggiatura. Ma la dinamica del correttore elettronico appare differente: il software decodifica e codifica con espressioni più semplici, contenute in un dizionario elettronico speciale. Il contributo allo stato della tecnica è allora di natura linguistica, con ciò configurandosi come un metodo in quanto tale, idoneo a risolvere un problema privo di natura tecnica. Ecco, dunque, cristallizzarsi i contorni dell’effetto tecnico, che ben compresente nell’apparato in grado di modificare le immagini, non si rileva nella mera sostituzione di espressioni, funzione “tipica” del software quale “opera letteraria”.

Il criterio del “contributo tecnico”

Del tutto diversa è la dinamica della trasformazione di documenti da un linguaggio di programmazione ad un altro (14). Si tratta di risolvere il problema dell’interoperabilità linguistica dei sistemi informatici; come farli “parlare” tra di loro. Il documento redatto con un certo linguaggio di programmazione viene tradotto così da essere compatibile per la lettura di un altro elaboratore. In questo caso la trasformazione dei testi prescinde dal significato semantico: si esula dalla “letteratura”; si tratta di risolvere il “problema tecnico” della intelligibilità di dati digitali ad opera di un altro sistema.

Lo slittamento evolutivo dal più plastico “effetto tecnico”, ancorato alla trasformazione della realtà con un procedimento innovativo, al criterio della risoluzione del “problema tecnico”, certamente più congruo con l’evanescenza dello scenario informatico, rivela però la stessa scarsa capacità selettiva: anche la risoluzione del problema tecnico è, in fondo, l’intento tipico di qualsiasi software.

Diviene perciò centrale un collegamento tra l’effetto risolutivo di un problema tecnico e l’apporto dell’agente, che si enuclea nella definizione del c.d. “contributo tecnico”.

La logica conseguenza della rilevanza di questo combinato di fattori (“risoluzione del problema tecnico” e “contributo tecnico”) si staglia nelle tipologie di interfacce utenti, brevettabili solo ove non standardizzate e attuate sulla base di “considerazioni di carattere tecnico” (15). Ma proprio l’incedere del criterio delle “considerazioni tecniche”, quale surrogato del “contributo tecnico”, che nello scenario informatico spesso non si rivela visibile e tangibile, finisce per dischiudere la percorribilità di una brevettazione del software che possieda anche solo la “potenzialità” di realizzare un effetto tecnico (16).

Il ribaltamento di prospettiva è però più apparente che reale, dovendosi fare i conti in quel momento storico – è la seconda metà degli anni Novanta – con l’avvento della rete Internet: non più dunque invenzioni finalizzate ad operare con lo scenario delle reti a circuito chiuso, con problemi peculiari da risolvere, ma applicazioni standard calibrate sulle nuove esigenze dei circuiti aperti (17). La recente linea evolutiva dell’UEB si concentra, così, sull’originalità del trovato (18).

Il percorso argomentativo dell’UEB consente, a questo punto, di comprendere appieno la portata dei requisiti della proposta di direttiva del 2002, che legittimava la brevettabilità dell’invenzione attuata attraverso l’elaboratore ove fosse:

a) atta a possedere applicazione industriale;

b) idonea a rivestire il carattere della novità;

c) frutto di un’attività inventiva, nel senso di arrecare un contributo tecnico da valutare attraverso il confronto tra lo stato dell’arte e l’oggetto della rivendicazione del brevetto nel suo insieme (i cui elementi possono comprendere caratteristiche tecniche e non tecniche).

Dopo la bocciatura della proposta di direttiva, il tema oggi rimane aperto, specie se si riflette con maggiore analiticità e coerenza sistematica sul ruolo che il brevetto potrebbe incarnare nel settore dell’innovazione informatica. E se, dunque, è vero il presupposto che nella rete a circuito chiuso il carattere tecnico del trovato dovrà provocare un effetto tecnico “reale”, mentre nelle reti aperte, molto si giocherà sul tema dell’originalità (quale non ovvietà del trovato), ecco allora che si rivela centrale il paradigma della garanzia della interoperabilità definita dai principi del caso Microsoft (19).

Il nuovo criterio della “inter-operabilità utile”

Così per tornare al parametro valutativo – il giudizio del fruitore – da cui ha preso le mosse questa riflessione, vale anche in questa vicenda la capacità rappresentativa compresente nei programmi per elaboratore, software come sequenza di istruzioni, incentrata attorno al fattore “interoperabilità”, nel significato della capacità di due o più sistemi informativi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate. Il nuovo approccio europeo ridisegna il punto di equilibrio tra tutela dell’IP, con riferimento ai nuovi diritti “tecnici”, e mercato: è la capacità selettiva del consumatore, ora utente, la stella polare che indica la consistenza del mercato di riferimento. Ma allo stesso tempo modella tale parametro sul crinale della duplice illegittimità di un’interoperabilità inefficace e di un’interoperabilità riproduttiva (clonante). Al concorrente viene cioè garantita la tessera mancante, omogenea, dello stesso colore e con lo stesso design, di un mosaico, che tuttavia deve completare egli stesso. A questo punto, l’utente, dismesse definitivamente le vesti del consumatore che si appaga scegliendo a parità di qualità il prodotto che costa meno, valuterà interagendo con le componenti utili rispetto ai suoi bisogni, definendo egli stesso il perimetro delle caratteristiche del prodotto da acquistare, che, dunque, nella sua incomparabilità analitica, si lascerà scegliere in base ad un giudizio di sintesi calibrato sulle aspettative del fruitore. Ne consegue, per converso, che la capacità selettiva di quest’ultimo finirà per essere minata, non soltanto in presenza di una interoperabilità inefficace (per mancanza di Interface specifications), ma anche ogniqualvolta il paradigma dell’interoperabilità efficace sfori in una omologazione parassitaria del prodotto concorrente (con la riproduzione del source code), che da un lato deprimerà il mercato e dall’altro precluderà all’utente di farsi sperimentatore e, dunque, selezionatore delle utilità a lui più confacenti.

Il paradigma della non esclusività viaggia così – quasi fosse una garanzia di natura reale – saldata agli elementi informativi in grado di offrire l’interoperabilità; mentre sul resto del trovato – certamente originale – rilevano contenuti giuridici escludenti.

La nuova dinamica si armonizza nello scenario del passaggio dal regime tradizionale della proprietà intellettuale – fondato sul concetto della trasmissione della titolarità dei beni – al regime di accesso – basato sulla garanzia della disponibilità temporanea di beni o servizi (controllati per lo più da reti di fornitori), ove muta radicalmente la nozione stessa di potere economico, che confluisce nelle mani di quei soggetti che si pongono quali “guardiani” rispetto all’accesso alle reti ovvero ai beni o servizi scambiati attraverso esse (20).

Dall’insieme di questi mutamenti, dunque, deriva l’esigenza sentita da tutti i soggetti che interagiscono sulle reti di individuare possibili soluzioni di tutela che consentano un equilibrato sviluppo delle dinamiche sociali (21) e commerciali nel nuovo ambiente tecnologico, anche con riferimento alla circolazione del software (22). Per quest’ultimo la breve durata della tutela brevettuale potrebbe consentire un incentivo definitivo ad un mercato in clima recessivo. Non fosse altro perché la tendenza autoriale finisce, per converso, per disattendere il suo apparato di tutela normativa, premiando forme preventive di tutela, come da ultimo si legge nelle disposizioni del d.m. 30 dicembre 2009 del Ministro dei Beni e le Attività culturali di rideterminazione dei compensi per copia privata, che prevede il prelievo di una somma forfettaria su ogni apparecchio di memoria venduto, commisurata all’estensione della memoria stessa, da attribuire alla Siae che poi la ripartirà tra i titolari dei diritti di privativa, con ciò consacrando una sorta di riparazione preventiva per l’eventualità che con tali dispositivi si copino opere coperte da privative.

———————–

(1) Sul tema v., risalendo nel tempo, L. Mansani, La brevettabilità dei metodi commerciali e delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, in Studi di diritto industriale in onore di Adriano Vanzetti. Proprietà Intellettuale e Concorrenza, II, Milano, 2004, 949 ss.; G. De Santis, La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore, Milano, 2000, passim; R. Borruso, La tutela giuridica del software. Diritto d’autore e brevettabilità, Milano, 1999, passim; Giov. Guglielmetti, L’invenzione di software, Milano, 1997, passim; P. Frassi, Creazioni utili e diritto d’autore, Milano, 1997, passim; P. Spada, Creazione ed esclusiva trent’anni dopo, in Riv. dir. civ., Padova, 1997, I, 222; L. Chimienti, Lineamenti del nuovo diritto d’autore. Direttive comunitarie e normativa interna, Milano, 1996, passim; V. Franceschelli, Trionfo e snaturamento del diritto d’autore, in Riv. dir. ind., Milano, 1991, I, 169 ss.; F. Brock, Sul software in relazione al diritto d’autore con particolare riguardo al programma oggetto, ivi, 1990, I, 421 ss.; G. Ghidini, I programmi per computer fra brevetto e diritto d’autore, in Giur. comm., Milano, 1984, I, 251 ss.

(2) In G.U.C.E. 17 maggio 1991, n. L. 122, direttiva oggi sostituita dalla dir. 2009/24/CE del 23 aprile 2009, in materia di tutela giuridica dei programmi per elaboratore, in G.U.C.E. 5 maggio 2009, n. L. 111.

(3) Sui pregi di questa soluzione, anche se non esente da possibili correttivi, ma comunque preferibile ad una tutela brevettuale che rischierebbe oggi di fungere da “barriera protezionistica in favore delle imprese dominanti”, si veda compiutamente L. Schiuma, Il software tra brevetto e diritto d’autore, in Riv. dir. civ., Padova, 2007, I, p. 683 (per la conclusione di cui al virgolettato, v. 707).

(4) Si distingue, come noto, tra programmi “sorgente”, con ciò intendendo il linguaggio di programmazione dell’elaboratore, e programmi “oggetto”, come linguaggi compresi dalla macchina. Solo i secondi integrerebbero la “forma espressiva” tutelata dall’art. 2, n. 8, l. aut. (nonché dall’art. 9.2 Accordo Trips), sebbene, poi, gli artt. 64 bis e ss. l. aut., lascerebbero intendere anche una copertura del codice sorgente in chiave anticoncorrenziale: si permetta, però, in tema, un rinvio a A. M. Gambino, La protezione degli interessi dei consumatori tra IP e concorrenza (con spunti utili dal caso Microsoft), in AIDA, Milano, 2007, 170 ss., cui adde, per la critica a conseguenti paventate esigenze di una riscrittura filo concorrenziale della l. aut., le ultime pagine della compianta P. Frassi, Le evoluzioni normative a livello nazionale: l’oggetto della protezione, in Civiltà Europea, Torino, 2009, 66 s.; di segno diametralmente opposta la prospettiva di G. Cavani, Le intersezioni con il diritto della concorrenza, ibidem, 30 ss.

(5) Prendendo a prestito il lessico utilizzato da V. Falce, Profili pro-concorrenziali dell’istituto brevettuale, Milano, 2008, 56 s., può allora ben dirsi che le idee possono essere “innovative”, ma non “inventive”.

(6) In generale, in tema, v. M. Ammendola, La brevettabilità nella Convenzione di Monaco, Milano, 1981, passim.

(7) Si tratta di una serie di diritti economici recepiti negli artt. 64 bis e ss., mutuati per gran parte dalla prassi e dalla regolazione statunitense, su cui, v. C. Strippoli, La tutela giuridica del software: l’ordinamento giuridico italiano e statunitense a confronto, in Giust. civ., Milano, II, 2004, 395 s.

(8) È la Proposta di direttiva 2002/0047 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2002, relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici (COM (2002) 92 def., G.U. 25 giugno 2002, n. C151 E), su cui v. G. Ghidini, E. Arezzo, C. De Rasis, P. Errico, Il software fra brevetto e diritto d’autore. Primi appunti sulla Proposta di Direttiva comunitaria sulle “invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici”, in Riv. dir. ind., Milano, I, 2005, 46 ss.

(9) In tema v. Giov. Guglielmetti, Brevettabilità delle invenzioni concernenti software nella giurisprudenza della Commissione di Ricorso dell’Ufficio europeo dei brevetti, in Riv. dir. ind., Milano, II, 1994, 359 ss. La necessità di una struttura comunitaria competente, in chiave giurisdizionale, nella materia del diritto brevettuale è analizzata de iure condendo nei contributi di M. Scuffi, Le nuove frontiere del brevetto europeo: l’evoluzione del sistema comunitario e il progetto EPLA e P. Frassi, I brevetti nel contesto europeo e i progetti per l’istituzione di una giurisdizione unificata,entrambi in questa Rivista, Milano, 2008, rispett. 138 ss. e 148 ss.

(10) Prezioso a tali fini si rileva lo studio di E. Arezzo, La brevettabilità del software e dei metodi commerciali elettronici nella giurisprudenza dell’Ufficio Europeo Brevetti, in Note e Studi Assonime, 12/2009, 2 ss. La valenza di tale procedura, definita nell’ambito della Convenzione sul Brevetto Europeo, è rilevata da G.R. Stumpo, Verso l’effettiva istituzione del brevetto comunitario, in questa Rivista, Milano, 2003, 228 ss

(11) Vicom/Computer – Related Invention, T 208/84, 15 luglio 1986, 1987 E.P.Q.R. 74; il caso è commentato da S. Davies, Computer Program Claims: The Final Frontier for Software Inventions, in European Intellectual Property Review, 1998, 20 (11), 429 ss. Si trattava di un programma per computer in grado modificare le informazioni relative ad immagini, così mostrandole alterate sul monitor.

(12) Koch & Sterzel/X-Ray Apparatus, T 26/86, 21 maggio 1987, 1988 E.P.Q.R.

(13) Ibm/Text Clarity Processing, T 36/86, 14 febbraio 1989, 1990 E.P.Q.R. 606.

(14) Ibm/Editable Document Form, T 110/90, 15 aprile 1993, 1995 E.P.Q.R. 185; il caso è commentato da Giov. Guglielmetti, in AIDA, 1993, p. 124 ss.

(15) Sohei/General Purpose Management System, T 769/92, 31 maggio 1994, 1996 E.P.Q.R. 253.

(16) Ibm/Computer Program Product, T 1173/97, in 2000 E.P.Q.R.; Ibm/Computer Program Product II, T 935/97, in 1999 E.P.Q.R. 301.

(17) È un passaggio epocale, che contrassegna il riadattamento dei principi giuridici dello ius privatum (dunque, anche del diritto industriale) al mercato dello scenario telematico (cfr. A.M. Gambino, L’accordo telematico, Milano, 1997, passim).

(18) Per i passaggi principali del problem solution approach così applicato dall’UEB, ancora E. Arezzo, op. cit., 39 ss.

(19) Cfr. alla nota 4.

(20) In tema v. M. Ricolfi, Le nuove frontiere della proprietà intellettuale. Da Chicago al cyberspazio, in Aa.Vv., Diritto ed economia della proprietà intellettuale, Padova, 1998, 83 ss.; R. Romano, L’opera e l’esemplare nel diritto della proprietà intellettuale, Padova, 2001, 183 ss.; S. Stabile, Internet e diritto d’autore: il cyberspace e la mondializzazione delle opere, in questa Rivista, 1999, 87 ss. Sullo stesso argomento, con un taglio più arioso e sistematico v., da ultimo, A. Stazi, “Marketplace of ideas” e “accesso pluralistico” tra petizioni di principio e ius positum, in Dir. inf, Milano, 2009, 635 ss.

(21) Per i confini giuridici della filosofia dell’open source v. G. Olivieri-L. Marcheggiani, Open source e innovazione tecnologica: il ruolo del diritto antitrust, in AIDA, Milano, 2004, 461 ss. e D. Caterino, Software e rifiuto di licenza del codice sorgente, ibidem, 409 ss.

(22) Per l’operare del diritto industriale nel nuovo ambiente tecnologico si rimanda, con taglio manualistico, a A.M. Gambino-A. Stazi, Diritto dell’informatica e della comunicazione, Torino, 2009, passim.

Autore: Prof. avv. Alberto Maria Gambino

Professore ordinario di Diritto privato nella Facoltà di Giurisprudenza e Direttore del Dipartimento di Scienze Umane presso l’Università Europea di Roma, avvocato del Foro di Roma Consigliere giuridico, Senato della Repubblica, 1999-2006; Consigliere giuridico, Presidenza del Consiglio dei Ministri 2006-2008; Componente del Consiglio di amministrazione, Fondazione Rosselli, 2006-2008; Componente della Commissione Permanente per l'Accessibilità alla Cultura, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 2006-2008; Componente dell'Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, Ministero delle Politiche Familiari, 2007-2008; componente della Commissione Soa (Società organismi di Attestazione), Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, 2007-2010; Presidente del Comitato Consultivo Permanente per il Diritto d'Autore, 2007-2010; Componente della Commissione di studio sulle problematiche relative agli embrioni conservati nei centri di Procreazione medicalmente assistita, Ministero della Salute, 2009-2010; Curatore fallimentare, Tribunale di Roma, 2010-oggi; Arbitro della Camera arbitrale, Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (2011-oggi); Componente di Collegio sindacale, 2011-oggi. Giurista esperto del Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali presso l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom) dal 2013 e Presidente dell'Italian Academy of the Internet Code (Iaic) Pubblicazioni principali: Diritto dell'informatica e della comunicazione, II edizione, Giappichelli, Torino, 2012 (con A. Stazi; prima edizione 2009); Beni extra mercato, Giuffrè, Milano, 2004; La Pubblicità Ingannevole, Il Cigno Galileo Galilei, Roma, 1999; L'accordo telematico, Giuffrè, Milano, 1997; Rimedi e tecniche di protezione del consumatore, Giappichelli, Torino, 2011; I contratti di somministrazione e di distribuzione, Trattato dei contratti, diretto da Pietro Rescigno e Enrico Gabrielli, Utet, Torino, 2011 (con R. Bocchini); Codice commentato della Proprietà industriale e intellettuale, Utet, Torino, 2011 (con C. Galli); Profili giuridico-economici dell'azione di classe, Roma, 2010 (con V. Falce); Diritto del civis e beni essenziali, Studi in onore di Giorgio Cian, Cedam, Padova, 2010; Contratto a distanza, Dizionario di diritto privato, a cura di Natalino Irti, Torino, 2010; Beni essenziali, Enciclopedia Giuridica Treccani - Nuovo Millennio, Roma, 2009; L'energia nel quadro del Trattato costituzionale europeo, nel Volume celebrativo dei cinquanta anni della Corte costituzionale della Repubblica italiana, Jovene, Napoli, 2006; Le utilizzazioni libere: cronaca, critica e parodia, Il diritto privato nella società moderna, Seminario in onore di Stefano Rodotà, Jovene, Napoli, 2005; Firma elettronica, Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 2004; Commercio elettronico: la correttezza dello scambio, in Working Paper L.U.I.S.S., Giuffré, Milano, 2001; La promozione ed il collocamento a distanza di prodotti finanziari, in volume Internet banking – Tecnologia, economia e diritto, Quinto Rapporto Annuale sul Sistema Finanziario Italiano, a cura della Fondazione Rosselli, Edibank, Roma-Milano, 2000; Il Geie tra operatori di servizi, nel volume L'integrazione fra imprese nell'attività internazionale, Giappichelli, Torino, 1995; Assicurazione obbligatoria, Commento agli artt. 1, l. 24 dicembre 1969, n. 990, 5, l. 26 febbraio 1979, n. 857, art. 14, DPR, 16 gennaio 1981 n. 45, in Alpa-Zatti, Commentario breve alle leggi speciali, Cedam, Padova, 1995; Dalla legge Efim nuove luci su interessi corrispettivi, moratori, compensativi, maggior danno e suo meccanismo rivalutativo, in Economia e diritto del terziario, Angeli, Milano, 1994; Misleading advertising, in Consumer Law Journal, Sweet & Maxwell, Andover, 1994; La lesione della concorrenza: spunti critici, nel volume Concorrenza e mercato, Giuffrè, Milano, 1/1993; La tutela del consumatore nella disciplina della concorrenza, Contratto e Impresa, Cedam, Padova 1992. (Rimando al Link Università Europea di Roma http://www.universitaeuropeadiroma.it/ateneo/761)

Potrebbero interessarti anche:

  • Non sembrano esserci contributi relazionati